Forse bisognava aspettarselo da una personalità vulcanica come quella di Gianfranco Manfredi. Sceneggiatore cinematografico e di fumetti, romanziere, attore, cantautore, critico e... che altro? Dimentichiamo sicuramente qualcosa. Quello che non trascuriamo, però, è la cordialità di una persona sempre disponibile e sincera, sia nei confronti dei giovani autori che del pubblico in generale. In esclusiva per Horror Magazine, Manfredi ci introduce, con la sua esperienza, nei più tenebrosi sentieri della paura e nel cuore del suo nuovo romanzo…
In quest’ultimo periodo, sia il cinema sia la Tv stanno offrendo al pubblico una serie di novità incentrare sul genere horror. In Italia, per esempio, oltre a La Terza Madre di Dario Argento e Il Nascondiglio di Pupi Avati, verrà prodotta da SKY Cinema una serie Tv che s’intitola L’ombra di Satana scritta, tra l’altro, da Paola Barbato, sceneggiatrice di Dyland Dog.
Gianfranco, come vedi questa timida apertura del mercato italiano nei confronti dell’horror? Se di timida apertura si tratta…
Sinceramente non vedo nessuna apertura. Argento e Avati sono due autori più che accreditati. Su una serie Tv horror sono piuttosto scettico. Si parla sempre di questo genere di progetti, ma poi tutto si ferma oppure escono cose edulcorate. L’horror richiede temi e stili forti e un continuo rinnovamento. E’ un tipico cinema da indipendenti, e in Italia gli indipendenti non ci sono più.
So che hai in cantiere un nuovo romanzo dalle trame gotiche. Quando uscirà?
L'uscita del libro è prevista per l'inverno del 2008, ma tieni conto che sto ancora scrivendo, dunque la data precisa non c'è ancora.
Puoi svelarci qualcosa in anteprima?
Pensavo, all’inizio, che dovesse trattarsi di un piccolo romanzo, breve e fulminante, ispirato a episodi storici documentati. Poi ho cominciato a lavorarci e ho dilagato. Ne deduco che avevo una gran voglia di tornare al gotico e neppure mi rendevo conto quanto. Il romanzo è così bizzarro che non posso proprio riassumerlo. Posso dire che ho lavorato molto sui personaggi. E’ raro oggi nella narrativa in generale e anche più marcatamente in quella horror trovare dei protagonisti di rilievo. Magari la storia è vivace e ben scritta, con un plot efficace e idee interessanti, però i protagonisti forti mancano. E’ su questo che mi sono concentrato.
Quale magia si nasconde dietro questo tipo di genere letterario?
Una delle caratteristiche dominanti del gotico è che il lettore si chiede costantemente (come i protagonisti) se ciò che accade ha una spiegazione razionale oppure sovrannaturale. Mi piace che il lettore si chieda: ma questo è accaduto davvero o è inventato? Spesso le storie reali sembrano più inventate di quelle fantastiche e quelle fantastiche, quando sono raccontate con realismo, anche le più visionarie, sembrano più autentiche di quelle verificatesi davvero. Muoversi costantemente da un punto di vista all’altro, suscita domande sulla natura stessa della realtà e sulla consistenza dei sogni. Questo fa del gotico una sorta di “romanzo filosofico”.
So che questa opera letteraria ti è costata parecchia fatica a causa delle diverse ricerche storiche che hai dovuto affrontare. Che horror dovremo aspettarci?
Il mio romanzo è ambientato alla fine del '700, quando le concezioni illuministiche, nel momento del loro trionfo, entrano in crisi per l’insorgere di temi oscuri. E’ questo che racconto nel romanzo in riferimento a un tema specifico, quello della malattia. Ho indagato su quella sorta di peste che veniva chiamata all’epoca “consunzione” e che ha molte analogie con malattie tipicamente moderne come la depressione, l’aids e l’anoressia. E’ difficile trattare questi temi perché ci inquietano profondamente. Ma un horror deve occuparsi di paura, se no è meglio scrivere qualcos’altro.
Ho letto, in alcune interviste che hai rilasciato, che non tutti i tuoi vecchi editori erano convinti di pubblicarti opere di genere horror. Come ti trovi con i tipi della Gargoyle Books? Oggi ti senti più libero rispetto a trent’anni fa?
No, continuo a trovare resistenze quando propongo un horror. C’è una sorta di radicata convinzione secondo cui i romanzieri italiani non ne sarebbero capaci. Che il gotico in particolare sia un genere troppo tipicamente anglosassone per poterlo fare nostro. Con la Gargoyle, che è specializzata, trovo campo libero, ma è una cosa rara. Oggi gli editori sono intrappolati in un’idea asfittica di marketing. Spesso mi dicono: oggi funziona questo genere di romanzi, tu sei in grado di scrivere di tutto, perché non fai un bel romanzo del genere che va adesso? Il punto è che l’adesso di cui parlano, domani è già finito, e nessuno scrittore che si rispetti lavora “sull’onda”, ma cercando invece di distinguersi per qualcosa di diverso e se possibile di inedito. Se devo scrivere una cosa che esiste già, allora preferisco leggerla.
Riguardo ai libri dell’orrore, trovi un sostanziale cambiamento nel mercato editoriale italiano?
Ho risposto sopra. Aggiungo che l’unica vera novità è accaduta nel campo del giallo italiano, ma ormai ne escono troppi. Spesso, parlando con tizio o caio delle più diverse professioni, mi sento dire, con malcelato orgoglio: sto scrivendo un giallo. Ma che due coglioni!
Immagina di ricevere una telefonata da un noto produttore che ti chiedesse di scegliere un regista per il tuo nuovo romanzo. Quale nome faresti? E perché?
Di solito sono i registi a scegliere i romanzi. Comunque, mi capitasse pure un regista geniale come Tim Burton, del mio romanzo farebbe una cosa tutta sua, come fece Kubrick con Shining di Stephen King. Ho trovato patetico che dopo un capolavoro del genere, King abbia avuto la sfrontataggine di rifarlo per la televisione, col risultato di proporre una cosa molto modesta. Anche Robert Bloch aveva criticato Hitchcock per la sua trasposizione cinematografica di Psycho. Non era d’accordo sulla scelta di Anthony Perkins come protagonista! Gli scrittori sono incontentabili, ma spesso non hanno la più pallida idea di cosa sia il cinema.
Toglici una curiosità: quando scrivi su tematiche di genere horror, la notte riesci a dormire o… fai brutti incontri?
Molti miei romanzi come, per esempio Cromantica, che verrà ristampato da Marco Tropea Editore a febbraio, sono nati da miei sogni. Dunque il rapporto è inverso: prima sogno, poi scrivo. Molti credono che gli scrittori o i registi horror siano nella vita persone angosciate e persino morbose. Niente di più lontano dalla realtà. Chi lavora con gli incubi (e ha una certa famigliarità con l’inconscio) è in genere una persona serena, gradevole, ironica. Al contrario ho conosciuto scrittori che seducono i lettori con i buoni sentimenti, con la retorica, con protagonisti positivi, e che sono umanamente delle merde: invidiosi, permalosi, egocentrici, avari, il peggio che si possa pensare. Non so cosa sognino loro, magari le pecorelle che saltano lo steccato e in sogno si divertono a sparargli. Però poi non hanno le palle per scriverlo.
Da ormai due anni sostieni un corso di sceneggiatura sul tuo sito. Hai mai ricevuto soggetti di genere horror degni di nota? A tuo modo di vedere, l’Italia vanta qualche giovane talento?
Ne ricevo molti di soggetti. Uno su dieci è interessante, ma quasi sempre si tratta di cose “fuori genere” e che dunque faticano a trovare una collocazione. Il problema dell’attuale produzione standardizzata è che frena proprio i talenti, cioè quelli che inventano. E asseconda invece scribacchini che si sono abbeverati ai manuali di Syd Field, quello che prescrive che a pagina dieci di una sceneggiatura dev’esserci una scena forte. Seguendo indicazioni di questo tipo, i film escono tutti uguali.
Come forse saprai, la Hammer Production è risorta e già operativa, soprattutto in internet. Molti giovani autori, produttori e registi, hanno provato, tramite il web, ad autoprodursi. Alcuni ce l’hanno fatta, altri no. Secondo te, internet potrà dare nuove chance alle giovani leve e al mercato dell’audiovisivo?
Le dà già, anche se io penso che al momento solo un cinema “classico”, magari con una troupe ridotta, ma comunque una vera troupe, sia in grado di operare scelte estetiche efficaci. Ultimamente c’è stata una vera fioritura di horror stimolanti, dopo anni di bassa e di idee ripetitive e fiacche. Cito i primi che mi vengono in mente: Isolation, Black Sheep, il remake di Willard, Wolf Creek, Devil’s Reject, The Backwoods, The Call of Cthulhu, Bloodrayne e un grosso film come 28 weeks later… potrei continuare a lungo (e non ho citato gli orientali). Grande varietà di stili, ottima scelta di luoghi e attori, prospettive aperte. Questi film non si possono fare col telefonino. Ma, tranne sporadiche eccezioni, nemmeno con le major. I progetti creativi devono essere realizzati da e con persone che ci credono e con finanziatori che non debbano rispondere a una marea di azionisti (in genere maschi e dell’età media di cinquant’anni). Il medium fondamentale sono le persone, il loro lavoro di gruppo, l’affiatamento che si crea su un progetto. Questo ce lo stiamo dimenticando. Molti si sono convinti che sia la tecnologia a fare i film. Ma nulla può sostituire il lavoro di bottega, in senso artigiano. L’autoproduzione è sicuramente una garanzia, sempre che sappia comunque essere una produzione. Autoprodursi non vuol dire fare a meno della produzione. Un film è sempre un’operazione complessa e costosa. Il fatto che qualcuno accetti di lavorare gratis per consentire la realizzazione di un progetto, non significa affatto che i costi non ci siano, ma solo che non si viene pagati. Senza soldi però non si va avanti.
E ora una domanda classica: cosa c’è nel tuo futuro oltre ai fumetti? Libri, cinema… serie Tv?
C’è che vorrei prendermi delle vacanze e viaggiare di più.
Grazie Gianfranco a nome di tutto lo staff di Horror Magazine.
Grazie a voi.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID