Questi sono gli anni dei vampiri, è inutile negarlo. Dalla saga di Twilight al ciclo di Sookie Stackhouse, non solo abbiamo visto libri andare a ruba, ma anche botteghini presi d’assalto e serie TV seguite da numerosi appassionati, per quanto riguarda le rispettive trasposizioni.
Viene da chiedersi, dunque, come mai il riuscitissimo ciclo urban fantasy di Tanya Huff, Blood Ties (o Blood Books, relativamente ai romanzi), non abbia avuto altrettanto successo in televisione, tanto che la serie è stata sospesa al decimo episodio della seconda stagione (la prima era riuscita ad arrivare a 12). I motivi della sospensione sono vari e non meglio specificati, ma i produttori hanno sempre mantenuto aperta la possibilità della rimessa in onda, cosa che al momento pare non dover avvenire comunque.
Canadese, come l’autrice dei romanzi (classe 1957), la serie televisiva è andata in onda dal marzo 2007 al gennaio 2008 in Canada su Lifetime (nota per essere una rete ‘for women’), e in Italia su AXN, dall’ottobre 2007 al marzo 2008.
Il soggetto, in breve, vede Vicky Nelson, ex poliziotta della Metropolitan Toronto Police esonerata dall’incarico a causa di un problema alla vista, agire come investigatrice privata fra i misteri notturni delle strade di Toronto. Proprio a causa della sua vista ridotta, si alleerà, inizialmente suo malgrado, a Henry Fitzroy, un fumettista-vampiro di circa 500 anni, figlio illegittimo di Enrico VIII e, ovviamente, molto più a suo agio di lei fra le tenebre. Il terzetto è completato da Mike Celluci, ex collega (e amante) di Vicky.
Ci troviamo dunque di fronte a una detective story al soprannaturale, in cui Vicky Nelson si trasforma in una sorta di Dylan Dog... neanche troppo in gonnella, vista la sua mascolinità, sia caratteriale, sia fisica.
Il punto di forza dei romanzi (in tutto cinque, più una raccolta di racconti correlati) era sicuramente la trovata attorno a cui ruotava ognuno di essi. Nel primo (Il prezzo del sangue, Delos Books, 2007) Vicky ed Henry si trovavano a fronteggiare un oscuro demone che scatenava una lunga serie di omicidi. Unico soggetto ripreso dalla serie, diviso in due episodi come pilota, è sicuramente un bel biglietto da visita per i personaggi che si conoscono e si fanno conoscere.
Vicky Nelson (interpretata da Christina Cox, già apparsa in Andromeda, Mutant X e Numb3rs) è perfetta nella parte. Un po’ goffa, carina ma non troppo, immagine forte e indipendente, si fronteggia bene con l’Henry Fitzroy interpretato dal frizzante Kyle Schmid (già in visto in The Covenant). Forse il personaggio letterario aveva qualcosa di più amaro e oscuro, ma è certo che la cattiva riuscita della serie non è da imputarsi a Schmid, che rende al meglio il vampiro un po’ retrò e un po’ moderno - per una buona volta non depresso e deprimente - che Henry è. Il Mike Celluci di Dylan Neal risulta ancora più brillante che nei romanzi, dove appariva un po’ sbiadito, quasi l’alternativa umana obbligatoria al vampiro, mentre nella serie si dimostra autonomo e interessante anche dal punto di vista delle azioni e dei dialoghi. Il punto non sono dunque gli interpreti, né tantomeno l’immagine che i lettori si erano fatti di loro.
Il problema sta nelle trame e nell’approfondimento delle vicende e dei personaggi che nei romanzi avviene e nella serie no. In questo senso, con Blood Ties si è persa una grande occasione per trasformare un telefilm in un successo planetario, com’è invece avvenuto con True Blood.
Nei romanzi, mentre va avanti la cornice fra Vicky, Henry e Mike (anche qui, come in Twilight, il vampiro è impossibilitato a portare a termine un atto sessuale senza fare del male alla partner e scatta nella lettrice il tormento del bello e impossibile), sconfitto il demone, in Tracce di sangue (Delos Books, 2008), i nostri eroi avranno a che fare con misteriose uccisioni all’interno di una comunità di lupi mannari, amici di Henry. La convivenza fra le diverse creature è uno degli aspetti di maggiore interesse del romanzo, la scoperta delle abitudini dei mannari e il detto e non detto che scatta fra i vari personaggi resta solo all’interno delle pagine del libro, perché nella serie queste ‘tracce’ non ci saranno minimamente. Così come l’antica mummia egizia risvegliata in Linee di sangue (Delos Books, 2008) e le azioni di suspense costruite ad arte dalla Huff fino allo scontro finale con il carismatico personaggio di Tawfik. Nemmeno ci saranno i morti viventi del Dipartimento di Scienze in cui lavora la madre di Vicki in Patto di sangue (Delos Books, 2008), nemmeno i fantasmi arrabbiati e il contrabbando di organi di Debito di sangue (Delos Books, 2009). Mancherà tutta la cornice, l’evolversi della vicenda del terzetto (che diventa pian piano un quartetto, con l’aggiungersi dell’informatore di Vicky, Tony, poi protetto da Henry), così come la scelta finale di Vicky fra Henry e Mike. Tutte storie che avrebbero potuto funzionare in televisione se fossero state trasposte in almeno due o tre episodi (com’è avvenuto con Il prezzo del sangue per il pilota), o ancora meglio adottando la serialità, come è stato fatto per il True Blood di Charlaine Harris.
E invece niente di tutto questo. Ogni storia sparisce a seguito del pilota e ne appaiono altre meno memorabili. Gli episodi autoconclusivi diventano sterili, ripetitivi, vuoti e privi di quel guizzo di originalità che aveva contraddistinto i romanzi. Rimangono una caratterizzazione parziale dei personaggi, l’efficace umorismo dei dialoghi e lo scheletro del soggetto. Per il resto, si tratta di un’altra storia. Ogni episodio mostra eventi sopranaturali diversi, creature magiche, spesso presentate come i cattivi, elfi, insetti, inquisitori, mutanti, zombie... il tutto impiantato su trame prevedibili e non troppo fresche. Per non contare il budget bassissimo che ha annullato quasi ogni tentativo di effetto speciale.
Non si tratta di un libro trasposto in film che perde molti dei suoi aspetti interessanti e vede la trama ridursi a brandelli (come i vari Harry Potter, per intendersi). Ci troviamo di fronte a una sorta di tanti mini sequel pressoché scollegati l’uno dall’altro. Qui il famigerato scambio di battute fra telespettatore: “Bello!” e lettore: “Sì, ma il libro è meglio”, si riduce a un flebile: “Vabbe’, carina, e allora?”; “Uhm... forse dovresti leggere i libri.”
Non fraintendiamoci. Nel calderone delle serie televisive, Blood Ties é sicuramente godibile. I lettori pigri e amanti dell’immediatezza preferiranno guardarsi una serie TV piuttosto che leggersi una saga, gli appassionati di creature soprannaturali e di ‘investigazioni dell’occulto’ troveranno questa serie di impatto - le proteste per la sospensione non sono ovviamente mancante - ma chi ha letto i libri è bene che si approcci alla trasposizione con l’animo di chi ha amato i personaggi e vuole ritrovarli ancora per un po’ - seppure in versione ridotta.
2 commenti
Aggiungi un commentoBella analisi. Quasi quasi recupero i libri della Huff, che ho saltato.
Grazie! A me piacciono quasi più di quelli della Harris, perché c'è anche la componente "gialla"
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