New York, 27 aprile - Anne Rice, la regina della letteratura gotica, ha deciso di lasciare per sempre i tappeti rosso sangue della sua dimora del Garden District. Troppi turisti che assediano la casa, troppe tristi memorie:in quella casa è morto due anni fa il marito Stan, un artista e l'ispiratore del vampiro Lestat.
"Sono stata innamorata di questa città e di questa casa. Ma sono stanca", ha confidato la scrittrice. Quasi tutti i best-seller della scrittrice sono ambientati nella notte umida di New Orleans.
81 commenti
Aggiungi un commentoMah, sai, già dalla scaletta più o meno mi sono fatto un'idea della lunghezza, non dovrei sforare anche se da un lato lo spero, così ho un motivo in più per tagliare, rivedere, pulire.
Per me è una fase importante quanto la stesura, tagliare il 15% e poi ancora il 10% (grazie Word per il conteggio parole!)...
Ambisco a una forma finale senza nemmeno un avverbio e con aggettivi scarsi e controllatissimi, la forma sarà importante esattamente quanto i contenuti...
ma la tua raccolta di racconti, elvezio, si trova in biblioteca? scusa la domanda stupida, ma io i libri nn li compro mai - perchè nn ci ho i soldi - e li prendo in biblioteca... la tua raccolta gira nelle biblioteche?
grazie
Questa è un regola che ho iniziato ad applicare involontariamente molto tempo fa. Non in modo così preciso, ma lo faccio perchè scrivo di getto, e di cazzate e imprecisioni ne escono a palate... Quindi traccheteee! Si taglia.
Quando ho letto On Writing di zio King, apprendendo che anche lui si "affetta", ho goduto come un pazzo.
Certo che potevi farlo anche più piccolo, eh, sto libretto, cazzarola, l’ho letto in mezz’ora, e sul più bello che ti appassioni, ecco, finisce tutto e ci metti la prepostsubatomicafazione sui racconti (che è quasi più lunga dei racconti stessi), che, oh, per fortuna è una cosa che ADORO, e credevo di essere l’unico a ritenere la spiegazione sui propri racconti qualcosa di fondamentale in una raccolta, ma insomma, potevi metterci 5436545636 racconti in più, eddai. Almeno ho finalmente capito perché Coda-Marine 475 si intitola così, ma anche te, che titoli metti, io non so.
No, dai, seriamente.
C’è un piacevole retrogusto lovecraftiano, si sente e si respira a pieni polmoni, qua e là, è una cosa che non so, non mi sarei aspettato (così mi sono rifondato sull’e-book Acerbe seduzioni di morte, e la memoria rinfrescata ha scoperto che c’era anche lì, ma in fondo l’avevo letto parecchio tempo fa, e non rimembravo, pardon – ah, te lo dico qui giusto per complicare di più la frase, ma in Karma Koma c’è una frase talmente bella che me la sono scritta sullo zaino). Oddio, sarebbe più giusto dire che è ben più di un semplice retrogusto, almeno nei due racconti che risentono della lezione del solitario.
Il Dio nell’alcova è infatti gelido e malvagio, con uno sconvolgente crescendo. Parte piano, mite, ma la desolazione allucinante della parte finale lascia piacevolmente stupiti.
Più tradizionalmente lovecraftiano è invece Ombre nella pioggia, legato agli orrori del mare e a una struttura epistolare. Ciò non toglie che il senso dell’orrore sia forte e vero, sorretto anche dall’ambientazione ligure, azzeccata – come in bene o male anche il resto dei racconti.
Mi è piaciuto moltissimo Eclissi totale di cuore, spietato e malinconico. L’ho trovato anche molto maturo (questo e Coda Marine) rispetto agli altri, con una marcia narrativa più, come dire, tua.
Ecco, a proposito di Coda Marine 475: l’avevo già letto in passato, e già allora mi aveva stupito per la prosa al presente (io AMO il presente), e per l’originalità delle descrizioni e dei termini usati, scelti con attenzione. Per non parlare dell’idea, davvero tremenda, da vivere tutta, dall’inizio alla fine. Il migliore, sicuramente.
Molto buono anche Scavando nel fuoco. Parecchio classico, il protagonista ignaro, il vecchiaccio riccone, la proposta, eccetera eccetera. Però l’intreccio che dà vita al tutto riesce a essere comunque affascinante e originale. Certo, uscire un po’ dalle linee ordinarie pre impostate di certi personaggi (il vecchio non poteva essere più stereotipato di così, eh) sarebbe stata cosa gradita, ma il tutto si legge molto volentieri.
Un po’ più incerto invece A caccia. Splendida l’idea di fondo, insolita, con quel mix di fantascienza e mitologia, ma non molto convincente la narrazione. Penso che certi dialoghi (tipo l’ultimo, quello sul calciatore) sarebbero stati ben più efficaci se messi nella bocca del narratore (magari con un tocco di amara ironia). Così così, insomma.
Poi, occhei, ammetto che non mi è piaciuto Un gioco d’ombre (un po’ senza capo né coda, poco attraente) e ho trovato noiosetto e annacquato, ma comunque ricco di un discreto intreccio, Compagno di giochi, però il giudizio finale non può essere che un pollicione bello alto.
Il pregio maggiore, e bisogna dirlo, è comunque quello di una scrittura molto fluida e asciutta, che pesa bene le parole da usare, con intelligenza e originalità.
Poi, certo, un bel difetto c’è, ed è che i racconti sono brevibrevibrevi, te l’ho già detto, e li leggi in due secondi, e poi, che nervoso, gira pagina e ti accorgi che il libro è già finito. E non c’è neanche una recensione! Ma com’è possibile? Va be’, mi accontento.
Grazie ancora, Elv, ti devo una birra, come minimo.
E ora muoviti a scrivere il romanzo
Io invece preferisco in genere molto più i racconti che i romanzi, forse perché i secondi richiedono troppo tempo e alla fine mi stancano.
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