Mattia, bassista in una band, non riesce a concludere una canzone che ha iniziato a comporre a quattro mani col tastierista, scomparso misteriosamente. Il brano diventa per lui un’ossessione e, indagando sulla scomparsa dell’amico, nonché sul proseguimento della composizione - che sente inspiegabilmente di poter afferrare fino alla sua conclusione - comincia a riempire i punti oscuri del suo passato di trovatello. Una dark lady lo aiuterà a ricomporre i pezzi del puzzle, riallacciandosi ad avvenimenti chiave della Storia, fino a scoprire una sconcertante verità.
Ci troviamo di fronte dunque a un thriller esoterico/ecclesiastico, che si colloca nel filone modaiolo che va da Follett a Brown, ma che mostra, sin dall’inizio, una spiccata personalità.
La cornice d’incipit è accattivante, la breve parte diaristica e la successiva in terza persona diegetica dimostrano uno sviluppo originale, ben giocato su punti di vista e flashback, e il libro non si lascia riporre.
Il ritmo è incalzante, musicale, in “accordo” con i temi trattati. Lo stile è maturo. Frasi brevi e incisive, evocative. I suggestivi frammenti d’immagine ci sommergono all’improvviso, così come succede alla memoria del protagonista stesso. Il tutto si configura come una moderna ‘quest’, un romanzo di formazione alla ricerca delle proprie origini.
Ma se avete già sbirciato il voto complessivo affibbiato al romanzo, saprete già che non sono tutte rose e fiori. Infatti, il libro è afflitto da un unico, enorme difetto, in grado da solo di minare l'intera fruibilità della storia: l'inserimento in eccesso di informazioni storiche a discapito del naturale scorrimento della narrazione.
Per quanto riguarda la parte storica sui templari, l’autore ha cercato giustamente di lenire l’eccesso d’informazioni attraverso il dialogo, ma il tutto appare comunque forzato. E’ difatti un po’ inverosimile che i due personaggi possano esporci un manuale storico a botta e risposta. Ecco poi che, tutta la parte centrale, riferita alle spiegazioni, diventa un guazzabuglio di cliché del soprannaturale: dalle conoscenze astronomiche dei sumeri agli angeli caduti, dall’Inquisizione ai Templari, dal concepimento di Maria da parte dell’Arcangelo Gabriele a Baphomet, dalle feste cristiane sovrapposte a quelle pagane agli extraterrestri visti come dèi dagli antichi, dalla pietra filosofale agli esperimenti sulla genetica, e poi i vichinghi, Casanova... insomma, più che un romanzo, pare di leggere un saggio di Graham Hancock.
Se tutto questo fosse stato diluito nel corso della storia, avrebbe pesato meno; così, senza un minimo di azione, si rischia di annoiare il lettore, perché ben trenta pagine consecutive di accademia sono davvero troppe, e a risentirne è soprattutto l'equilibrio strutturale dell'intreccio.
Il culmine dell’inverosimiglianza è raggiunto poi dall’impassibilità con cui Mattia accoglie la notizia finale della spiegazione. Mancano brani dedicati alle reazioni emotive, all’interiorità dei personaggi, che rendano più credibili le caratterizzazioni. Da un certo punto in poi tutto comincia a scorrere in modo troppo caotico, dando quasi l’impressione che il processo di revisione sia venuto meno. Anche dal punto di vista stilistico, difatti, spariscono le frasi brevi e incisive della prima parte e subentrano interminabili coordinate, sparatorie di relative e subordinate a non finire.
Quando, però, l’autore torna alla sua storia, all’azione, si dimostra al contrario più sciolto e consapevole. La scrittura si fa di nuovo fluida e affascinante, ma dal punto di vista contenutistico, si ricade nel caos.
Mentre l’autore dimostra di saper padroneggiare i passaggi inerenti la musica e risulta comprensibile al grande pubblico anche mentre approfondisce argomenti ostici come i vari tipi di notazione, quando arriva alla storia e, nel finale, alla fisica, torna a parlare come uno scolaro che ha imparato a memoria la lezione, e il lettore fatica a non perdersi.
Gli argomenti inseriti nel calderone sono troppi. Sfoltirli e centellinando meglio le informazioni storiche avrebbe, a parer mio, reso la narrazione più leggera, scorrevole e naturale.
Fatta eccezione per questi aspetti, in definitiva, ci troviamo di fronte a un testo interessante nel suo complesso. In riferimento alla narrativa fanta-storica, la trama non è originalissima, ma risulta godibile. L’autore dimostra di saper scrivere discretamente, pur non possedendo in pieno determinate tecniche narrative. Con un occhio attento è possibile individuare brani o sfumature stilistiche migliorabili. Ma il margine di limatura è ampio e lascia ben sperare per opere future.
3 commenti
Aggiungi un commentoAnch’io ho trovato carente la parte che cita Irene nella recensione, e non nego che avrei preferito meno botta e risposta e più introspezione.
Ma si tratta di una strategia voluta (o almeno così mi ha convinto Daniele), per mantenere costante il ritmo della narrazione: una scelta che può piacere o meno, c’è poco da fare.
Per il resto, a me è piaciuto parecchio (Melodia, non Daniele). È veloce, pimpante e adrenalinico.
E la cosa che più mi ha catturato è l’enormità della trama, i tanti indizi, le tante informazioni, i tanti misteri… insomma, pura goduria.
È molto curata, anche se forse un filino ambiziosa, ma è talmente complessa da richiedere il bis per essere catturata in pieno.
Bello.
A me lascia perplesso quel:
'L’autore dimostra di saper scrivere discretamente, pur non possedendo in pieno determinate tecniche narrative'...
E' riferito a quanto detto sopra, ovvero il non sapersi giostrare con l'eccesso d'informazioni, la mancanza di equilibrio e brani dedicati alle reazioni emotive, che rendano più credibili le caratterizzazioni. Sono questioni tecniche. Capisco sia difficile entrare nel discorso per un lettore non smaliziato, che non mastica critica. In realtà sono aspetti molto importanti per quanto riguarda il risultato finale di un testo. Ma, come ho detto, sono lacune facilmente recuperabili, viste le buone capacità narrative e le idee dell'autore.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID