Strappo un biglietto per l’altro mondo. Mi dicono che ne vale la pena e così accetto. Prego solo di non risvegliarmi prima della fine del viaggio. Non mi va di ritrovarmi sudato di fantasia, con la faccia da nerd, in cameretta.
Entro nell'autobus dei sogni. Cammino nel corridoio di quella ferraglia ambulante. Un paio di tizi, uno cicciotto e l’altro mingherlino, parlottano tra di loro e mi guardano di soppiatto quando notano ciò che ho in mano. Schegge. L’opera di un gruppo di esordienti amanti del fantastico. Del fantastico oscuro. L’opera prima di Gianfranco Staltari e Co.
Si voltano e, appollaiati un po' più avanti, iniziano a sognare su altrettante opere appena acquistate. Mi siedo accanto al finestrino, le porte dell’autobus si chiudono e apro il libro. Si parte.
L’autobus abbandona gli ormeggi dal porto della realtà e mi ritrovo catapultato nella prima storia. Il primo racconto s’intitola: Il viaggio. Scena 1: piove. Un uomo in macchina deve raggiungere una fottutissima città di nome Inveri per concludere un affare importante. Sembra che tutto proceda per il meglio, pioggia a parte. Per fortuna quel tizio ha la tecnologia giusta per arrivare a destinazione, ma poi ti accorgi che qualcosa non va per il verso giusto, e pensi che queste diavolerie del nuovo millennio sono delle fregature assurde. Così può capitare di arrivare in luoghi diversi da quelli programmati, magari al confine demoniaco tra realtà e irrealtà. Forse è vero che la tecnologia è infima. Ottimi disegni. Chiaroscuri che ti gettano nella storia senza pensarci due volte.
Però, il bastardo ci sa fare, penso. Sento l’adrenalina cosmica pervadermi. Le premesse ci sono tutte. Fuori dal finestrino ondeggiano bizzarre schegge nella notte che non riesco a inquadrare. Mettono i brividi, ma non sono proprio horror.
Passo al secondo racconto: Dopo la pioggia. C’ è un mondo post-apocalittico e un ragazzo che scruta il cielo appollaiato dietro le finestre di un appartamento. Piove anche qui. All’improvviso la pioggia cessa di rompere le palle e il ragazzo esce di casa con un machete. Attraversa il giardino condominiale (che sembra l’Amazzonia). Ha fame e trova una lumaca gigante. Il mondo è stato stravolto da qualcosa di meraviglioso e terribile. La vita è cambiata. La nostra specie è superiore alle altre, per intelligenza. Ma se il mondo è stato stravolto e Charles Darwin ha ragione, allora… GNAM GNAM. L’evoluzione della specie in pillole bianche e nere. I disegni sono perfettamente in linea con il personaggio (che ha una faccia da schiaffi). Uno stile personale davvero pervasivo.
Un giorno dopo l’altro. Lo leggo: un mondo subdolo e viscerale che ha a che fare con le fantasie erotiche come base per la dannazione eterna. Un ragazzo imprigionato dalle proprie ossessioni. Bello. L’estetica funziona bene. I disegni sono ottimi, ma meno potenti rispetto alle prime due storie.
Uno scossone mi desta, intorno a me le luci della cameretta fanno breccia nell’universo magico che pervade l’abitacolo dei sogni.
Devo proseguire. L’autore afferma di voler omaggiare Fredric Brown miscelando il gotico con la fantascienza. E’ pazzo. Volto pagina e… cacchio. Bevo la storia in due secondi. Torno indietro e la rileggo. Wow. Un vampiro che si risveglia in un futuro più assurdo dell’assurdo. L’evoluzione ha fatto il suo corso. Il vampiro il suo tempo. Un colpo da samurai. Estrazione della spada e bersaglio colpito. Il miglior racconto fino a questo momento. Il titolo? Fino all'ultimo vampiro.
Tocca a Fan numero uno. L’idea, la struttura del racconto e i disegni sono qualcosa che vanno al di là anche per un’opera prima. Nella terra degli zombie, la pazzia può diventare un modo per sentirsi normali e andare avanti. Menti malate a lavoro. Non aggiungo altro. Racconto davvero ben congegnato, con uno stile artistico e narrativo che brillano rispetto alla media degli altri racconti.
Al di là dei vetri un turbine di orrori lovercraftiani e fantastici vorticano a pochi centimetri dall’autobus dei sogni. Siamo entrati nel vivo.
Le memorie dell’acqua. Un' ambientazione post-apocalittica. In questa storia, se si scava in profondità, si trova anche un piano di lettura psicologico. L’umanità è caduta nell’abisso dei tempi. L’acqua ha lavato via la morte dalla superficie, ma non ha dimenticato cosa siamo nel profondo: mostri. Certo, si può anche leggere il racconto in maniera più naturale e meno junghiana… ovvero avere per le mani una storia a base di acqua e sovrannaturale.
Zombie for President è un altro ottimo racconto che tratta con leggera ironia il buonismo nell’èra degli zombie. Idea forte scritta con Stefano Fantelli. Anche gli zombie hanno un’anima. Hanno dei diritti. Possono essere nostri fratelli e convivere con noi… o forse no? Se anteponiamo il buonismo alla realtà dei fatti potremmo ritrovarci uno zombie a capo del governo.
Sono di nuovo nell’autobus. Sfoglio gli ultimi tre racconti… Uno squarcio si apre in lontananza. Tremo, ma non me ne rendo conto subito. E’ terrore quello che vedo, eppure c’è qualcosa là in fondo…
Rientro nella matrice dell’immaginazione. The Final Cut. Una ragazza è ostaggio in uno scantinato. Viene tagliuzzata un po’ alla volta. Ogni pezzo viene spedito al padre della ragazza per convincerlo a pagare il riscatto. Il pazzo ne è convinto: l’ultimo taglio convincerà chi di dovere. Si torna sul tema delle ossessioni. La storia è poco approfondita, seppure bagnata di pura follia umana. Si cerca di instillare il terrore per quello che sta per succedere, senza intingere il coltello nello splatter. Si mette in scena la difficoltà di comprendere la mente malata. Si lascia presagire più che far vedere. Ottimi disegni. Potrebbe essere l’idea per un fumetto completo. Magari per uno stand alone con una ragazza protagonista in salsa L’ultima casa a sinistra.
Riapro gli occhi. Devo capire che c’è alla fine dell’antologia. Vedo qualcosa di weird là in fondo; qualcosa di Pulp: Pulp Fiction weird???
Sì. Due omaggi a Quentin Tarantino.
Due Bonnye e Clyde all’italiana fuggono dopo una rapina al casello dell’autostrada, arrivano in un autogrill e tentano un altro colpo al volo. Nel frattempo nel cesso del locale due balordi picchiano un vecchio figlio di… Chtullhu. Tutti si ritrovano nell’autogrill e… teste che volano, sparatorie; un uomo qualunque che si trasforma nell’eroe della domenica, con finale a sorpresa. Bella idea e ottima resa grafica. Il titolo è Sosta. Divertente.
L’autobus dei sogni rallenta. Il viaggio è quasi terminato. I due ragazzi si agitano nel dormiveglia creativo. Chissà se hanno avuto fortuna con quei fumetti che accarezzano.
Si torna dal vecchio Quentin con Happines is a Warm Gun. Una revenge story che omaggia Kill Bill. Una pura vendetta contro il lato oscuro dell’umanità; contro gli abomini vomitati dagli angoli sperduti dell’inferno. Una protagonista tutta d’un pezzo che mette in pratica il Verbo del selvaggio West: “Dio creò gli uomini diversi. Il signor Colt li rese uguali”. Figo, e davvero ben disegnato.
Il bus si ferma. Mi alzo e sento i due ragazzi parlottare tra loro di ciò che hanno letto. Non hanno facce convinte e gettano i loro spillati in un angolo del sedile. Mi guardano. Sorrido e filo via verso le scalette del bus.
“Ehi” fa il mingherlino.
“Allora?” chiede il cicciottello, strofinandosi la punta del naso con l’indice.
Mi volto e dico quello che penso: “Mi è capitato spesso di leggere opere prime, a fumetti. A volte le storie erano buone, ma non erano supportate da disegni degni di nota. Altre volte le idee non avevano troppo senso, ma i disegni rendevano di una scrittura mediocre un buon fumetto. In questo albo invece c’è una costante ricerca del sé creativo dal punto di vista della scrittura; una ricerca che ha dato i suoi primi frutti, a volte grezzi, più spesso incoraggianti o addirittura sopraffini. Dal punto di vista stilistico, i disegnatori hanno dato grande prova di maturità e destrezza tra i generi, cosa che spesso non si trova in un’opera prima.
Per quanto riguarda il genere, Schegge è un viaggio ultradimensionale condito soprattutto di storie post-apocalittiche, pulp weird e horror classico, di un giovane autore di talento e di altrettante braccia creative a supporto. No, Schegge non è Stephen King. Non è Matheson. Non è Lovecraft, e nemmeno Quentin Tarantino. Ma è un inizio. Un ottimo punto di partenza ricco di creatività, ricerca, equilibrio e stile. Un albo maturo e professionale a più dimensioni. Motivo molto valido per leggerlo”.
La discussione con i due termina. Si apre la porta e scendo. I due meditano sull’acquisto di Schegge mentre scompaiono all’orizzonte; io mi allontano, con un senso di nostalgia, dall’autobus dei sogni. Mi tornano in mente le storie e i nomi dei disegnatori: Valerio Nizi (Il viaggio); Michele Arcangeli (Dopo la pioggia); Paolo Massagli (Un giorno dopo l’altro); Luigi Criscuolo (Fino all’ultimo vampiro); Giovanni Timpano (Fan numero uno); Veronica Baeli (Le memorie dell’acqua); Ilaria Tomasi (The Final Cut); Onofrio Cirillo (Zombie for President); Cristian Sbattentini (Sosta); Dario Viotti (Happines is a Warm Gunn). L’autore è Gianfranco Staltari. L’editore, molto coraggioso per aver creduto nel progetto, è EF Edizioni.
L’albo è impreziosito da una prefazione dello sceneggiatore e illustratore Andrea Cavalletto e una post-fazione della regina del Gotico Barbara Baraldi. La cover è disegnata da Dario Viotti. I colori sono di Marco Dominici.
Arrivederci al prossimo viaggio.
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