Alda Teodorani è una scrittrice e traduttrice fine ed intelligente, è conosciuta soprattutto per i suoi contributi alla letteratura horror ed erotica, cui si è dedicata fin dagli inizi della sua carriera. Ricordiamo i suoi esordi con il ‘Gruppo 13’, l’incontro con Luigi Bernardi e la sua partecipazione al progetto di Gioventù cannibale. La sua attività è proseguita nel corso di tutti questi anni senza suscitare nel panorama letterario l’attenzione che avrebbe meritato, a volte guadagnando più consensi all’estero che non nel suo paese di origine, ma appoggiata costantemente da un ristretto gruppo di ammiratori alcuni dei quali di un certo rilievo: fra questi ricordo i compianto Valerio Evangelisti che non ha mai nascosto la sua stima nei confronti della scrittrice, lamentando le difficoltà che avrebbe incontrato per il suo coraggio nell’affrontare tematiche scabrose, tradizionalmente ritenute inadatte ad una donna.

1. Puoi raccontarci del tuo esordio letterario con il racconto "Non hai capito" e del tuo percorso nel Gruppo 13 insieme a Carlo Lucarelli, Loriano Macchiavelli e Marcello Fois?

La collaborazione con Nero italiano con la pubblicazione di Non hai capito è nata casualmente: avevo inviato i miei racconti alla casa editrice ACME di Francesco Coniglio che tra l’altro pubblicava una rivista di fumetti, Splatter. Fu una delle prime volte che qualcuno dimostrò di apprezzare i miei racconti e da un paio di essi ricavammo sceneggiature per la rivista. Vivevo piuttosto male quei miei primi tentativi, irti di ostacoli, e la ACME divenne per me una fonte di consapevolezza sulle mie qualità. Proprio grazie a questa casa editrice seppi che si stava realizzando un’antologia di racconti noir, inviai il mio che fu subito accettato.  

Con la pubblicazione di quel racconto, conobbi altri scrittori. Già conoscevo Carlo Lucarelli, che fu uno dei primi a dimostrare apprezzamento, e peraltro gli procurai il contatto che gli diede modo di pubblicare anche lui nell’antologia Mondadori. Avevo questa idea che si potesse creare una sorta di factory di scrittori (erano gli anni in cui la Transeuropa di Massimo Canalini era molto attiva in quel senso, anche con le antologie curate da Tondelli). Andammo insieme da Loriano Macchiavelli, eravamo entrambi all’inizio, Fois era già amico di Carlo, grazie ai successivi incontri pubblicai racconti su quotidiani, poi conobbi Luigi Bernardi, l’editore del mio primo libro, Giù, nel delirio.

2. Giù, nel delirio, ambientato a Roma, sembra riflettere un'atmosfera urbana degradata. Qual è stata l'ispirazione dietro questo lavoro e come è stata la transizione dalla tua terra d'origine a Roma?

Ho sempre amato l’horror, fin da bambina, e lo amo tuttora. Proprio grazie alla collaborazione con la casa editrice di Francesco Coniglio mi capitò spesso di recarmi a Roma, e di stringere amicizie. Questo mi diede modo di conoscere una parte di essa ben diversa dalla città turistica che avevo visitato in un paio di occasioni: la stazione, i senzatetto, il vortice di tante culture diverse, la gente che si picchia per strada, la decadenza di certi luoghi, fecero poi parte di Giù, nel delirio, ma c’erano anche molti aspetti umani e geografici della mia Romagna. La mia terra ce l’ho nel sangue, e sempre ne farò parte, ma all’inizio degli anni Novanta ero lacerata tra le mie radici e la voglia di andarmene, non tanto per un senso di avventura, quanto perché la nebbia e il freddo che caratterizzano la mia regione uniti all’insofferenza per legami che volevo spezzare e all’insoddisfazione di non poter scrivere, la fatica di un lavoro che mi stava prosciugando fisicamente e moralmente, gettandomi in una grave depressione, mi fecero decidere di svanire, da un giorno all’altro. Nessuno, nemmeno i miei amici più cari, sapeva dov’ero.

3. Le radici del male introduce un serial killer insolito che ama le piante. Cosa ti ha ispirato a creare un personaggio così unico e quale significato intendevi trasmettere attraverso il suo carattere?

All’epoca ero molto affascinata dagli acquari, anche se detestavo che ci fossero i pesci rinchiusi dentro, mentre amavo molto le piante acquatiche. Inoltre mi piaceva questa idea di un killer a pagamento che ha il coltello come sua arma prediletta, è come un prolungamento del suo corpo. Lentamente, si appassiona al suo lavoro al punto da farlo diventare un hobby: l’uccisione e il sesso sono i suoi grandi amori, ha un legame irrisolto con la madre. Specchi di sangue, il romanzo contenuto appunto nella trilogia Le radici del male, è nato proprio dalla costruzione del personaggio, ed è questa che ha poi generato tutta la vicenda, che si snoda grazie alle scelte che lui fa. Ci sono stati molti esempi di storie simili a questa, in seguito – tieni conto che il libro è stato scritto nel 1992 ma è ancora terribile e il protagonista è un tremendo figlio di puttana, un assassino e stupratore che odia il mondo e ama solo le sue piante dell’acquario. 

4. Nel 1994 hai contribuito alla creazione della corrente letteraria Neo-Noir. Puoi spiegarci cosa significa per te "vedere il noir dalla parte di Caino" e quali sono stati i principali obiettivi di questa corrente?

La frase si ispira al modo di fare cinema di Dario Argento, con la macchina da presa che opera allo stesso piano degli occhi dell’assassino cinematografico e la sua soggettiva. In letteratura, è assimilabile alla focalizzazione, si raccontano le storie dal punto di vista dell’assassino, mettendo in primo piano i suoi sentimenti, le sue emozioni, le sue opinioni. Lo avevo già fatto prima che nascesse il movimento con le mie opere, fin dal primo racconto pubblicato. 

Il movimento neo-noir si proponeva di essere una sorta di grimaldello sociale oltre a un’operazione che contrastava il buonismo dilagante. Un messaggio che sarebbe utile riprendere per rispondere a certi biechi individui i quali, negli ultimi tempi, hanno lanciato discutibili e denigratori messaggi sull’horror e sui suoi adepti. Non faccio nomi per non attirare su di loro l’attenzione. 

Illuminante l’articolo di Elisabetta Mondello https://www.studocu.com/it/document/sapienza-universita-di-roma/letteratura-italiana-contemporanea/mondello-il-neonoir/7107190 e  anche questo articolo https://www.versacrum.com/vs/2012/10/cattivissimi-racconti-alle-origini-del-neo-noir-italiano.html

5. Hai lavorato alla sceneggiatura del film liberamente ispirato a "Il macellaio" di Aline Reyes. Puoi condividere con noi l'esperienza di collaborare con il regista Tinto Brass e la trasformazione del progetto in "Lola & il macellaio"?

In quel periodo stavo lavorando a una ricerca su Tinto Brass. Avevo intenzione di raccogliere materiali per scrivere un libro-intervista sulla sua opera. Andai a casa sua – avevo trovato l’indirizzo cercando Carla Cipriani, la sua prima moglie, sull’elenco telefonico – e misi una lettera nella buchetta delle lettere. Tinto Brass è un regista importantissimo per il cinema italiano, ho adorato le sue prime opere ma soprattutto Snack bar Budapest, antesignano e poco fortunato. Tinto mi telefonò, chiedendomi di vederci e quando ci incontrammo mi disse che non voleva un libro su di sé, così rinunciai. Fui molto stupita quando mi chiamò, e mi accennò al progetto per un film. Pensavo che volesse parlare con Antonio Tentori, che è sceneggiatore, col quale convivevo, invece fece a me la proposta. Firmai un contratto il 17 giugno 1994 ma il film non andò in porto. Il successivo film, Monella, riprendeva quasi tutta la sceneggiatura che ho scritto con Brass ma non fui accreditata. Solo di recente Brass ha fatto dichiarazioni in proposito, alla stampa e nel suo libro Una passione libera scritto con Caterina Varzi. Ho depositato di recente la sceneggiatura originale (insieme al contratto) al centro sperimentale di cinematografia insieme ed è consultabile su richiesta. Fino a un paio di anni fa, non avevo riscontri ufficiali su quella collaborazione e mi dispiaceva molto. 

6. La tua scrittura è stata descritta come "splatter-pulp" con temi di sangue e violenza. Qual è la tua visione di questo genere letterario e quali sono i tuoi obiettivi nel creare testi così intensi?

Sangue, violenza e sesso. Volevo soprattutto emozionarmi e far emozionare i lettori, avevo dentro dei mondi che volevo esprimere, mondi estremi, e pagine provocatorie, che fossero in grado di scuotere. Pensavo che avrei avuto una marea di critiche negative e invece sono state pochissime, mentre della mia scrittura si parlò bene allora e se ne parla ancora in tesi di laurea, volumi di critica e paper universitari. Ho fatto parte di un periodo letterario importante, affermatosi un paio di decenni prima che tutto si dissolvesse nel caos odierno, editoriale e autoriale, nel quale però continuo a lottare!   

7. Nel 2002 hai pubblicato Belve – Cruatés in Francia, un romanzo che è stato oggetto di attenzione accademica. Cosa ti ha spinto a esplorare tematiche legate all'ambiente in questo lavoro?

Sì, Belve è uscito prima in Francia, per tutto il discorso sull’animalismo, l’ambiente, il comportamento umano, il cinema ma poi ha avuto tre edizioni in Italia. È un libro che è originato da tante mie passioni, innanzitutto la fantascienza, anche se alcuni addetti ai lavori storceranno il naso a sentirlo. È frutto di molte riflessioni, credo che rifletta il mio pensiero molto più di tante altre mie opere, a parte forse l’ultimo libro pubblicato in italiano, Quando gli alberi diventano neri che è proprio una dichiarazione di intenti ma anche una riflessione sul percorso che ho tracciato. 

8. Come vedi l'attuale scena italiana horror? 

Vedo un bel fermento di giovani autori che stanno dando il meglio di sé, e gli altri già affermati che continuano a resistere, tutti con opere interessanti e originali, e – per la maggior parte – continuando a tenere il punto su un percorso non modaiolo e senza cedere al tentativo di “annacquare” le loro opere perché siano più commerciali: detesto di tutto cuore chi accetta compromessi in nome della pubblicazione o della notorietà. Del resto, ognuno fa le sue scelte, se fingere di fare horror o noir o prestare corpo e mente a false apparenze, dietro le quali c’è il vuoto più totale.

Da parte mia aiuto come posso. Ho varato un marchio, CatBooks, con il quale mi occupo gratuitamente della redazione editoriale di volumi che a mio parere meritano di trovare un loro spazio e al tempo stesso contrasto l’editoria a pagamento che ormai assume le forme più subdole. A questo progetto sto dedicando molte delle energie che un tempo dedicavo a me stessa e ai miei racconti. Con la mia amica scrittrice, Cristina Canovi, curatrice della collana Danze Macabre, abbiamo varato un’iniziativa che ogni anno realizza un’antologia estiva, sempre dedicata ai crimini, raccogliendo le migliori voci – autori esordienti o già affermati – dell’horror italiano e internazionale. Quest’anno, l’antologia è intitolata Crimini seriali e contiene, oltre al mio, racconti di Serena Aronica, Eugen Bacon, Cristina Canovi, Tiziano dell’Erba, Federica Filzi, Giulia Massetto, Emma Misitano e Antonio Tentori. 

Il mio blog: https://aldateodorani.blogspot.com/

Il blog di CatBooks https://catbookspub.blogspot.com/

Crimini seriali https://www.amazon.it/dp/B0D65G8493