Una mummia etrusca, uno scienziato pazzo e un mostro marino. Questi i protagonisti degli episodi che compongono I tre volti del terrore, il nuovo horror di Sergio Stivaletti, dal 20 agosto al cinema. Il mago degli effetti speciali torna alla regia sette anni dopo l’esordio della Maschera di cera. Durante un viaggio in treno, tre amici incontrano il misterioso professor Price che, grazie a una sfera cyberipnotica, può trasformare in realtà sensazioni, sogni e ricordi di chi la guarda, dando il via a terrificanti viaggi nel subconscio.
«Abbiamo scritto queste storie per rendere omaggio ai vecchi horror a basso costo girati negli anni Sessanta e Settanta, in Italia da registi artigiani come Mario Bava e Lucio Fulci, e all’estero da Terence Fisher per la Hammer Film, casa di produzione nota per il continuo utilizzo delle stesse scenografie e degli stessi attori, tra cui Cristopher Lee e Peter Cushing. La sensazione è che il pubblico di oggi senta la mancanza di film del genere, dove gli effetti speciali si incontrano a metà strada con la suspense, anziché monopolizzare la scena» spiega Antonio Tentori, cosceneggiatore del film con Stivaletti e già collaboratore di Fulci e D’Amato. «In ogni episodio recuperiamo un vecchio archetipo dell’horror e lo rielaboriamo in chiave moderna, magari con un pizzico di humour, come nel caso dello scienziato pazzo, Dr Lifting, che illustra quali terribili risultati possano avere le operazioni di chirurgia plastica.»
Per Stivaletti almeno due di questi racconti rappresentano un ritorno alle origini. «Gli episodi della mummia e del mostro marino sono stati girati in luoghi della mia infanzia e traggono spunto da leggende che sentivo da ragazzino» confessa il regista. «Il primo, L’anello della luna, dedicato agli etruschi, mia grande passione, si rifà alle storie di lupi mannari che si raccontano da quelle parti, a Vetralla, in provincia di Viterbo. Due amici compiono un furto in una tomba subendo poi la vendetta della mummia che la custodiva. Il secondo, Il guardiano del lago, è stato girato al lago di Vico, dove andavo spesso da bambino e dove nel 1970 Monicelli ha girato l’inizio di Brancaleone alle crociate. La gita di tre ragazzi si trasforma in un incubo spaventoso, a causa del mostro che infesta le acque del lago.»
Ma perché proprio un film a episodi?
«Volevamo fare qualcosa di semplice, che fosse alla nostra portata anche per un’eventuale autoproduzione. Subito avevo pensato a una compilation di corti, anche per la mole di soggetti scritti con Tentori, poi ho preferito fare un film vero e proprio, utilizzando il fil rouge del viaggio in treno e, nel finale, una chiave di lettura metafisica per tenere insieme le tre storie scelte.»
Gli effetti speciali?
«Ovviamente non possono essere gli stessi di quarant’anni fa, vista la diversità dei mezzi a disposizione. Abbiamo però cercato di lavorare il meno possibile al computer, privilegiando il make up e le soluzioni più tradizionali. Non a caso per il ruolo di Price abbiamo scelto John Philip Law, protagonista di classici come Diabolik e Barbarella. Ci è piaciuto farlo e speriamo che al pubblico piaccia vederlo. Poi se qualcuno farà un balzo sulla poltrona, tanto meglio.»
(Intervista apparsa su Il Secolo XIX del 20/08/2004 - Marco Vallarino)
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