Canada, 1815. Due giovani sorelle, la rossa Ginger (Katharine Isabelle) e la bruna Brigitte (Emily Perkins), vagano a cavallo per i fitti boschi innevati. Giungono in un villaggio indiano disabitato, dove una donna sciamano (Edna Rain) dona loro, assieme a un talismano, un sibillino monito: “Uccidete il bambino o una delle due ucciderà l’altra”. Grazie all’aiuto di un coraggioso cacciatore (Nathaniel Arcand), le due ragazze trovano rifugio in un fortino presidiato da una compagnia di mercanti. Gli uomini attendono il ritorno di una spedizione partita due mesi prima, che aveva il compito di procurare le provviste necessarie per l’inverno. Ginger e Brigitte vivranno notti da incubo nell’inospitale costruzione, assediata nottetempo da orde di famelici lupi mannari.
Licantropia sembra essere stato realizzato da un cast essenzialmente tecnico. Grant Hayes è un regista esperto in serie televisive fantastiche (2030 CE e Shoebox Zoo tra le altre), stesso background che possono vantare gli sceneggiatori Christina Ray (The Collector) e Stephen Massicotte (The Dark).
E una forse eccessiva attenzione alla forma appare subito, con il look dark e notturno che il film sfoggia fin dalle prime sequenze. A tal proposito è da sottolineare il buon lavoro del direttore della fotografia Michael Marshall: il film è avvolto da una perenne penombra, la luce solare è completamente assente anche nelle scene diurne. La notte è illuminata dalle fiamme incerte di torce e candele, con chiaroscuri violenti e inquietanti.
Queste atmosfere gotiche e malsane sono purtroppo rovinate da una prevedibilità e da una perenne sensazione di deja-vu che aleggiano per tutti i 94 minuti del film. Basta pensare ai colpi di scena telegrafati con un quarto d’ora d’anticipo, alle citazioni cinematografiche (Phenomena di Dario Argento in almeno due casi) o addirittura artistiche (L’incubo di Füssli).
Una recitazione monocorde e personaggi poco convincenti fanno somigliare Licantropia a un TV movie pilota di lusso con qualche schizzo di sangue. La Isabelle e la Perkins sono assai poco credibili nel ruolo di esili, deboli e malate fanciulle, pronte in men che non si dica a brandire sciabole e fucili.
Anche le creature non fanno poi così paura. Il peloso make-up indossato da Kevin McTurk appare impietosamente per quello che è: un costume da lupo mannaro.
Questo film può essere paragonato a una curiosa variazione horrorifica di Distretto 13. È sufficientemente ricco d’azione da regalare qualche piacevole sobbalzo sulla poltrona. Ci sono trovate interessanti che forse meritavano qualche sviluppo (come il tentativo di fondere la leggenda del lupo mannaro con quella del Wendigo americano).
Ma in definitiva, Licantropia non mantiene le promesse. Con l’incalzare della proiezione, la pellicola diventa sempre più deludente fino a precipitare in un finale tanto inevitabile quanto prevedibile.
Forse è inutile cercare un barlume d’originalità dove non c’è. Licantropia è infatti il prequel di una serie horror inedita in Italia (a parte qualche fugace passaggio televisivo): Ginger Snaps (2000) di John Fawcett e Ginger Snaps Unleashed (2004), di Brett Sullivan, pellicole caratterizzate da atmosfere cupe e allucinate.
Purtroppo, c’è il sospetto che in questo caso si tratti dell’ennesimo titolo riciclato dal mercato internazionale, vecchio di un anno ma uscito solo adesso da noi.
50 commenti
Aggiungi un commentoEffettivamente dubito che "Natale a Miami" sia il miglior film in circolazione di questo periodo e le cifre registrate al botteghino, almeno stando a 35mm, mi fanno rabbrividire... in ogni caso no, nemmeno per me quei dieci film che hai elencato sono le migliori pellicole di sempre, anzi apporterei volentieri parecchie varianti
In ogni caso, io credo, a prescindere da sensibilità differenti e gusti diversi, che recensendo un film un minimo di obbiettività bisognerebbe mantenerla. Come ho accennato nell'ultimo post, l'articolo su Cabin Fever era eccessivo in positivo come quello su Licantropia lo era in negativo. Voglio dire che i difetti annoverati a Licantropia erano presenti anche in Cabin Fever in stessa misura, ma il recensore non li ha sottolineati bensì ha decantato doti che, a mio avviso, non c'erano come effetti speciali eccezionali, finali inaspettati, etc...
Su Licantropia viene evidenziato il richiamo a Phenomena e altri film... su Cabin Fever però non viene fatto notare che tale film ricalca alla grande La Casa di Raimi, My Little Eye e compagnia...
Ps. Si, Uwe Boll dovrebbe darsi all'ippica invece che partorire aborti =__=
Non ho scritto la recensione di Cabin Fever , e non posso esprimere opinioni sul lavoro di Alex. Tieni presente che, se la recensione è di nostro gradimento la pubblichiamo indipendentemente dalle opinioni espresse dall'autore: la nostra politica editoriale non prevede una standardizzazione dei contenuti.
Ogni nostro recensore ha una sua testa: c'è il metodico, il razionale, il pedante, il brillante, l'arguto, il giullare... c'è anche quello mascherato, guarda un po'
I voti sono la nostra croce. Odio affibbiare quelle dannate stelline, ma capisco anche quei lettori che le adorano. Ai bei tempi del Commodore 64 la rivista inglese ZZap! aveva un modo scientifico (ma non troppo) per recensire i videogiochi: una pagella ultratecnica (c'erano 6 o 7 voci, non ricordo) nella quale i voti venivano espressi in percentuale. A quei tempi era la prima cosa che andavo a leggere: esaltante se i voti erano positivi ed esilarante se i giudizi erano negativi. Anzi, devo ammettere che le recensioni negative erano le più divertenti, specialmente se suscitavano un putiferio tra i lettori (vedi Hercules della Gremlin, "gioco gabone del mese", promosso a "gioco caldo" dopo pacchi di lettere di protesta).
La nostra pagella, invece, è striminzita e ha una scarsa precisione (+/- 2 di errore su 10): con la recensione cerchiamo di far capire al lettore cosa è o non è piaciuto e perché.
Capisco che tu non abbia trovato la recensione oggettiva: non lo è affatto. Andare al cinema per me è come entrare in un ristorante esotico a mangiare un piatto che non conosci. A volte è saporito e speziato, altre volte sa proprio di (ok, questa non è mia, ma ci siamo capiti).
Dopo aver assaggiato il prodotto ne do una valutazione totalmente soggettiva. È a posteriori che razionalizzo il giudizio e cerco di trasmetterlo in maniera oggettiva tramite la recensione. Posso dire "il film mi è piaciuto/non mi è piaciuto perché..." ma non riesco a dire "il film è/non è oggettivamente bello" perché non credo negli assiomi (almeno non nel dominio della soggettività).
Un esempio e poi scappo.
Ho visto King Kong e l'ho trovato FAVOLOSO (letteralmente, perché è una bella favola) per motivi che andrò a spiegare nel topic apposito (dove mi munirò di blindatura extra-rinforzata per proteggermi dai Jackson-Slayer).
Dopo aver letto/sentito le critiche negative di molti recensori e spettatori delusi, mi è bastata mezz'ora di film per essere totalmente rapito dalla proiezione. A posteriori, è vero, ho realizzato l'assurdità del wrestling con i t-rex e le indicibili lungaggini, (difetti che non posso nascondere, ma che a mio avviso non sminuiscono i pregi del film) ma il mio giudizio resta più che positivo
PS: Stella, perché non ti registri?
Ho visto solo di recente questo film e, in linea di massima, concordo con la recensione. Il punto è che non è neppure tanto giusto, secondo me, aspettarsi di più da un film del genere. E' platealmente una pellicola per ragazzi da guardarsi per passare un paio di ore piacevoli, e il suo, da questo punto di vista, lo fa...
La serie di licantropia è inguardabile.
Il terzo capitolo è il peggiore della serie. Gradevole esteticamente, ma pochezza d'idee in fase di sceneggiatura, in questo sono abbastanza in linea con la recensione. I primi due capitoli sono di tutt'altra levatura ed ironia.
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