Come ci si deve porre di fronte a un romanzo che, con un’operazione meta letteraria, dispiega l’intera trama dialogando con un’opera di indiscussa portata, con già un posto tra le pagine della storia della letteratura?
Qual è l’approccio giusto che un lettore attento dovrebbe avere di fronte a un libro il cui soggetto viene interpretato dalla critica come una sorta di anti-Giovanni Battista, che proclama la nascita di un anti-Cristo, la cui narrazione è un manifesto tributo d’ispirazione al Dracula di Bram Stoker, tanto da riprenderne in alcune pagine stralci originali debitamente sottolineati in grassetto?
Come ci si confronta con il tentativo di attingere dal passato, incluso quello della letteratura (in cui risiede gran parte del codice per decifrare la realtà attuale), e di volerne sancire la perdurante modernità?
Lasciandosi divertire.
Il Libro di Renfield, anzi meglio, La vera storia del discepolo di Dracula, come reclamato dal sottotitolo, è un libro poliedrico, leggibile da più punti di vista, fruibile nel suo insieme solo grazie a una lettura disinibita da qualsiasi sguardo critico. L’ultima opera di Tim Lucas è infatti un buon romanzo, ben costruito e agilmente intrecciato ai prodromi custoditi nel famoso libro da cui prende le mosse, che tra le righe affronta temi delicati e men che mai attuali, ma, prima di tutto, vuole essere letto per quello che è: uno spin-off del romanzo di Stoker, un modo di affrontare con un taglio diverso e originale uno dei capolavori indiscussi della letteratura horror.
Per la prima volta sugli scaffali delle librerie italiane a partire dal 27 gennaio 2011, edito da Gargoyle Books, 307 pagine, tradotto da Elena Cecchini e con una nota finale di Alessandro Defilippi, il libro di Tim Lucas – affermato critico cinematografico, curatore della pluripremiata rivista Video Watchdog – stupisce per facilità di scrittura.
L’intera trama gravita attorno alla psiche di un Renfield in tutto e per tutto stokeriano. Carfax, Inghilterra sud-orientale. Siamo nel 1885, Purfleet, una piccola e cupa località rurale fa da scenario al manicomio in cui è custodito, sotto la sorveglianza del dottor John Seward, direttore dell’istituto, il quasi sessantenne R.M. Renfield. Il paziente è propenso alla collera, in perenne stato di alienazione, sordo a qualsiasi dirittura, cita versetti della bibbia e trangugia insetti, annunciandosi come il Messaggero di un misterioso e oscuro Signore con cui dice di essere in comunicazione medianica. Lo psichiatra rimane l’unico depositario della sua follia, che scoprirà affondare le radici nei sotterranei di mortificanti esperienze legate alla sua infanzia. La dannazione di Ranfield e la sua inclinazione alla crudeltà diventano così le cifre per misurare una vita che è parabola di dolore e pazzia, luogo ideale, terreno fertile per l’insidiarsi di demoniache presenze.
Di certo non viene da gridare al capolavoro. Ma ciò nulla toglie al piacere della lettura. Perché nel libro di Lucas ritroviamo la voglia di spiegare sentimenti profondi, di una disarmante precarietà, che attanagliano l’uomo da sempre, dal decadere delle certezze di un’Inghilterra al tramonto del vittorianesimo, allo spaesamento tragico all’indomani di Ground Zero (citato non a caso, visto il collegamento che lo scrittore attua verso la fine del romanzo inserendo un articolo originale scritto appena dopo la tragedia dell’11 settembre). In questo senso i personaggi dell’opera stokeriana si fanno interpreti universali dell’esperienza del Male, che come ben sappiamo qui prende il volto di Dracula.
Ecco a voi dunque un intreccio di significati e atmosfere nella forma di una sorta di documentario letterario in corso d’opera, un romanzo dinamico, cucito, da un lato, dai diari privati dello psichiatra Seward e dall’altro dalle trascrizioni stenografiche dei racconti del paziente Renfield. Un percorso frutto di molteplici prospettive, ricamato da dettagli che creano efficacemente un’aurea di forte realismo. Un viaggio nelle deformazioni della mente e nelle pieghe della follia, per scorgere le zone d’ombra in cui si nasconde il Demonio, senza mai comprendere appieno.
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