La morte di Laura Palmer e la ricerca del suo assassino sono stati il filo conduttore di una serie televisiva dei primi anni ’90 passata alla storia, quel Twin Peaks che sconvolse e incantò i telespettatori di tutto il mondo, grazie soprattutto alla genialità dei suoi creatori, Mark Frost e David Lynch. Circa un anno dopo la forzata conclusione della serie (dopo 30 episodi), il regista di Velluto Blu decise di chiudere definitivamente il cerchio realizzando un “prequel” cinematografico in cui si narravano gli ultimi sette giorni di vita di Laura, che venne presentato al festival di Cannes del 1992. Con esiti tutt’altro che positivi: il film venne stroncato sia dalla stampa che dal pubblico, e in seguito non ebbe neppure un buon riscontro al botteghino. In effetti si stratta forse dell’opera più controversa di Lynch, “difficile”, innovativa, sperimentale, ma indubbiamente – e soprattutto – affascinante.
La prima parte del film (una trentina di minuti) è incentrata sull’omicidio di una coetanea di Laura, Teresa Banks, avvenuto un anno prima degli eventi narrati in Twin Peaks ma a essi strettamente collegato. Si potrebbe definire “un incidente molto strano”, come verrà riferito ai due agenti dell’FBI che si occupano del caso (interpretati dal cantante-attore Chris Isaak e da uno stralunato Kiefer Sutherland), e non c’è dubbio che si tratti di una vicenda sui generis: emblematiche la scena di Lil, bizzarra figura che si esprime per simboli e gesti, e dell’agente Philipps Jeffries (un cameo dello straordinario David Bowie) il quale, dopo essere sparito nel nulla per due anni, riappare all’improvviso farneticando di spiriti e riunioni segrete. Le indagini alla fine non porteranno a nulla, lasciando più dubbi che risposte.
Si passa poi alla storia principale: il mitico cartello di benvenuto ci informa che siamo tornati a Twin Peaks, con in sottofondo l’indimenticabile sigla del telefilm. Ma qualcosa è cambiato, e si avverte fin da subito: tutto il torbido che nella serie tv era appena accennato e veniva portato alla luce puntata dopo puntata viene qui rappresentato in modo quasi brutale, come un pugno nello stomaco. Già dopo pochi minuti è chiaro che la vita di Laura Palmer è ben diversa da quella che tutti credono: all’apparenza ragazza irreprensibile, reginetta della scuola, studentessa modello e dedita al volontariato, conduce in realtà un’esistenza dissoluta fatta di sesso e droga. Tutto ciò è dovuto a un terribile segreto che la ragazza porta dentro di sé, l’ombra di un incesto impossibile da accettare e influenzato da elementi demoniaci (in puro stile Lynchano) che la condurrà verso la sua tremenda fine, un omicidio agghiacciante e visionario rappresentato come una sorta di rituale.
Il film è apprezzabile fino in fondo solo da chi ha visto la serie televisiva, e anche chi già conosce il mondo di Twin Peaks si troverà spiazzato: Lynch, liberatosi dalle “catene” del tubo catodico, partorisce un vero e proprio incubo e, in quanto tale, lontano da qualsiasi struttura narrativa convenzionale. La tragedia di Laura, anima perduta in cerca di una redenzione che pare impossibile, è narrata attraverso simboli, metafore e sogni che talvolta si prestano a più di un’interpretazione, accentuando così l’instabilità e l’assoluta mancanza di certezze che caratterizzano la pellicola. Si pensi allo strano anello che più volte appare e scompare nell’arco di tutto il film e di cui, pur sottolineandone l’importanza, non verrà mai chiarito il significato; o al misterioso quadro ricevuto in dono da Laura, raffigurante una porta che sarà da lei attraversata in una sequenza onirica quanto mai sibillina; e ancora i riferimenti all’elettricità (per esempio quella di un televisore rotto o di una ventola), che pare essere un mezzo di comunicazione “fra questo mondo e l’altro”. L’elemento mistico-spirituale è di fondamentale importanza: il regista costruisce un universo parallelo popolato da bizzarre “divinità” (il nano, l’uomo con un braccio solo, l’anziana e il bambino, senza dimenticare il perfido Bob), che parlano al contrario e usano parole sconosciute (“Voglio tutta la mia garmonbozia!”).
Si è rimproverato a Lynch il fatto di aver messo “troppa carne sul fuoco”, rendendo la trama troppo complicata; in realtà egli racconta, con il suo particolarissimo stile, una storia di peccato ed espiazione, il trauma di una ragazza disperata che lotta contro se stessa per salvarsi, addentrandosi così nelle profondità dell’animo umano e cercando di proiettare sullo schermo sentimenti inesprimibili. E ci riesce, coinvolgendo lo spettatore a livello emotivo e quasi inconscio: da un lato infatti agisce sul piano visivo, grazie all’ottima fotografia, al sapiente utilizzo delle accese tonalità del rosso e del blu e alla contrapposizione fra la luce (che rimanda all’apparente sicurezza e “normalità” del giorno) e il buio (ovvero la notte, quando follia e violenza regnano sovrani); dall’altro si avvale delle suggestive musiche composte da Angelo Badalamenti, davvero azzeccate, riuscendo a generare un senso costante di inquietudine e angoscia, sfociando a tratti in vera e propria paura.
Completa l’opera l’ottimo cast di attori: nella prima parte oltre ai già citati Isaak, Sutherland e Bowie, sono da segnalare lo stesso David Lynch, nei panni di un strano agente dell’FBI un po’ sordo, e Kyle MacLachlan, interprete dell’ormai mitico Dale Cooper; in seguito ritroviamo molti dei personaggi già conosciuti nel telefilm. Due però dominano su tutti: Ray Wise, il padre di Laura dallo sguardo allucinato, dilaniato dal male e dalla pazzia; e ancor di più Sheryl Lee, superba nella sua interpretazione della protagonista, abile nel rappresentare le sfumature e le contraddizioni insite nella sua personalità.
Fuoco cammina con me dunque non deve essere etichettato in modo troppo frettoloso e superficiale come un Lynch minore, ma si rivela anzi fondamentale nella filmografia del regista, un’opera in cui la sua poetica si consolida e nel contempo si evolve, gettando le basi per i film che verranno (su tutti, Strade Perdute e Mulholland Drive). L’aspra critica sociale contro l’ipocrisia e il perbenismo della provincia americana, già al centro del capolavoro Velluto Blu, si fa qui ancora più caustica, contaminata anche da una efficacissima dimensione soprannaturale e orrorifica. Un film da rivalutare assolutamente.
Valutazione tecnica
La recente edizione distribuita da Paramount si rivela purtroppo inferiore alle aspettative e, nonostante alcuni miglioramenti, sotto molti aspetti fa quasi rimpiangere la precedente versione edita da Cecchi Gori (fuori catalogo), con la quale è impossibile evitare un confronto. Quest’ultima presentava un video affetto da diverse imperfezioni (come graffi e le fastidiose bruciature di sigaretta), ma poteva contare su un ottimo audio (con doppia traccia italiana, in Dolby Digital 5.1 e DTS); l’edizione della Paramount invece, avvalendosi dell’utilizzo di un master originale restaurato, vanta un comparto video notevolmente migliorato, ma si deve “accontentare” di un audio 2.0. E’ poi doveroso aprire una parentesi riguardo il montaggio e la durata del film: in origine Lynch aveva girato materiale per più di quattro ore, poi ridotte a 130 minuti (tutt’oggi i fan richiedono a gran voce la pubblicazione dell’opera nella sua interezza, ma finora senza risultato), e in Italia venne effettuato un ulteriore accorciamento di circa cinque minuti per rendere la pellicola più commerciale (!). Queste ultime scene sono state reinserite in entrambe le versioni in DVD, ma mentre in quella della Cecchi Gori è stato utilizzato il doppiaggio originale (molto curato), con sottotitoli per le parti rimaste in inglese, quella della Paramount è stata interamente ridoppiata.
Extra
Ecco la vera nota dolente: la totale mancanza di qualsiasi extra. E qui il paragone con il DVD Cecchi Gori è davvero impietoso, dato che conteneva, oltre a un trailer e alle biografie di regista e protagonisti, un interessantissimo special di mezz’ora con molte interviste e curiosità sul film. Motivo in più per acquistarlo, se reperibile, e lasciare sullo scaffale quello della Paramount (anche se il prezzo a cui è venduto è in verità molto competitivo), nell’attesa di un’edizione che finalmente renda giustizia a questo capolavoro.
2 commenti
Aggiungi un commentoMi scuso per un'imprecisione nella recensione, il DVD della Paramount ha lo stesso doppiaggio di quello Cecchi Gori (anche nelle scene extra le voci sono quelle dei doppiatori originali).
Abbastanza deludente...anzi senza abbastanza. L'unica cosa bella del film e' l'attrice protagonista, che interpretava anche Caterina in "Vampires" di Jhon Carpenter
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