Arriva finalmente nelle sale The Village, sesto lavoro per uno dei pochi registi contemporanei capace di proporre un discorso d'autore all'interno del cinema di genere.
Lontano dal clima roboante di certe produzioni hollywoodiane il filmaker offre al pubblico l'ennesima riflessione intelligente e matura veicolata attraverso quelli che solo in apparenza sembrano essere i luoghi comuni e le tipiche strategie del film weird o soprannaturale che dir si voglia.
Il cuore centrale dell'opera è la cupa e amara constatazione di come la paura sia alla base di gran parte dei mali che affliggono l'umanità e, sebbene sia evidente l'aggancio con l'attuale situazione di conflitto fra Stati Uniti e Iraq, il film colpisce ancora di più in quanto la sua lezione si libera ben presto delle pastoie del presente per assumere valore eterno, applicabile a ogni situazione passata e futura.
Aiutato da un cast in stato di grazia e da una fotografia che assurge spesso a ruolo di vero protagonista, The Village giunge in Italia trascinandosi alcune recensioni sfavorevoli da parte dei critici americani che hanno identificato nella mancanza di reale tensione e pochezza/incongruenza dei colpi di scena i principali punti deboli di un'opera che, a mio giudizio, non guardava certo a quegli aspetti come suoi principali componenti.
Il giudizo passa ora al pubblico italiano che, dopo le divinità lovecraftiane e i pugni di carta dell'ottimo Hellboy potrà passare alle atmosfere tetre e paranoiche di M. Night Shyamalan in un mese d'ottobre che non ha deluso le aspettative.
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