Pochi scrittori, nella storia dell’horror, possono vantare un successo di pubblico e di critica pari a quello di Stephen King, indiscutibilmente una delle firme più importanti del panorama letterario odierno.
Nonostante oggi sia difficile pensarlo, gli inizi di King furono tutt’altro che promettenti: nato il 21 settembre 1947, il padre abbandona la famiglia quando Stephen ha due anni, lui e il fratello maggiore vengono allevati dalla sola madre in condizioni economiche non certo agiate. In quel periodo risale il primo contatto con il mondo del fantastico: la scoperta in soffitta di uno scatolone contenente vecchi libri e fumetti di fantascienza appartenenti al padre. Ben presto il giovane King si rivela un avido lettore, appassionato frequentatore di drive in e amante del rock’n’roll (suonò per qualche anno in una band nella sua high school).
L’adolescenza sarà sempre un’età fondamentale per King, come si può evincere dalla lettura di molti dei suoi romanzi (a partire da “stagioni diverse” e “Stand by me”), ma sono gli anni dell’università a essere decisivi per il suo sviluppo artistico: nel 1966 vince una borsa di studio per seguire i corsi dell’università del Maine a Orono, nel 1970 consegue un bachelor of arts in letteratura inglese. In questi quattro anni il giovane Stephen riesce a pubblicare per la prima volta i suoi racconti su riviste per soli uomini (più tardi confesserà che il suo sogno era pubblicare su Playboy, in quanto pagavano alla ricezione del manoscritto con un assegno di 1500 dollari), partecipa alla vita politica dell’università diventando uno dei più importanti attivisti contro la Guerra in Vietnam, mette in cantiere alcuni dei progetti più importanti (fra cui il ciclo della Torre Nera) ma soprattutto incontra la sua futura moglie Tabitha, anche lei promettente studentessa di letteratura destinata a un futuro nella poesia.
Subito dopo la laurea nel 1971 Stephen e Tabitha si sposano, la loro unione si rivela salda, e viene suggellata dalla nascita della prima figlia, Naomi, l’anno seguente, poi seguita da Joseph (1974) e Owen (1979). I primi anni settanta sono tempi duri: i due giovani neolaurati hanno difficoltà a trovare un primo impiego, Stephen all’inizio lavora in una lavanderia, poi come custode notturno, disinfestatore (a quest’esperienza sarà ispirato uno dei suoi racconti incluso nella raccolta A volte ritornano: Turno di notte) per poi riuscire finalmente a ottenere una cattedra di insegnante di inglese alla Hamden Public School.
Nonostante questo passo in avanti, per i King è ancora difficile pagare le bollette e la famiglia vive in una roulotte in situazione di indigenza. In questa situazione depressiva, Stephen scrive una storia breve con protagonista una giovane adolescente dotata di poteri extrasensoriali, Carrie, ma preso dallo sconforto del momento, getta il manoscritto nella spazzatura. Sarà Tabitha, comprendendo le potenzialità dell’opera, a cambiare la vita dei King, salvando la storia dalla pattumiera e inviandola ad alcuni editori.
Carrie, primo romanzo di Stephen King, viene pubblicato dalla casa editrice Doubleday, nel 1974, e frutta all’autore 2.500 dollari, non una grossa cifra, ma subito dopo la prima edizione, il 12 maggio dello stesso anno i diritti saranno venduti alla new American Library per 400.000 dollari, la metà dei quali finiscono a King, che per “ricompensare” la moglie le regala un nuovo asciugacapelli, segno tangibile che i tempi duri finalmente volgono al termine.
In breve la carriera letteraria di quello che alla fine del decennio sarà battezzato “il Re dell’horror” decolla: i suoi due successivi romanzi, le notti di Salem e Shining, si rivelano dei grossi successi, ma quello che veramente spinge le vendite dei libri a numeri di copie stratosferiche sono le trasposizioni cinematografiche: Carrie subito dopo la pubblicazione viene trasformato da cellulosa a celluloide da un maestro del brivido: Brian de Palma. Il film che ne trae è visionario, allucinato e porterà allo scrittore una fama immediata e certamente inattesa. Molti anni dopo Stephen dichiara: ”De Palma fece il film, il film fece il libro, e il libro fece me.”
King si rivela il primo scrittore a comprendere appieno i vantaggi dell’iterazione fra cinema e letteratura e a sfruttarli a proprio favore: le notti di Salem e Shining sono curati da altri due nomi eccellenti, Tobe Hooper e Stanley Kubrick, e creano la base del successo esplosivo del semisconosciuto insegnante d’inglese del Maine; trasfigurandolo alla fine degli anni ’70 nello scrittore più importante del panorama horror, un Re Mida i cui libri prima di essere pubblicati vendono milioni e si assicurano la riduzione cinematografica.
Gli anni ’80 si rivelano l’età dell’oro per Stephen, la cui prolificità aumenta a dismisura: il numero di pagine dei suoi libri sale vertiginosamente, lavora contemporaneamente a tre o quattro storie, collabora con i più importanti nomi del cinema riuscendo a imporrre più volte la sua volontà; decide di dirigere un film personalmente (“Maximum overdrive”, 1986, con scarso successo); ma questa iperattività ha un prezzo: lo scrittore beve e fuma sempre di più, e scopre la cocaina per come fonte d’ispirazione, fino a diventarne totalmente dipendente. Più tardi King racconterà di avere scritto un intero libro, Misery, sotto l’effetto della droga, e di non avere assolutamente alcun ricordo del periodo passato di fronte al word processor a scrivere.
Sarà ancora una volta la moglie Tabitha, nel 1988, a salvarlo, imponendogli una disintossicazione completa da alcool e stupefacenti, che lo hanno aiutato a scrivere le sue pagine migliori, da “It” a “L’ombra dello scorpione”, ma che certamente hanno anche richiesto un prezzo non trascurabile.
Negli anni ’90 si assiste a un rallentamento nella produzione letteraria, ma anche a un calo qualitativo a partire dalla raccolta “Incubi e deliri”.
”Insomnia”, pubblicato nel 1994, è il primo libro a deludere i fan, ma non l’ultimo: anche “Rose Madder”, ”Desperation” e “I Vendicatori” non si rivelano essere i successi sperati (non tanto in termini di vendite, quanto per le reazioni dei lettori).
In “On writing”, autobiografia dell’autore del 1999, King ammette che molte cose in questi libri non funzionarono per via di un differente approccio stilistico tentato in questo periodo: lo scrittore ha sempre dichiarato di mettersi a scrivere storie senza sapere o meglio programmare come le vicende si dirameranno, mentre a metà degli anni ’90 decide di provare a “pianificare” lo svolgimento della trama, ma con scarso successo: Stephen stesso rivela che rileggendo quei romanzi li trova troppo rigidi e costruiti, l’unico risultato positivo di tale approccio a suo avviso è “La zona morta”, una delle sue opera migliori.
Nonostante molti comincino a sollevare perplessità sulle capacità dell’autore di continuare a scrivere storie “fresche” come le precedenti, King riesce a mietere ancora consensi con il quarto libro della serie della Torre Nera, “Wizard and glass”, ma ancora una volta altre prove si rivelano deludenti (“Mucchio d’ossa”, “La bambina che amava Tom Gordon”) risultando noiose e ripetitive.
Nel settore cinematografico il numero di film scende vertiginosamente, mentre i serial TV si moltiplicano; questo fenomeno può essere collegato all’aumento di pagine dei libri kinghiani, dato che una vicenda di oltre un migliaio di pagine come “It” o “L’ombra dello scorpione” non può evidentemente essere trattata nello spazio di un paio d’ore, quindi un film TV in più puntate è l’unica soluzione accettabile, ma mentre alcune di queste produzioni si rivelano buoni prodotti, la maggior parte si rivela mediocre, il che contribuisce al tracollo delle quotazioni del “Re”.
La fine del millenio segna anche un evento molto importante per la vita di King: 19 giugno 1999, lo scrittore, durante una delle sue solite passeggiate nei boschi intorno alla sua abitazione viene investito da un automobilista distratto. Questo evento segna irrimediabilmente il suo fisico, ma anche parte della sua produzione letteraria, il che risulta evidente nella lettura degli ultimi due romanzi della Torre Nera, dove King diviene un suo personaggio con un ruolo importante nel corso degli eventi. Inutile dire che molti fan non hanno amato tale idea, trovandola estremamente egocentrica…
Negli anni seguenti all’incidente la produzione letteraria dello scrittore diminuisce considerevolmente, il che ha porta molti critici a profetizzare un ritiro dell’autore dalle scene, eventualità negata recentemente dall’interessato, che d’altra parte ha mostrato un interesse per nuove forme di creazioni dell'opera, come la pubblicazione su internet (a pagamento), a puntate mensili (il miglio verde, esperimento che segue il modello di romanzo d'appendice ottocentesco alla Dickens), gli audiolibri e i progetti di serial TV non ortodossi come il recente "Rose red", dove King ha curato la sceneggiatura ma da cui non ha tratto un romanzo (l'intento è di dare un'impronta "indipendente" a quest'opera nata specificatamente per gli schermi), mentre lo spin-off “Il diario di Helen Rimbaud” contrariamente a quello che molti pensarono alla pubblicazione, è stato scritto dal romanziere Ridley Pearson, nonché compagno di band di King.
Oggi Stephen King all’approssimarsi della sessantina risulta che stia curando un altro numero di produzioni TV tratte da romanzi del suo passato come “Desperation”, e alcune stori di “Incubi e deliri”, è impegnato nella ristampa e nella parziale rielaborazione di alcune sortie ispirate al suo ciclo più famoso, quello della Torre Nera, con un nuovo artwork, mentre sul fronte della pubblicazione di nuove opere una nuova crime story, molto diversa dalla sua produzione tradizionale, “The Colorado kid”, dovrebbe vedere le stampe a ottobre,”; Probabilmente il cantastorie del maine, come il pistolero Roland Deschain lo chiama, ha ancora qualche cartuccia asciutta da esplodere…
14 commenti
Aggiungi un commentoOverkill..ci sei ancora...sentivamo la mancanza del tuo avatar!
Auguri, geniaccio.
"lo scrittore beve e fuma sempre di più, e scopre la cocaina per come fonte d'ispirazione, fino a diventarne totalmente dipendente. Più tardi King racconterà di avere scritto un intero libro, Misery, sotto l'effetto della droga, e di non avere assolutamente alcun ricordo del periodo passato di fronte al word processor a scrivere."
Vorrei soltanto segnalare che il libro che King non ricorda di aver scritto è in realtà "Cujo"; lo scrittore fa riferimento a "Misery" quale migliore allegoria alla sua dipendenza da alcol e droghe.
Pure Cujo pero' e' piuttosto allegorico...
Riguardo Misery, in "on writing", dice di avelo scritto "coi tamponi di cotone infilati nelle narici per non sanguinare", quindi fatto di brutto, ma in effetti hai ragione, il libro in questione era Cujo...
Chiedo venia! ops:
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