– Abbracciami, superuomo.

Stefano la strinse a sé. Alessia lo baciò. Gli morse le labbra. Il sangue che aveva ancora in bocca le diede la sensazione di potersi nutrire di lui, ma se avesse insistito si sarebbe spezzata un dente.

Stefano sembrò capire. – Ho come l'impressione che se non fossi invulnerabile proveresti a succhiarmi via il sangue.

– L'hai detto.

Alessia osservò il petto di Stefano. Abbracciandolo lo aveva sporcato. Gli disegnò una “S” rossa tra i capezzoli.

Super Sangue... non era male come nome.

– Cosa è successo? – Stefano la allontanò da quelle stupide fantasie.

– Si fa fatica a trovarne. Da due giorni la Caritas non distribuisce più sangue. Le scorte diminuiscono. Ho paura.

– Di tornare a...

– C'è qualcuno che ha già ricominciato. Solo animali, ma...

– Temi una nuova caccia ai vampiri?

– Non siamo vampiri! Non usare quella parola, ti prego.

– Scusa... Scusa... Hai ragione.

– La gente torna a essere diffidente. Ha di nuovo paura. Forse perdo il lavoro...

– Che c'entra? – Stefano si alzò. Strinse la mascella. – Govoni ti vuole cacciare?

– Te l'ho detto. C'è sospetto. Se tu fossi un cliente, con i tempi che corrono ti faresti servire una pizza da una bevitrice di sangue?

– Io ne amo una, non conto – le rispose Stefano. I suoi occhi si inumidirono.

– Sei un supereroe davvero strano, tu. – Alessia sorrise. I denti rossi sporchi di sangue.

– Non sono un supereroe!

– Per me lo sei.

– Non più di quanto tu sia una vampira.

La lampada, dopo essersi scaldata, iniziò a emettere una bassa vibrazione.

– Credi che per me sia più facile? – chiese Stefano.

– No...

– Per la gente sono il superman dei fumetti. Quello che vola. Quello superveloce e superforte. Un sogno divenuto realtà. Sono solo uno dei milioni di individui che è cambiato dopo la tempesta solare.

– Ma sei unico.

– Siamo poco più che insetti esotici. Alcuni orribili, alcuni affascinanti. Nessuno in ogni caso li vuole accanto a sé.

Alessia si alzò, provò a riavvicinarsi. Stefano la allontanò sfiorandole il polso con due dita.

– La gente ormai sa dove abito. A Pieve sono un mito. In provincia qualcuno fa già il mio nome. Non sono una persona libera. Posso avere tutto. Posso fare tutto. Ma non sono libero.

Questa volta Alessia riuscì ad appoggiare le mani sul petto di Stefano. Non la respinse.

– Volevo aiutare le persone, proprio come nei fumetti. Non sono fatto per essere un supereroe.

– Sei una brava persona, Stefano.

– Voglio solo una vita da vivere. Ci sono centinaia di persone davanti casa mia. Centinaia! Diventeranno migliaia. Tutte vogliono qualcosa. Non posso aiutarle tutte.

Alessia si spinse sulle punte e gli baciò il collo.

– Avresti dovuto farti un'identità segreta.

– Sì, con la calzamaglia! Volevo solo aiutare...

Stefano respirò profondamente. Guardò l'appartamento. Le finestre protette dagli scuri di metallo nero. La porta, una saracinesca impenetrabile.

– Andiamo via, Alessia.

– Dove?

– Ti posso portare dove voglio. In qualsiasi momento. Com'era? “Più veloce della luce”? – Sorrise. – Non hai che da scegliere. Se il mondo non ci vuole perché dobbiamo volere questo mondo?

– E le persone?

– Faranno senza, come hanno sempre fatto.

Alessia guardò quell'uomo. Forte e dalla voce tenera. Diverso come lei. Potente, eppure lontano dalla libertà. Provò un brivido di piacere.

– Stavi andando a riposare? – domandò Stefano.

– Sì...

– Vengo con te. Partiremo dopo il tramonto.

– Ma sarai il mio supereroe, il mio superman, almeno per me?

– Solo per te, se tu vorrai essere la mia vampira.

Alessia stavolta rise forte. Spense la luce. Prese Stefano per mano e lo condusse giù in cantina.

Le piante dei piedi ancora imbrattate di sangue parevano ventose sul marmo.

Stefano volò a pochi centimetri dai gradini per non sporcare.

Sparirono nel buio.