Emanuele Palmieri è il giovane autore di Laurent, un avvincente horror ambientato a Roma. Protagonista del romanzo è un vampiro francese arrivato ai giorni nostri ai tempi delle crociate: il non-morto ha superato indenne periodi storici oscuri, rivoluzioni e guerre mondiali, ma stavolta deve affrontare un antico nemico assetato di vendetta.
Palmieri ha disegnato un accattivante affresco fatto di complotti, riti malvagi cacce implacabili.
Horror Magazine ha intervistato l'autore per voi.
Dicci “chi è” Emanuele Palmieri. Dove è nato, cosa ha studiato, dove vive, cosa fa oltre che scrivere
E.P. è un sognatore col vizio di creare, è nato a Roma e forse per seguire il gabbiano Jonathan, ha studiato per diventare perito aeronautico. Precipitato violentemente scoprendo che il mondo aeronautico non faceva per lui e attratto dalla lettura dell’Ulisse di Joyce e dalle implicazioni che questi aveva con la nascita della psicanalisi, ha deciso di frequentare l’Università fino al 4° anno nella facoltà di Psicologia.
Chiuso come il suo personaggio in una bara per qualche anno si dedica ora a tutte le attività creative che nel frattempo ha imparato, la scrittura, la musica, il cinema e la grafica.
Quali sono state le tue prime letture, quelle formative per intenderci?
Il primo libro letto tutto d’un fiato per il piacere di farlo, fu “Storie della storia del mondo” una versione romanzata per bambini dell’Iliade. Di lì, affascinato dal mondo classico ho letto una serie di libri di storia e mitologia, oltre ai quali una parentesi importante è rappresentata dai romanzi di Leonardo Sciascia.
Quali sono i tuoi hobby, il passatempo preferito, cosa ti piace leggere? E quali sono i tuoi autori preferiti?
Togliendo le altre attività che considero più una passione professionale che un hobby, mi diverto a fare fotografie.
I miei autori preferiti sono ovviamente legati al mondo gotico e sono Jeanne Kalogridis, Laurell Hamilton e Simon Clark.
Quando hai scoperto (e/o come) che avevi qualcosa da dire, che sentivi la necessità di scrivere?
Fin da bambino mi divertivo a scrivere piccoli racconti e favole tra cui ora sorridendo mi ricordo di “La nuvoletta che divenne pompiere”. Se si riesce ad imporsi una certa autodisciplina la scrittura è uno dei mezzi più efficaci per poter esprimere il proprio pensiero in libertà. Mi riferisco all’autodisciplina poiché da buon filo-illuminista ritengo che bisogna sempre porsi un freno di buon senso, di diplomazia e di eufemismi. Oltretutto se non si usa questa tecnica si rischia di essere etichettati in un qualche senso e da quel momento non si è più liberi di esprimere il proprio pensiero poiché molti potrebbero essere presi più dall’etichetta che dal messaggio.
Hai frequentato corsi di scrittura?
No, ma ho letto molto (questo si era già capito credo).
Come scrittore, come organizzi la tua giornata lavorativa? Hai un luogo dove preferisci scrivere, un rituale? Usi il pc?
La mia giornata lavorativa è quello che più rappresenta la discontinuità e il disordine. Io lavoro molto sul personaggio, cercando di capire chi è come vede il mondo e cosa pensa di ciò che gli accade, lasciando anche spazio a delle piccole incoerenze, dei piccoli tradimenti personali, proprio come accade a tutti noi. Quasi tutto ciò di cui scrivo è frutto di una osservazione diretta, di uno studio: ho visto personalmente i vicoli di Avignone dove Laurent insegue il pellegrino, ho dondolato sull’altalena appesa alla quercia e naturalmente conosco la mia amata Roma. Per tirare i fili del discorso il grande lavoro avviene fuori, cercando di immagazzinare in testa i miei “Flussi di coscienza narrativa” (tanto per parafrasare il già citato Joyce) e poi davanti al pc (strumento indispensabile) cerco di dare al tutto una vista d’insieme coerente.
Per il tuo primo romanzo, Laurent appunto, hai avuto difficoltà a trovare un editore, quanto no hai ricevuto?
Come ho scritto nei ringraziamenti devo tutto alla mia dolce metà, che ha tirato fuori il libro dal cassetto e ha trovato il numero di telefono di un editore. Dopo una decina di giorni ero a firmare il contratto e via…
Molti lettori di horror (fantascienza e fantasy) hanno scritto romanzi o vorrebbero farlo. Che consiglio puoi dare in merito?
Non aspettate che vostra moglie o vostro marito tirino fuori il libro dal cassetto: Fatelo voi! Dal momento in cui ho creduto veramente in me stesso e nei miei personaggi ho raccolto molte soddisfazioni, sia derivanti dall’approvazione, sia da miglioramenti giunti a seguito di critiche più o meno aspre. «Rivelatevi! rivelatevi, ovunque voi siate» e via con un'altra citazione.
Perchè hai scelto un vampiro come protagonista del romanzo, quali altri romanzi del genere ti hanno dato lo spunto.
La mia passione per la storia mi ha portato a preferire personaggi che vivessero oltre le umane possibilità e che fossero in grado di poter giudicare più epoche storiche e più situazioni. In effetti, anche se (come in questa intervista) nel romanzo piovono citazioni da ogni parte, non c’è stato un vero e proprio romanzo che mi sia stato di ispirazione, poiché in realtà sono partito costruendo un personaggio che avesse dei tratti principali strutturati sui miei dissensi nei confronti degli altri vampiri che “conoscevo”.
Da quanto scrivi in merito alla vita di Laurent a Roma, ci sembra di notare un tuo grande amore verso la tua città, è così?
Assolutamente. Ho sempre visto come un grande privilegio il fatto di essere nato nella mia città.
In un momento che vengono pubblicati romanzi di vampiri che possiamo definire “gentili”, come quelli descritti dalla Yarbro e da Anna Rice, il tuo e’ cattivo e sanguinario, non ti sembra di andare controcorrente?
Non credo che il sangue bevuto da Lestat sia stato fatto in laboratorio. Scherzi a parte se ci pensi Laurent semplicemente vive per quello che è e se proprio vogliamo dargli un difetto è quello di essere un sadico, ma gli allevatori che chiudono i maiali in piccole gabbie dove non possono neanche girarsi o quelli che tengono le vacche sollevate da terra per non far indurire la carne delle zampe lo sono meno? Vegetariani a parte, tutti noi partecipiamo alla sistematica e fredda uccisione premeditata di altri animali a fini di sostentamento, perché Laurent non dovrebbe farlo? In realtà ho seguito solo la corrente del fiume di idee di Laurent senza preoccuparmi che questa fosse in tendenza o controtendenza rispetto a quella degli altri “immortali”.
Nel romanzo c’e’ un lungo periodo di vuoto nella vita di Laurent (è rimasto imprigionato in una bara per molti secoli), non ti sembra di esserti tagliato un poco la possibilità di narrarci altre avventure con questo protagonista?
Lui non ricorda cosa sia avvenuto realmente in quel periodo e anche quando riacquista la memoria non ci dice tutto, ma solo ciò che serve ai fini di questa sua storia. Ho lasciato un finale aperto a tutte le alternative possibili.
Ora che hai rotto il ghiaccio e c’e’ un bel volume con il tuo nome stampato, cosa pensi di fare? Hai altri lavori nel cassetto?
Tanti. Penso che ora pian piano, uno ad uno li tirerò fuori li rimetterò in sesto e tenterò di avere altri volumi stampati. Una raccomandazione: se qualcuno ritiene Laurent cattivo e sanguinario, non legga la storia della sua figlioccia Lucrezia, lei è una vera furia.
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