C'era una volta un paese di mare, abitato da pescatori. Gente tranquilla e silenziosa, che viveva le giornate nella routine della pesca e della vendita del pesce. Nel paese c'era un castello con una torre che dominava sul mare e sul paese stesso. C'era è c'è ancora, ma sembra deserto e vuoto. I paesani evitano quasi di girare lo sguardo verso la torre. E quando lo fanno, corrugano la fronte e sui loro volti si dipinge un'espressione preoccupata. Sofiane e la bella Jazira hanno comprato il castello e sembrano voler ricominciare una nuova vita felice, tagliando i ponti con il passato. Sofiane compra una piccola barca da pesca e si dedica a ciò che preferisce. Passa le notti al largo e a pescare. Non pesca pesci, però. Stranamente, nelle sue reti, non rimangono intrappolati che oggetti. Oggetti dal passato. Un passato che sembra voler ritornare prepotentemente a galla. Sofiane, tutte le volte, ributta in mare il suo passato e torna al castello. Fino a quando una notte riesce a pescare un pesce, seppur strano: è luminoso, enorme ed inquietante. Uscito dall'acqua si dibatte come un dannato per liberarsi delle reti. Poi si mette a urlare. Urla strazianti e quasi umane, femminili… poi vomita nelle mani di lui tre strane pepite che sembrano pulsare di luce. Il pesce muore e le pepite, che illuminavano il suo corpo, si spengono. Sofiane ributta il cadavere del pesce in mare e sta per fare altrettanto con le tre pietre, ma ci ripensa e se le porta alla torre, donandole a Jazira, che adesso è incinta di alcuni mesi. Appena la donna prende le pietre tra le mani, queste sembrano tornare debolmente a brillare. Lei sembra morbosamente attratta da esse. Non se ne vuole più separare. Dice che sono un dono delle Sirene. Ne fa una collana e se le mette al collo, senza mai separarsene…
Semplicemente diverso da ogni suo film diretto finora, Bellerofonte rappresenta una svolta stilistico/tematica per Domiziano Cristopharo, che non si è mai ripetuto in uno stile filmico, mantenendo però sempre nei suoi film una vena provocatoria e cupa costante (leggi qui la nostra recente intervista al regista). In questo film invece, c'è una svolta mistica, spiritualista e anche positiva.
Fondamentale l’apporto e il supporto del comune di Sapri, senza il quale un film di questa portata non sarebbe stato possibile. Per la prima volta, infatti, la Specola di Sapri apre le sue stanze al cinema e al pubblico. Ma non è questa l’unica meraviglia architettonico/naturalistica del Cilento che sarà possibile apprezzare nel film.
A occuparsi degli innumerevoli e strabilianti effetti visivi del film sarà Andrea Conticelli, mentre i costumi saranno affidati all'atelier Modum e i gioielli a Maurizio Carrara, che avranno un ruolo chiave nel film, costruendo architettonicamente anche il personaggio di Nancy de Lucia che apparirà essere quasi un'estensione vivente della Torre.
Svolta stilistica anche nella ricerca musicale, affidata nella costruzione dei suoni e delle atmosfere a Fabrizio Scene Greco, e nel tema d'amore al "globo d'oro" Marco Werba.
Impreziosiscono il tutto, infine, i sensuali camei di Antonella Salvucci e Arian Levanael.
Soggetto e sceneggiatura di Andrea Cavaletto
da un sogno di Domiziano Cristopharo
prodotto da Andrea Conticelli e Angelo Campus
realizzato con il contributo del comune di Sapri
con: Nancy De Lucia, David D'Ingeo, Giovanni Andiuoli, Gabriele Guerra, Angelo Campus
special guest: Antonella Salvucci (nel ruolo di Jane) e Arian Levanel
costumi: Annalisa Gallina e Atelier Modum di Anna Coluccia
gioielli: Maurizio Carrara
musiche originali & sound design: Fabrizio Scene Greco (il brano "Tema d'amore" è stato composto dal Maestro Marco Werba)
acconciature: Nicolas Grippi
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