Manuale d'istruzioni per non perdersi nell'oceano della produzione cinematografica del più noto fra i succhia sangue: Dracula. Gli autori descrivono quanto coloro che si ispirarono a Stoker cerchino di sottolineare la capacità stokeriana di mettere in scena il sogno. Il tomo si apre con una doverosa rispolverata del capolavoro di Stoker, arricchita da un'analisi accurata che ci insegna come i veri detective risultino essere il Prof. Van Helsing e la mite Mina in Harker. La coppia viene separata quando le cose si fanno più serie (segno dell'azione di una cultura vittoriana che vuole la donna debole e fragile). Mina diventa sì vittima sacrificale della caccia al conte Dracula (reminiscenza della donna peccatrice?), però è lei ad avere l'idea che rimette il gruppo dei cacciatori sulle orme del Conte.
Come si evincerà per tutto il volume, la cinematografia internazionale ha volutamente emarginato la figura di Mina, esaltando il maschilismo esasperato della società moderna. Un primo tratto che distingue il libro, atto a segnalare dettagli e mancanze senza ridursi a un mero catalogo della rassegna cinematografica del tema. Infatti non poche energie vengono profuse per comunicare quanto dell'opera extra draculesca abbia influenzato la produzione letteraria e non: The Jewel of Seven Stars è il fil rouge che porta l'ombra lunga di Stoker dal 1912 al 1997 a continuare a parlare della mummia.
Il cammino che conduce al dark screen origina da un antro antico e oscuro riempito da biografie, eminenti fonti letterarie, influenze, retroscena storico culturali, quadri psicologici che da sempre fanno compagnia all'ospite oscuro di Stoker. Tale antro è ampio e spazioso, perchè nonostante la notorietà del personaggio ne anticipi le gesta, pochi savi conoscono le fondamenta che ne hanno determinato il successo: un grande impatto sulla scena teatrale ottocentesca (al punto da spingere stoker a raffazzonare nel 1897 una rappresentazione prima che lo facessero altri), singolari origini storico culturali del termine Dracula (Dracul=dragone, diavolo o condottiero implacabile come un drago/Dracula=figlio del dragone, figlio del diavolo o figlio del condottiero implacabile come un Drago) e il significato allegorico che vuole il vampiro rappresentazione del potere dominante e parassita del popolo. Tali caratteristiche hanno permesso alla figura del vampiro di uscire dal folklore e insinuarsi negli interessi del grande pubblico.
L'oceanica documentazione utilizzata (centinaia di citazioni tra rappresentazioni teatrali, letterarie, cinematografiche e televisive con vere chicche tutte da recuperare e gustare) dimostra come la formazione di Stoker in seno al teatro sia la chiave del successo dell'opera: a distanza di più di un secolo siamo ancora inondati da produzioni di stampo vampiresco. Gli autori sposano fortemente la tesi del canovaccio: il romanzo di Stoker sembra un copione travestito da romanzo. Travestimento che nell'800 fece breccia nel teatro quale maggior strumento di rappresentazione, mentre ai giorni nostri svolazza tra i set cinematografici e serpeggia in televisione. Come reagiranno i nuovi media alla peste vampirica? Vorranno facilitare il contagio o si barricheranno tentando di arginare l'epidemia? Del doman non v'è certezza.
Il titolo non tradisce certo i cinefili esigenti: con copiosa abbondanza vengono illustrate trame, personaggi, significati nascosti, retroscena dell'internazionale produzione che si ispirò e si ispira alle gesta de conte Valacco. Gli autori riescono a ripercorrere 60 anni di storia del cinema senza essere prolissi e fornendo una comune chiave di lettura: l'allegoria. Il vampiro è rappresentazione immaginifica dei poteri forti che opprimono l'uomo (il fato e la politica). Il maglio del potere schiaccia coloro che gli danno forza, quindi le rappresentazioni parodistiche e umoristiche si ergono ad arma di resistenza. Il potere del soggiogatore risiede nella sua credibilità. Un messaggio di vera speranza: l'uomo viene distrutto dal sonno della ragione, mentre la luce dirada le ombre ristabilendo la lucidità (il sole raffigura una sacralità sempre presente, ma anche allegoria di una locomotoria ragione che ci traina verso la consapevolezza; ecco perchè in molte pellicole il vampiro è distrutto dalla luce del giorno).
Un'opera non adatta al fan distratto dell'essere con il canino facile. Pezzini e Tintori, con serio lavoro archivistico e analitico, si ergono innanzi la titanica sfida di gestire l'evoluzione dell'opera, dei messaggi sottesi, delle interpretazioni e dell'oceanica produzione.
In definitiva un pezzo di letteratura complesso, dinamico, ben articolato e moderno.
Franco Pezzini, classe 1962. Studioso dei rapporti tra letteratura, cinema e antropologia. Da sempre interessato alla figura del vampiro e della vampira (La leggenda della donna vampira, 2000; Le vampire, 2005). Per giungere ai giorni nostri con The Dark Screen co-curato con Angelica Tintori.
Angelica Tintori, classe 1967. Collaboratrice e curatrice di mostre per il Museo Teatrale alla Scala di Milano, soggettista e sceneggiatrice di Legs Weaver e Nathan Never (Segio Bonelli Editore), collabora con università e festival letterari e scrittrice (Michael Crichton – Medici, dinosauri & Co, 2000; Star Trek: uno specchio dell’America, 2004; Stargate SG-1, 2005; CSI: Crime Scene Investigation, 2006). Ultima fatica il qui recensito The Dark Screen curato insieme a Franco Pezzini.
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