Però, qualche tempo dopo, dopo averlo stremato con un gioco erotico consistente nella totale passività di lui, Cassandra aveva sbirciato nel suo computer, leggendo le pagine iniziali de L'Onda. Senza dirgli niente, lo aveva piazzato ai piani più alti del sistema ancor prima che lui avesse terminato di scriverlo. A quel punto, Morgan non aveva potuto opporsi, e aveva scialacquato i diritti d’autore nella casa fra gli scogli a strapiombo sull’isola di Malapunta, a metà strada fra la Corsica e la Toscana.

A quella tana si poteva accedere soltanto attraverso una galleria scavata dentro la montagna, e il primo week-end di luglio del 2002, di venerdì pomeriggio, un traghetto privato aveva depositato la BMW di Cassandra sul piccolo piazzale prospiciente l’attracco. Lui si era messo alla guida e, dopo un centinaio di metri, aveva aperto la saracinesca automatica che accedeva alla galleria, attraversando in pochi secondi le viscere del monte che sovrasta l’angolo più mondano del Mediterraneo.

Si trattava di un rifugio stupefacente. Due ambienti, soggiorno e stanza da letto, ricavati all’interno del dedalo granitico e perfettamente mimetizzati all’esterno, dotati di un sistema di aerazione e condizionamento che garantiva temperatura ottimale in qualsiasi stagione. Un gruppo elettrogeno indipendente in grado di funzionare anche durante i frequenti black-out di luce elettrica. Internet, TV satellitare e un vasto solarium per l’abbronzatura integrale. Un paradiso terrestre la cui unicità lui e lei fingevano in sostanza di ignorare.

Mezz’ora dopo l’arrivo, mentre Cassandra giaceva su un materassino con indosso solo la cuffia auricolare che le rimandava nei condotti uditivi i gorgheggi lancinanti di Michael Bolton, lui accese il computer e iniziò, per quanto avesse già indossato il costume, a controllare la posta che si era accumulata nella sua casella e-mail, non aperta da diversi giorni. Alle diciassette in punto, mentre lo schermo appariva disturbato da scariche e onde zigzaganti, le strane e concitate invocazioni di Cassandra provenienti dall’esterno lo fecero scattare dalla poltroncina come una molla.

Cassandra era un tipo che non avrebbe mai urlato. Nemmeno in presenza dello tsunami che avrebbe spazzato l’Indonesia il 26 dicembre del 2004.

Mentre transitava davanti alla vetrata che si apriva sugli scogli, Morgan si accorse che qualcosa non andava nel cielo. Una volta sulla balconata, appurò con inquieto stupore che tutta la parte di spazio visibile appariva come invasa da una luce argentea che cambiava in continuazione, attraversando le varie gamme cromatiche.

Cassandra, in piedi, nuda e solo lievemente turbata, gli chiese un’opinione.

Senza degnarla di alcuna risposta, lui tornò dentro, si sedette di nuovo davanti al computer e si rese conto che la macchina non funzionava più. Allora provò ad accendere il televisore, ma nulla da fare. Così pure con i due cellulari, che segnalavano assenza di campo. Infine, in preda a un’allarmante intuizione, raggiunse l’auto ferma sul limitare dell’adiacente galleria: girò la chiavetta, ma il motore non reagì, come se la batteria fosse scarica.

Tornò sulla terrazza. Il sole era scomparso. Il cielo, il mare e l’isola rifulgevano di una luce demoniaca, innaturale, aliena.

Per una ragione che non riusciva a mettere a fuoco, sentì di doverlo fare. Si avventò su Cassandra, senza alcun preliminare. Senza dolcezza, solo purissima animalità. Peggio di tutti gli accoppiamenti precedenti.

Cassandra, sulle prime, pensò di rifiutare quell’amplesso violento. Poi si lasciò andare e partecipò sino a sfiancarsi insieme lui in un orgasmo cavernoso che sapeva solo di vicendevole stupro.

Giacquero sulla calda pietra della terrazza per pochi minuti a riprendere fiato. I loro occhi continuarono a percepire l’incredibile scenario multicolore.

Poi lui si rimise il costume e si rialzò, notando l’assoluta bonaccia del mare. E gli sovvenne di un documento scaricato dalla rete un anno prima, uno dei tanti input per la sua narrativa che pescava nel web quando indossava la tuta di internauta.