In un vecchio cimitero nell’isola di Barbados, nel sud dei Caraibi, c’è una grande tomba di famiglia. All’osservatore ignaro potrebbe sembrare solo un altro monumento funebre, ma questo sepolcro sotterraneo ha una storia particolare. E’ rimasto vuoto per 180 anni e ancora nessuno è riuscito a capire perché.
La storia della cripta (conosciuta come la tomba dei Chase) comincia nel diciottesimo secolo con la sua costruzione nel cimitero di Christ Church, vicino alla cittadina di Oistins, da parte dei Waldrons, una ricca famiglia di piantatori del luogo. Nel luglio del 1807 accolse la sua prima occupante, Thomasina Goddard, che fu sepolta in una bara di legno. L’entrata fu sigillata con una grande lastra di marmo. Dopo circa un anno la proprietà del sepolcro passò ai Chase. Il patriarca, Colonnello Thomas Chase, aveva fama di aguzzino, sia nei confronti degli schiavi che dei propri parenti. Ben presto la cripta fu riaperta per accogliere la piccola Anna Maria Chase, di appena due anni, deposta in una cassa piombata. Appena un mese dopo la sorella maggiore, Dorcas, la seguì in un’identica bara piombata. Qualcuno disse che la prima era deceduta in seguito ai maltrattamenti del padre e la seconda si era tolta la vita perché incapace di superare il lutto e per sottrarsi alle angherie paterne. Thomas Chase raggiunse le figlie il mese successivo, chiuso in una bara di legno. Quando il sepolcro venne aperto per il suo funerale, i presenti arretrarono inorriditi: le casse delle bimbe giacevano in piedi, capovolte, nell’angolo opposto a quello dove erano state messe. Turbati, i becchini sistemarono le bare una accanto all’altra. Si cercarono automaticamente segni di scasso o manomissione, senza risultato alcuno. Fu facile dare la colpa agli schiavi e ai servi della famiglia Chase, maltrattati crudelmente dal colonnello e perciò propensi alla vendetta.
Ma perché sfogarsi sui defunti?
La domanda rimase senza una risposta durante i quattro anni in cui il sepolcro rimase sigillato. Nel 1816 fu riaperto per ospitare un parente della famiglia, Samuel Brewster Ames, un neonato di undici mesi. Ancora una volta i partecipanti alle esequie furono scossi dalla macabra visione delle bare che sembravano essere state sistemate a casaccio all’interno della tomba. Rimesse a posto le cose, la lastra di marmo tornò a sigillare l’entrata. Un mese più tardi si decise di spostare la bara di un altro parente dal cimitero di St. Philips alla tomba di famiglia. Una folla di curiosi si radunò per assistere alla rimozione della lastra di marmo. Videro quello che si aspettavano: le bare erano state spostate con tanta violenza che quella di Thomasina Goddard si era sfasciata. La cassa di Thomas Chase stava ritta contro la parete.
Il reverendo che presiedeva all’inumazione ordinò che si ispezionasse a fondo l’intero sepolcro alla ricerca di crepe sui muri o eventuali passaggi segreti, ma la struttura risultò essere un unico blocco di pietra compatta. I resti della cassa di Thomasina furono accomodati il più decorosamente possibile e posti tra la bara di Samuel e il muro. Le altre bare furono ricollocate ai loro posti e la porta fu sigillata con uno spesso strato di malta.
Nel 1819, quando fu riaperta per seppellire un’altra parente, la tomba dei Chase era ormai diventata una macabra attrazione nazionale, tanto che al funerale si presentò il nuovo governatore delle Barbados, tale Visconte Combermere. Tutti attesero con il fiato sospeso l’apertura della tomba e tutti rabbrividirono quando fu chiaro che il sonno dei suoi occupanti era stato di nuovo disturbato. Ogni centimetro del pavimento fu perlustrato un’altra volta, e così i muri e il soffitto. Niente crepe, niente passaggi segreti, botole o quant’altro. Una stanza di roccia intatta. Stavolta si volle tentare un esperimento e spargere della fine sabbia bianca attorno alle bare sistemate a dovere. Quindi una gran quantità di malta sigillò l’entrata.
Quali forze si divertivano a rimescolare le bare? Che cosa succedeva all’interno del sepolcro quando la porta veniva chiusa e il buio tornava il padrone assoluto? Questi e altri terribili pensieri tormentavano la mente degli abitanti dell’isola che, sebbene spaventati, aspettavano con una sorta di fervore morboso il prossimo funerale. Scosso dalla vicenda, il governatore si attivò concretamente per risolvere l’enigma. Nel 1820 radunò un gruppo di uomini affidabili che comprendeva anche il reverendo Thomas Orderson e i membri ancora in vita della famiglia Chase. La notizia della loro impresa si diffuse rapida e spinse centinaia di persone ad accorrere sul posto.
Dapprima il sepolcro fu controllato esternamente. La struttura era solida come sempre e il sigillo di malta della porta era intatto. Gli uomini lavorarono in silenzio mentre spaccavano il sigillo e aprivano la porta. Un suono stridulo uscì dalla tomba. Agghiacciante fu scoprire che quel rumore era stato prodotto dalla bara di Dorcas Chase che stava appoggiata (in piedi) alla porta stessa. La piccola cassa di Anna Maria stava a ridosso della parete sinistra. Qualcosa l’aveva sbattuta contro di essa con violenza, danneggiandola gravemente. Le altre bare avevano ricevuto, più o meno, lo stesso trattamento. Sulla sabbia che copriva il pavimento non c’erano impronte o tracce che potessero spiegare il fenomeno. Incredulo, il governatore esaminò egli stesso l’interno della cripta. Ordinò che un muratore colpisse il pavimento con un martello per scovare eventuali cavità. Nessuna apertura nascosta. La famiglia Chase aveva visto abbastanza. Il sepolcro fu subito sgombrato e i suoi occupanti sepolti singolarmente in diverse parti del cimitero.
Le spiegazioni sono tante, ma nessuna davvero convincente: infiltrazioni d’acqua che avrebbero allagato la camera e mosso le bare, scosse sismiche, particolari campi magnetici. Ma allora perché le altre cripte del cimitero non hanno mai presentato la stessa vivacità?
Oggi la tomba è vuota e tranquilla. Sta lì, con la sua porta che si affaccia su un mistero che non è mai stato svelato. A guardarne la foto sorge il malsano desiderio di entrare. Ma forse è meglio non metter piede nella dimora passata di feretri inquieti.
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