Riceviamo e pubblichiamo, in esclusiva, un anomalo comunicato stampa dell'editore Fabio Larcher. E lo facciamo con la convinzione che le parole usate da Larcher siano sì "pesanti", ma adeguate a una situazione (è nuovamente il caso di dirlo) catastrofica. Vi basti sapere che noi stessi avevamo (anzi, abbiamo, ma ne riparleremo più avanti) qualcosa del genere in mente e questo comunicato ha in bruciato sul tempo il nostro.
Ciò nonostante siamo più che lieti di pubblicarlo.
Tranne rare, rarissime eccezioni (le solite che confermano la regola) gli italiani non scrivono horror... producono, al più, chili di masturbazioni mentali! Dietro al paravento del genere si cela il solito, italianissimo, istinto verso l'intimismo... ancorché di natura psicotica... o lo sperimentalismo intellettuale. Lo dimostra il fatto che i "guru" dell'horror made in italy si rifanno a modelli decisamente sorpassati (come Argento o Fulci) senza innovare, anzi, tradendo lo spirito dei loro stessi maestri. In fondo Argento, Fulci, Margheriti, Bava senior, ecc, sapevano "spaventare" e non solo "disgustare".
Ragazzi, non si fa così: basta con le opere truci, piene di sangue fatto schizzare per riempimento, di gratuite torture, di gratuita pornografia (ben altra cosa rispetto all'erotismo, inutile fare i "relativisti"). Sangue, torture e pornografia non bastano a dissimulare la cronica carenza di idee. E, oltretutto, non è la catarsi dello scrittore a essere importante: semmai, a esserlo, è la catarsi del lettore.
Non esiste scrittura senza lucidità, chiarezza e, soprattutto, creatività. Scrivere non è cosa da tutti, anche se tutti ci provano.
Scrivere horror, poi, è spaventosamente difficile. Troppo grande è la tentazione a lasciarsi convincere dal mercato che non può esserci altra strada se non quella dell'horror mutato in thriller, in noir o chissà che altro. Chi vogliamo fare fessi con la solfa della "contaminazione" fra i generi?
Il problema è, naturalmente, che si è un po' persa la tradizione di scrittori come Lovecraft, Leiber, C.A. Smith, Blackwood, Hodgson, King, Radcliffe, Derleth, Lumley, Williamson, Poe, Rice, Bradbury, Bierce, Wilson, Bloch, Sturgeon, Stoker, Howard, Le Fanu, i vari James, Hoffmann, Maturin, Long, Whitehead, Machen, Gaiman, Chambers, Wells, Shiel, Disch, ecc ecc...
Insomma: si è un po' perso l'horror.
L'amara verità è che c'è pochissima letteratura horror nel nostro Paese. Sentiamo, una volta che uno abbia pubblicato le opere di Arona e Manfredi (o pochissimi altri), che diavolo dovrebbe mettersi a stampare?
Ovvio: gli stranieri.
Perciò vi lancio una sfida.
Scrivete delle buone storie di horror soprannaturale, una bella storia di vampiri, per esempio. Ecco, scrivete una storia di vampiri nella quale ci siano avventura, amore, colpi di scena e soprattutto un finale efficace! Fatelo in maniera professionale, fatelo avendo non uno ma due occhi di riguardo per il lettore; cercate di offrirgli ciò che esso merita (in fondo ha pagato!). Scrivete dei racconti che siano compresi fra una e trenta cartelle (2.500 battute l'una formato Word) e io vi offro la possibilità di finire in un'antologia distribuita in tutta la penisola, accanto a nomi di scrittori affermati.
Inviare copia cartacea a
LARCHER EDITORE
Via IV Novembre, 8
25030 Castel Mella (Bs)
specificare: per antologia vampiri. Scadenza giugno 2005.
Quasi superfluo aggiungere che la situazione fotografata da Fabio Larcher sia terribilmente realistica. La lista di nomi fatta dall'editore bresciano non può che indurre alla riflessione sia chi l'horror lo scrive, sia chi l'horror lo pubblica: la domanda che dovremmo farci, tutti, è la seguente: oggi si dice che l'horror non può funzionare: non sarà che a non funzionare siano piuttosto determinate scelte editoriali prese nel nostro paese negli ultimi dieci-quindici anni? Quali scelte? Prima su tutte quella di ignorare la tradizione gotica e anglosassone per dedicarsi quasi unicamente alla cronaca nera e allo splatter. Poi, ancora peggio, dire che l'horror "soprannaturale" sia sorpassato, e insistere con la via "razionalistica" tutta italiana. E, ultimo ma non ultimo, l'aver preteso di contaminare l'horror con un altro genere soltanto, ovverosia il thriller, dimenticando le più strette parentele con altri generi come la fantascienza e la fantasy.
Non si può fare di tutte le erbe un fascio e, come ricorda giustamente Larcher, anche nel nostro paese ci sono delle belle eccezioni. Certo il trend è spaventoso. E il trend non lo fanno certo le piccole case editrici (che corrono, semmai, il rischio di seguirlo ciecamente).
Ma non tentare sarebbe delittuoso. Mandare in pensione vampiri, lupi mannari, mostri lovecraftiani, Incubi e Succubi, sarebbe - ci sia permessa la sincerità - un'autentica idiozia. Tanto varrebbe smetterla subito di parlare di horror, e seppellire una volta per tutte ciò che è morto (oggi siamo al paradosso assoluto: c'è chi crede che Lupi Mannari e Streghe siano solo fantasy perché sono alla base della fortuna di Harry Potter e dei suoi innumerevoli cloni).
Ma... no... un momento: è di horror che siamo parlando! E nell'horror si sa che... non è morto ciò che in eterno può attendere...
Non stiamo parlando di Cthulhu. Ma della speranza.
46 commenti
Aggiungi un commento8 su 30. Considerando che gli autori italiani che arrivano sugli scaffali delle librerie sono una frazione minoritaria e che non sempre reggono il confronto per qualità (l'editing nostrano, chissà perché, sembra saper fare miracoli solo quando si applica alle opere di autori stranieri), penso di essere in media...
All'attenzione del pubblico = presentazioni, serate organizzate, partecipazione ad eventi, fiere e saloni del libro... Avrò pure le idee confuse, ma quando qualcuno mi sbatte in faccia la sua superiore comprensione dei meccanismi dell'editoria e poi fa la fine del topo preso in trappola...
Ad ogni modo, visto che il tono del mio post potrebbe facilmente essere equivocato, non sto certo facendo i salti di gioia per le difficoltà editoriali di Larcher. Più editori significano maggiori possibilità di sbocco per gli autori (esordienti e non) e questo non lo dimentico. Certo, ogni tanto farebbe piacere constatare professionalità su ambo i fronti...
Cordialmente,
X
Tranqui X, non ho frainteso il tono dei tuoi interventi.
Il "problema" di Larcher è quello di tante piccole case editrici: si vuole fare le cose "per bene", si è pieni di entusiasmo e di speranze, ma poi...
i distributori non ti distribuiscono...
i lettori non ti comprano...
gli aspiranti autori s'incazzano con te perchè non investi su di loro...
e allora che fai? puoi mica cominciare a rapinare banche per continuare a pubblicare libri, no?
ciao
Io una banca la rapinerei per comprarli, i libri.
Quoto Franz e Ale.
Di autori italiani ne leggo parecchi ma mi piacciono solo i mainstream, ogni volta che leggo gli scrittori di genere mi vengono i brividacci, ma quelli sono gusti e cerco comunque (nei limiti) di comprare anche i tizi e le tizie che non gradisco più di tanto...
Larcher (ne so poco, intendiamoci) ha fatto davvero tutto il possibile, ragazzi, aveva entusiasmo, non chiedeva contributi, irradiava simpatia, ha accettato in scuderia dubbie figure dalle potenzialià... ecco... limitate, ha organizzato incontri in giro...
Ma la distribuzione ti uccide e le librerie ti espongono poco e male... Servirebbe, ancor più di una vendita online, un reticolo di librerie specializzate o semi specializzate che pompino (uh!, cioè, che promuovano...) libri e autori, un esempio di libreria che si attiva molto è la Sherlockiana di Milano, ce ne fossero 5 o 6 così in ogni regione si potrebbe affrontare un discorso diverso, magari anche saltare la mafia dei grandi distributori e puntare a un venduto anche solo di dieci-venti copie per libreria distribuendo solo in quei posti e in poche altre...
Mi tolgo il cappello, ma temo che la tua concezione di 'media' sia ottimistica, altrimenti non si spiegerebbe la chiusura di case editrici per mancanza di lettori.
Io non ti sto sbattendo in faccia proprio nulla, ti porto l'esperienza da editore. Eventi, fiere e saloni del libro costano (e io a presentazioni di Larcher sono stato, insieme ad altri 4 gatti, così come a decine di altre presentazioni ed eventi che alla fine non facevano vendere nulla).
E' il cane che si morde la coda: posso investire la prima volta, ma se i soldi non rientrano non ci sarà una seconda opportunità.
Ci mancherebbe.
Più editori significa anche fette di mercato sempre più piccole, che non giustificano l'investimento.
Considerato che il distributore si piglia il 50% del prezzo di copertina, l'autore l'8%, l'illustratore il 2%, lo stampatore circa il 20%, hai idea di quante copie occorra vendere per andare in pareggio? Si parla di migliaia.
La frase riguardo alla professionalità su 'ambo' i fronti non l'ho capita, scusami.
Infatti non mi riferivo a te... Sulle difficoltà delle piccole case editrici ad emergere posso avere un'idea vaga e parziale, questo però non giustifica la richiesta da parte di molti piccoli editori (tutti?) di contributi da parte degli autori, che è il punto su cui un po' tutti battono.
Mi spiego meglio (o almeno ci provo). Se io apro una casa editrice, lo faccio cercando di avere un panorama il più completo possibile della situazione del mercato. È chiaro, quando i tre-quattro arcinoti colossi controllano il novanta per cento del mercato e mille piccoli editori devono scannarsi per aggiudicarsi le briciole, la situazione è difficile in partenza. Per lanciarsi in questo mondo, bisogna quindi avere le idee precise: innovazione, per la scarsa conoscenza che ho delle logiche di mercato, potrebbe essere la soluzione.
Per innovazione intendo la capacità di cogliere una domanda a cui nessuno ancora ha offerto una risposta adeguata. Un esempio, facendo riferimento alla narrativa di fantascienza, è venuto dalla Fanucci. Quando nel lontano 2000 lanciarono la collana Solaria, cercarono di aggiudicarsi quel segmento di mercato rappresentato dai libri economici distribuiti sia in edicola che in libreria. La scommessa non ha avuto successo, vuoi per le croniche difficoltà di distribuzione che giustamente ricordavate, vuoi per la sovrapposizione, nelle edicole almeno, a un segmento che veniva già ampiamente servito da Urania, con alle spalle la corazzata Mondadori. Però, in quel caso, mi sono sentito di apprezzare l'azzardo, perchè dai titoli proposti (tutti di ottimo livello e non di rado prime edizioni mondiali!) si vedeva una certa professionalità nella macchina che muoveva il tutto. C'era pianificazione, e infatti Fanucci continua a proporre titoli di ottima fattura, a prezzi contenuti (tra gli ultimi, l'edizione integrale del classico Straniero in terra straniera di Heinlein).
Adesso, di fronte a un editore appena nato che si getta nella mischia e propone una manciata di titoli (in larga parte forti di un grande nome di copertina) e poi suona la riscossa dell'horror, personalmente mi sento di esprimere tutto il mio scetticismo. Forse perché il progetto mi è sempre parso un po' limitato, nel senso che non vi ho visto quella volontà di creare una scuderia di autori che poi sta diventando il marchio della Delos. Forse perché il troppo entusiasmo sbandierato nelle iniziative mi pareva già nascondere una certa incomprensione di fondo del problema centrale. Per sopravvivere non è sufficiente adattarsi al trend: così si finisce risucchiati nell'anonimato ed è chiaro che case editrici di più lungo corso (Il Foglio, Prospettiva) finiscono per tagliarti fuori dal giro. Per sopravvivere occorre riuscire a imporsi, ottenendo quella visibilità dei media che in genere è riservata a chi già è arrivato: è questo il vero circolo vizioso.
Magari, come dicevate voi, le cose potrebbero migliorare se invece di finire nelle grandi librerie, nascosti in un angolo, i piccoli editori di genere potessero contare su una loro rete di centri di distribuzione (sull'esempio della Sherlockiana). Però, forse, non sarebbe necessario arrivare a tanto se le piccole case editrici, come dicevo sopra, si dotassero di una loro linea di condotta riconoscibile e coerente. In Francia, per fare un esempio, ci sono quattro o cinque editori di narrativa fantastica che, con le loro collane da centinaia di titoli, invadono le librerie (tutte). In Italia, l'unico grande editore del fantastico, la Nord, ha ripiegato sui romanzi d'amore e il mainstream...
Mi scuso per lo sproloquio.
Buona giornata a tutti,
X
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