- Ma va in mona! Un’altra di nuova, il gobbetto… - dice uno con la sigaretta in bocca e le mani in tasca.
- Un mio amico mi ha detto che molte signore bene della valle l’hanno provato il gobbetto da 36, e ne sono rimaste soddisfatte!
Tutti ridono, prima piano e poi sempre più forte, contagiandosi l’un l’altro. Non sono più risate ma lamenti continui che arrivano da un posto chiuso del loro petto, di quand’erano bambini, e questa cosa esce con tutta la forza che avevano allora. Dalle bocche spalancate risaltano i canini troppo lunghi e bianchi.
Poi smettono di ridere e si voltano tutti verso la baita che ha la porta e i balconi chiusi.
La luce. Non deve entrare la luce. Assolutamente. La luce non deve entrare, la luce…
Si avviano lentamente lungo la salita. Hanno appena cominciato il loro nuovo lavoro ma sono così stanchi. La maledetta luce brucia sul dorso delle mani e sulla fronte, non vedono l’ora d’entrare al buio, Mister Smith li sta aspettando.
4 commenti
Aggiungi un commentoBello, anizi bellissimo. E' talmente coinvolgente, che mi sento quasi un personaggio del racconto.Bravo Toni, continua così...!!
Visto che un giudizio sul tuo racconto non l'ho ancora espresso in privato, cosa ne penso non te lo dico nemmeno ora, in pubblico (però me lo sono segnato sull'agenda: "Scrivere Antonio G.B.".)
Ti posso anticipare solo una cosa: stile nitido e lineare, alla Bortoluzzi. Mauro
A me è piaciuta più la prima parte che l'ultima. A partire dal punto in cui viene rivelata la vera natura di "Smith", mi sembra che lo stile si abbassi un po', che saltino fuori un po' troppi cliché.
Comunque è una storia scorrevole e, nel complesso, ben scritta.
Tante, troppe parole per dire poco. Se non ci fosse stato il vampiro il racconto non avrebbe perso la sua valenza, improntata al dialogo tra ubriachi che non sono nemmeno bene caratterizzati. Quando lo scrivere è un esercizio fine a se stesso che ha, come finalità, il bisogno di misurare il grado d'ingenuità di chi leggerà.
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