Ciao Paola, benvenuta su Horror Magazine. Entriamo subito nel vivo parlando di Mani Nude il tuo ultimo romanzo edito da Rizzoli e nelle librerie dal 2 Aprile. Com’ è nato questo nuovo romanzo? Dopo il successo di Bilico hai sentito la pressione di una riconferma?

Diciamo che ho sentito più la necessità di scrivere qualcosa di diverso. Non mi sento una scrittrice “di genere”, anche se le mie tematiche non sono mai molto serene. Il mio interesse principale, l’ho sempre detto, sono le mille sfaccettature dell’animo umano. Per questo ho subito pensato di scrivere un libro su degli esseri umani che vivono “in cattività”, anche se ancora non avevo messo a fuoco che tipo di “cattività” stessi ricercando (in fondo anche L’isola dei famosi è una forma di cattività). Poi, sentendo parlare di incontri clandestini tra cani da combattimento, io che sono un’animalista convinta ho pensato che ci sarebbero stati benissimo i loro padroni, a massacrarsi nel recinto. E così, suggestione dopo suggestione, è nata l’idea di Mani Nude. Il secondo romanzo è sempre cruciale, perché realmente può confermare o distruggere una carriera. Ne ero consapevole e consapevolmente ho operato le mie scelte, di cui non mi pento, tra cui quella di NON scrivere un thriller di stampo classico.

Nell’ultimo periodo stai promuovendo il sito maninude.splinder.com in cui sveli alcuni retroscena del libro (schede dei personaggi, bozze delle copertine, riflessioni varie, ecc), un po’ come una sorta di contenuti speciali ideale appendice su web  del libro. Qual è lo scopo del sito? Perché il sottotitolo è “Una storia di sopravvivenza”?

Il sottotitolo è una frase che può riassumere in sé la vera essenza di Mani Nude. Non desidero che questo romanzo venga interpretato come un Fight Club de noantri. Purtroppo copertina, titolo, bandella suggeriscono solo questo aspetto del libro: i combattimenti clandestini. Ma questa è solo l’ambientazione, non il nucleo del romanzo, che è un percorso di formazione, l’incontro tra due solitudini, un tentativo di risposta alla domanda: “Cos’è la normalità”? Non ho avuto molte occasioni, sinora, per spiegare questo fatto, e così ho creato un blog che andasse dritto al cuore del libro, aggiungendo poi tutti i dettagli “sfiziosi” per un lettore, e quindi i “dietro le quinte”. Lo scopo è semplice: voglio che il mio libro esista, che venga letto. Non necessariamente comprato, va bene anche che lo stesso libro passi di mano in mano, poi se piace il lettore è certo libero di comprarlo, anzi! Ma è importante che non scompaia nella marea di pubblicazioni senza mai aver lasciato un segno. Per questo ho aperto pure un blog dove pubblico le recensioni dei lettori, mancando quasi del tutto recensioni ufficiali…

A questo proposito cosa pensi del bookcrossing?

Che, se fatto bene, può essere molto, molto interessante.

I riferimenti alla lotta e all’anatomia umana sono continui. Hai fatto qualche tipo di ricerca particolare, ti sei documentata in qualche modo per affrontare il romanzo?

In realtà no, ho solo avuto la consulenza di un medico per la precisione dei dettagli anatomici, di quali zone del corpo sono più a rischio e perchè. Nelle mie intenzioni i combattimenti dovevano essere ridotti al minimo, visti solo attraverso gli occhi del protagonista: ne avevo previsti pochi e solo nella prima parte, senza documentarmi, visto che il protagonista era totalmente digiuno di qualsiasi tecnica e forma di violenza. Lungo la stesura però mi è stato richiesto un maggior numero di incontri e ho preferito procedere per intuito e fantasia: è una storia inventata, non un saggio, e soprattutto, lo ripeto, NON E’ un libro sui combattimenti.

In Mani Nude rimangono molto impressi i personaggi.  In particolar modo la figura del protagonista Batiza e del suo mentore Minuto.  Cosa cerchi di far emergere in modo particolare quando scrivi una storia?

Ho sempre cercato di creare “persone”, non “personaggi”. Sono le persone che fanno la storia, non viceversa. Ho letto moltissimi romanzi dalla trama intrigante ma con protagonisti scialbi, senza spessore. Mancando una qualsiasi identificazione mi sono annoiata a morte. Mi piace indagare l’animo umano, e creare protagonisti il più possibile efficaci e coerenti. Soprattutto –e questo accadeva anche in Bilico- non credo nella divisione buoni/cattivi. Il bianco e il nero non esistono, esistono solo sfumature di grigio. E’ la ricerca della sfumatura perfetta che mi intriga.

Paola Barbato vista da Luigi Piccatto
Paola Barbato vista da Luigi Piccatto

Tu scrivi narrativa, sceneggiature per i fumetti e per i serial televisivi. Come ti approcci ai vari media? Ci sono delle storie o un genere, piuttosto che una forma narrativa con la quale vorresti cimentarti e che non hai ancora affrontato?

Sono cose molto diverse, e la più difficile è certamente sceneggiare fumetti. Molti nomi della letteratura, ultimamente, stanno approcciando il medium fumetto e lo fanno, a mio avviso, con eccessiva leggerezza. La tecnica del fumetto è molto complessa, quasi scientifica. Ci ho messo anni per impararla, e ancora oggi certi errori continuo a commetterli. Il soggetto e la sceneggiatura per la fiction sono più semplici, ma subentrano problemi diversi, bisogna scrivere qualcosa che possa essere filtrato sia dalla visione del regista che da quella degli attori, solo una solida struttura base, il telaio. E possibilmente soddisfare il committente. Per il resto mi interessa tutto, probabilmente accetterei di provare almeno una volta a fare qualsiasi cosa. Ultimamente, chissà perché, mi salta in testa la balzana idea di scrivere testi per canzoni. C’è in giro della gran bella musica supportata da testi terrificanti, tanto danno non potrei fare!

Parliamo del processo creativo e delle tecniche narrative. Come nasce un’idea e come la sviluppi? Qual è il tuo metodo di lavoro?

Non ho metodo, sono una scrittrice “di pancia”. Parto da un’idea, che può arrivare da qualsiasi parte, e me la rigiro in testa come una canzone in loop. Spesso penso mentre guido, mentre viaggio. Poi scrivo appunti ovunque, a volte me li detto sulla segreteria del telefonino, perché quando mi arriva in testa una frase o una scena non sono mai adeguatamente preparata (e sì che ho anche un mini-registratorino come “Diane” in “Twin Peaks”). Poi un giorno accendo il pc e mi metto a scrivere. Senza preparazione. A volte assemblo gli appunti, altre vado a memoria. Non scrivo necessariamente in sequenza, “Mani Nude” è stato scritto in maniera schizofrenica, basti pensare che l’inizio l’ho scritto quando ero già a pagina 250!

Hai appena terminato di scrivere una fiction per Sky. Ci puoi spiegare di cosa si tratta e quando riusciremo a vederla?

Dovrebbero iniziare a girare in autunno e verrà trasmessa l’estate prossima. Prendendo spunto da vari fatti recenti legati al satanismo ho provato a raccontare una storia vista dal di dentro, ovvero dal punto di vista di un genitore a cui da un giorno all’altro scompare un figlio. Il percorso, insomma, di una persona del tutto estranea a questo ambiente, impreparata, che passo dopo passo deve prima sfatare i luoghi comuni (e ce ne sono troppi) e poi prendere atto di questa realtà tristemente diffusa, molto più di quanto non se ne parli, cercando di non farsene risucchiare a sua volta.

Uno degli albi di Dylan Dog sceneggiato dalla Barbato
Uno degli albi di Dylan Dog sceneggiato dalla Barbato

Una domanda di rito. Chi è e cosa rappresenta Dylan Dog per Paola Barbato?

Tanto. E’ il mio lavoro, il mio lavoro principale aex equo con la scrittura “libera”. E’ il mio old boy, un personaggio divenuto per l’appunto persona, tanto che mi manca in questi mesi in cui lo frequento poco. E’ il mio punto di partenza (e per questo non smetterò mai di ringraziare Mauro Marcheselli, caporedattore della Sergio Bonelli Editore) e la mia costante lavorativa. Finché non mi licenziano non intendo abbandonarlo.

Progetti futuri?

La sceneggiatura per Sky è quasi terminata, ci sono poi un paio di progetti su cui sto lavorando con due amici nel campo fumettistico, ma in buona sostanza a breve, in concomitanza con la promozione del libro, che mi farà viaggiare un bel po’, riprenderò in mano Dylan Dog, procederò –spero- con la neonata collaborazione con Il Giornale e, quando i tempi saranno maturi, comincerò a pensare al terzo romanzo. Il tutto fattore X permettendo: mia figlia Virginia, di 16 mesi, assorbe davvero l’80% delle mie energie!

Paola Barbato è nata a Milano nel 1971, vive e lavora a Verona. Dal 1997 è sceneggiatrice di Dylan Dog (Sergio Bonelli Editore). Nel 2006 è uscito per Rizzoli Bilico, il suo primo romanzo. Ha scritto per Sky il soggetto di una fiction televisiva di prossima uscita.