"Che cos’è un fantasma?
Un evento terribile condannato a ripetersi all’infinito
Forse solo un istante di dolore
Qualcosa di morto che sembra ancora vivo
Un sentimento sospeso nel tempo
Come una fotografia sfocata
Come un insetto intrappolato nell’ambra"
Sangue, lacrime, acqua, un feto immerso in un liquido che sembra ambra… Con queste parole e queste immagini si apre il film di Guillermo del Toro, diretto nel 2001 e uscito nei cinema italiani solo ora. Un film fantasma per troppo tempo, apparso prima in quasi tutto il mondo e da noi dimenticato.
Eccone la sinossi:
Spagna, 1939, nel pieno della guerra civile spagnola. La storia si svolge in un orfanotrofio situato nel mezzo della campagna iberica: brulla, desolata, arsa dal sole, lontana da tutto, praticamente in pieno deserto. Ma questo povero luogo non è poi così distante dalla guerra, dalle persecuzioni e dalla follia. Ne è prova una bomba inesplosa che giace nel cortile dell’edificio, ormai disattivata. Sembra un ottimo rifugio per tanti bambini, quasi tutti figli di membri della resistenza, ma i loro tutori si accorgono ben presto che nemmeno questo luogo è più tanto sicuro. Le fucilazioni sembrano attenderli fuori dalla porta. Nel frattempo Carlos, appena accolto fra gli orfani, comincia a conoscere il significato della guerra ed entra in contatto con un fantasma che si aggira nella scuola. Questa presenza sembra venire ignorata dagli adulti, mentre i bambini ci convivono e la temono. Il fantasma è apparso subito dopo la caduta dal cielo della bomba, in contemporanea con la scomparsa dall’orfanotrofio del piccolo Santi. Carlos si trova improvvisamente gettato nella realtà più dura — quella della guerra — e nel mondo del soprannaturale, che si manifesta concreto e vero persino alla luce del giorno. Questi due mondi si compenetrano, portando alla scoperta finale della verità.
Un film che riappare dopo anni, all’improvviso, come un ectoplasma…e che parla di fantasmi. Se poi si considera che è scritto e diretto da uno dei più promettenti registi del panorama horror e fantastico di questi anni, il punto di partenza è incoraggiante. Guillermo del Toro si è ultimamente fatto conoscere con film potenti come Blade II e Hellboy, successivi a La spina del Diavolo, quest'ultimo girato in Spagna e lontano dalle produzioni americane.
Il film si presenta come un horror, ma non rientra pienamente o solamente in questo genere. Le definizioni possono essere diverse, tutte abusate e riduttive: un film fantastico, una storia di formazione giovanile, una vicenda drammatica. Quest’opera è tutto ciò, ma le letture possono essere diverse.
Una lettura può essere questa: La Spina del Diavolo è un film sui cinque elementi.
Il primo elemento è quello dell’acqua, come suggerito dalle immagini iniziali. L’acqua e in generale i liquidi hanno un ruolo fondamentale nella storia. In un liquido del colore dell’ambra sono immersi i feti nello studio del dottor Casares, un liquido che sembra avere poteri medicamentosi, forse attribuiti solo dalla credenza popolare. Il fantasma al centro della vicenda sembra muoversi costantemente immerso in un liquido, con il sangue che si perde verso l’alto.
Il secondo elemento è quello della terra. La fotografia terrea e densa rende perfettamente l’isolamento dell’orfanotrofio nel deserto spagnolo. Nonostante la presenza dell’acqua, il film esprime tutta la concretezza e l’aridità della terra, della polvere.
Il terzo elemento è l’aria. Dal cielo cade la bomba, che giace come un’icona moderna al centro del cortile.
Il quarto elemento è il fuoco. Ne è emblema ancora la bomba, che sembra spenta e muta, ma che conserva segretamente il proprio cuore di fuoco. Il film si apre con l’acqua, passa poi attraverso il fuoco, elemento fondamentale nella storia, e si conclude nuovamente nell’acqua.
Il film appare così come una storia globale, dove la ricorrenza ciclica degli elementi richiama il ciclo della vita e della morte. Ma del Toro riesce a creare un quinto elemento, che è quello spirituale e soprannaturale. Il fantasma entra lentamente in contatto con il mondo dei vivi e il mondo invisibile si fonde con quello visibile, creando una dimensione propria, dove il fantasma e l’uomo convivono e agiscono assieme. In questo mondo trova una propria validità la credenza popolare, rappresentata dalla superstizione che da il titolo al film. Nella cultura spagnola, con il termine la spina del diavolo si indica una malformazione che colpisce i bambini alla nascita, che altro non è che la spina bifida. L’elemento soprannaturale è raffigurato anche nella bomba, non solo icona ma vero e proprio elemento sacrale, quasi una santa del Moderno, alla quale i bambini si rivolgono, con la quale parlano e alla quale sottopongono domande e preghiere. Il film che del Toro è riuscito a creare è così un film sul mondo, sul confine labile fra visibile e invisibile. In questo mondo si dibatte l’amore, in tutte le sue forme, che sono tutte espresse: quello poetico, quello platonico, quello disinteressato, quello interessato, quello fisico e brutale. E in ultima analisi è un universo dove predomina la lotta e la violenza, la battaglia del più piccolo contro il più grande e più forte, riassunta magistralmente dall’immagine degli uomini delle caverne che abbattono un mammuth con lance di legno. E i bambini dell’orfanotrofio sono come uomini che stanno uscendo dalle loro caverne.
La spina del Diavolo si presenta così come l’opera di un Autore, ben scritta e perfettamente realizzata. La sceneggiatura è perfetta e completa. Ottima la fotografia e la resa visiva. Una nota di merito va alla raffigurazione del fantasma, fra le più angoscianti e meglio realizzate degli ultimi anni. I fantasmi di del Toro sono lontani anni luce dalle figure spettrali alle quali ci ha abituato in questi ultimi anni certo cinema orientale. Qui più che la paura e il salto sulla poltrona, domina l’angoscia e l’ansia data da una presenza che viene da un’altra dimensione, ma che si sa reale e sempre presente. La bravura di Del Toro è quella di suggerire, come già detto, la costante presenza del soprannaturale anche quando la camera del regista non lo mostra. E proprio qui si vede talento del regista messicano, che ha attinto per dare veridicità alla storia a episodi della propria infanzia.
Una menzione particolare va agli attori, sia bambini che adulti, tutti in parte. Su tutti svetta Federico Luppi, attore argentino che sa donare al suo personaggio un tono poetico e tragico.
La spina del diavolo si collega direttamente a uno dei primi film del regista, Cronos, bellissima storia interpretata sempre da Luppi, che propone una rivisitazione del mito del Vampiro. E i prodotti della sfrenata fantasia di Del Toro fanno ben sperare per il suo ultimo film, El Labirinto del Fauno, atteso con trepidazione. E questa volta, si spera in un'attesa più breve.
15 commenti
Aggiungi un commentoMi accodo a chi ha trovato questo film superiore a "Il labirinto del fauno". Davvero ben fatto, poetico. Quoto in pieno la recensione. Originale la rilettura attraverso gli elementi naturali, e sottoscrivo la bellezza delle immagini dei fantasmi di Del Toro, non c'è davvero paragone con quelle dei recenti film asiatici.
Una grandissima cagata...Horror questo? Ma forse qualcuno non ne ha mai visto di film Horror. Sembra il libro cuore questo film. Da evitare!!!!!
Forse sei tu che devi ampliare il tuo orizzonte "horror". Forse il fatto che non vi sia sangue a catinelle ha deluso le tue aspettative, eppure in giro si può vedere e spaventarsi con horror di classe anche senza questo elemento. Provaci qualche volta...
Stima.
raddoppio la stima...
Ma poi stiamo parlando del sommo Del Toro, ecchecavolo.....
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