Ecco il capitolo finale della trilogia horror firmata Chiara Palazzolo (nelle librerie dal 13 marzo), storia di Mirta, giovane umbra che ritorna con rabbia dalla morte e, in concomitanza con il suo primo e cannibale assassinio, ribattezza se stessa ''Luna''. La protagonista rimane, per certi versi, una ragazza con le illusioni, le insicurezze e i mille dubbi dei viventi, ancora alla ricerca dell'amore eterno, ma diventa anche una spietata killer, talmente efferata durante la caccia, che non tarda a scandalizzare gli stessi sopramorti, coloro che come lei sono deceduti anzitempo e, usciti dal sepolcro, da secoli segretamente si sono mescolati alla gente comune, spesso e volentieri per cibarsi di essa.
Dopo il sorprendente Non mi uccidere, ambientato nei boschi umbri del Subasio, in cui assistiamo alla drammatica resurrezione di Mirta e al suo tentativo di capire cosa sia diventata, e dopo il secondo libro, Strappami il cuore, in cui Mirta-Luna entra nell'oscura comunità dei sopramorti, questo è in effetti il libro più complesso (come ci preannunciava la stessa autrice qualche settimana fa, vedi /notizie/2465/), una storia in molti momenti estremamente crudele.
Fra numerosi personaggi di cui, a volte, non possiamo dire se fidarci o meno ― e possiamo fidarci della stessa Luna che parla in prima persona? ―, fra viaggi che portano la protagonista su e giù per la penisola e sottili giochi di potere, Luna dovrà affrontare numerosi pericoli ma anche scioccanti rivelazioni che riguardano il suo passato.
In questa nuova storia, è passato del tempo dalla notte in cui Mirta, con la sua ira, ha letteralmente fatto esplodere la tomba in cui era stata rinchiusa e pianta. Dopo essere rimasta inutilmente a vedetta della lapide del suo Robin, e dopo aver scoperto che da qualche parte anche lui è ''tornato'' (ma ora è una persona troppo lontana, troppo differente da come l'aveva conosciuto), a distanza di anni tutto sembra ormai un vago sogno mentre la passione nei confronti della sopramorta Sara si rinforza ogni giorno di più.
Nel prologo assistiamo all'incontro fra il giovane Francesco e la benandante Fabula, costretta a una sedia a rotelle dopo uno scontro con i sopramorti, dieci anni prima. Primo ragazzo di Mirta, Francesco è stato invitato a far parte dell’organizzazione e ha prontamente accettato, attratto da un po' ingenuo gusto per il mistero (''un indagatore dell'incubo, come Dylan Dog!'') e dalla possibilità di guadagno. Di certo, anche dalla possibilità di riuscire a ritrovare Mirta, di cui è ancora segretamente innamorato e Fabula se ne accorge subito. Ma anche la benandante cela un segreto: riuscire a rintracciare Robin, che proprio lei aveva arruolato tempo prima e a cui la legava un rapporto non solo professionale.
Dopo queste prime rivelazioni su Robin (diverse altre ne seguiranno...) ci spostiamo in Svizzera per ''ricollegarci'' direttamente con i pensieri di Luna, che negli ultimi tempi ha ampliato le conoscenze nella comunità dei sopramorti: la svagata contessa Marianna, il boscaiolo Nicholas, una strega di nome Cecilia, la perfida Lady Tattoo.
È una Luna apparentemente più sicura di sé quella che ritroviamo in Ti porterò nel sangue, con un volto cambiato, reso più affusolato e aggressivo dalla chirurgia plastica (è accaduto nel secondo romanzo), irrobustita dalle arti marziali, guerriera scelta dell'esercito di Gottfried, il condottiero risorto sul campo di battaglia, coordinatore delle operazioni contro l'altrettanto antico Ordine dei benandanti, gli acchiappamostri della situazione, i vivi che non tollerano il ritorno di chi è stato sepolto. Nel contempo è sempre la Luna che conosciamo, fragile ma indomabile, bugiarda ma anche, a volte, sincera fino all'eccesso, pronta a scivolare via non appena tentano di metterla al guinzaglio.
Tra cavalieri teutonici dallo sguardo di ghiaccio, gemelli appassionati di combattimenti, artisti e nuovi personaggi come il sopramorto dall'oscuro passato Gatto Machesi ("GM", con il quale Luna instaurerà un rapporto molto speciale), la protagonista si adatta, in un modo tutto personale, a volte un po' dispettoso, a un mondo nascosto e fatto di covi segreti, di tradimenti, di continui spostamenti e di combattimenti.
Numerosi i segreti svelati in questo capitolo finale, a partire dalla natura stessa dei sopramorti. Si rifarà vivo (be', per modo di dire) Robin: Luna capirà molte cose sul suo conto, e tornerà prepotentemente alla ribalta anche Paco, il ragazzone che assomiglia ad Antonio Banderas e che insieme ai due innamorati formava, un tempo, un trio tossico, pericoloso e felice. E ora, dopo che la morte li ha fatti reincontrare?
Con lo stile innovativo e il ritmo incalzante che ha contraddistinto i primi due romanzi, seguiamo come una telecamera le mille azioni della protagonista, la guardiamo spostarsi di qua e di là, rapida come una scheggia, e ascoltiamo le sue riflessioni che sembrano in alcuni tratti il testo di un canto dark, affascinati dal fatto che la piccola peste potrebbe essere pronta a cambiare idea in qualsiasi momento, su qualsiasi cosa e in un battito di ciglia.
Un'eroina moderna, Luna: bella, annoiata da tutto e da tutti, egoista e assassina ma anche intelligente e romantica; una con una marcia in più di tutti gli altri, vivi o morti che siano, e spesso solo in parte consapevole della propria straordinaria forza. Quando, puntualmente, in lei ritorna quella noia che l'aveva accompagnata in vita, come è in lei nella morte, la voglia di trovare qualcosa che però forse non ha ancora un nome, eccola cercare sollievo nelle emozioni estreme, come il dolore e l'assassinio, ed è questo il personaggio complicato e straordinario che diventa irresistibile (con buona pace di chi continua a pretendere la netta distinzione bene-male, l'evidente incarnazione dei due elementi pronti a scontrarsi nella solita ''eterna battaglia''). Tutto questo, fino al finale mozzafiato, in cui Luna dovrà compiere una scelta e affrontare la prova più dura da che ha avuto la forza di togliersi di dosso quella pietra tombale così simile a una coperta pesante.
Nel complesso, una trilogia assolutamente imperdibile che, dopo l'acquisto della R&G Produzioni, speriamo potremo davvero vedere presto nei cinema. In attesa, ovviamente, di sapere quali saranno i progetti letterari futuri di Chiara Palazzolo.
9 commenti
Aggiungi un commentoE' inutile criticare o paragonare una scrittrice ad altre, ogniuna ha il suo stile, e quello dalla palazzolo è unico, che piaccia o no. Come se poi la Meyer scrivesse capolavori letterari. Se non hai capito un tubo del libro, il problema è tuo, lascialo godere a chi è capace di farlo.
Hai ragione, Holly, però dobbiamo dircela tutta: la trilogia della Palazzolo è letterariamente "alta", è quindi non sempre fruibile da parte del lettore più sprovveduto. E' il destino dei "veri" romanzi quello di essere fraintesi, paradossalmente, per eccesso di lettori: vanno in mano a tutti, ma vengono compresi solo dai lettori forti... basta pensare al Nome della rosa di Eco, uno splendido esempio di gotico "alto". Beh, la maggior parte dei lettori abbandonò il libro a metà, perché, come dici tu per la palazzolo, non ci capiva un tubo.
Ho letto tutti e tre i libri, il primo è bellissimo, il secondo insomma, ma il terzo non vale neanche mezzo centesimo, lo stile è cambiato, e si cerca di accalappiare le bimbeminchia!
Non si capisce perché mai la Palazzolo dovrebbe aver cambiato stile visto che ha scritto, come ha sempre dichiarato in tutte le interviste, la trilogia tutta di seguito, tra il 2002 e il 2004.. Insomma, l'ha conclusa ben prima di iniziare a pubblicarla, proprio per non essere influenzata dal giudizio dei lettori.
E a quell'epoca le bimbeminkia non esistevano proprio.
Io credo abbia fatto opera di revisione ( e commercializzazione ) strada facendo.
Perchè non è possibile che tutte le splendide trovate oniriche e Linchane, siano andate a farsi benedire come d'incanto, mentre i riferimenti a Tarantino si siano fatti col tempo sempre più evidenti e pop.
Mi viene in mente la misteriosa scena della strage del primo capitolo, malamente e frettolosamente spiegata nei capitoli seguenti.
Certo, potrebbe anche darsi che il suo intento originale fosse questo e che il primo fosse un'opera autoconclusiva realizzata nella speranza di vendere abbastanza, per potersi permettere di completare la trilogia, certo che in questo caso la mia stima per la Palazzolo autrice scenderebbe di un ulteriore gradino!
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