Maurizio Cometto è nato a Cuneo nel 1971 e vive a Torino.Tra i suoi libri pubblicati: la raccolta di racconti Magniverne (edizioni Il Foglio, 2018), il ciclo di cinque romanzi Il libro delle anime (Delos Digital, collana Odissea Fantasy, usciti tra il 2021 e il 2022), il racconto Il Signore del Giardino (Delos Digital, collana Innsmouth, 2021), il romanzo Get Back (edizioni Il Foglio, 2022), e la raccolta di racconti Cambio di stagione (edizioni Il Foglio, 2011 e poi Delos Digital, collana Odissea Fantasy, 2023).Nel 2022 ha curato per Delos Digital l’antologia di realismo magico La Boutique degli Incanti.Dal 2023 è responsabile, sempre per Delos Digital, della collana Frattali, dedicata al fantastico puro.
1.Sei un autore poliedrico che ha toccato diversi generi letterari: quali sono le sfide che incontri nel passare da un genere all'altro? Credi che ci sia un filo conduttore che collega le tue opere, indipendentemente dal genere?
R: Ciao Cesare e grazie per questa bella occasione. Ho iniziato con il fantastico puro, ho proseguito con il weird, sono passato al fantasy di formazione e infine sono approdato al distopico dopo una puntata nel mainstream. Qualcuno potrebbe pensare che ho le idee confuse, ma non è così. Semplicemente, mi piace cambiare e sperimentare nuove possibilità. La mia idea è che uno scrittore, qualunque scrittore, tiri fuori il meglio di sé quando tenta strade inedite; viceversa, il fossilizzarsi su generi o territori sicuri porta inevitabilmente al ripetersi e all’inaridire la propria vena creativa. Ci sono delle eccezioni, ma spesso è così. Un filo conduttore tra le mie opere: forse, semplicemente, l’essere non totalmente “allineate” al genere in cui si tenta di classificarle. Poi ci sono temi come la memoria, il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, la ricerca di un significato alle proprie esperienze e al proprio passato, e tanti altri, ma questi li lascerei scoprire ai lettori.
2.Ci puoi parlare de Il costruttore di biciclette, un romanzo che ebbe l'onore di avere l'introduzione di Valerio Evangelisti? Molti lo considerano ancora oggi un libro di culto e una delle tue cose migliori.
R: È un romanzo a cui sono molto affezionato, per vari motivi. Innanzitutto, è il mio primo romanzo pubblicato (avevo esordito con una raccolta di racconti, L’incrinarsi di una persistenza, sempre per le edizioni Il Foglio). In secondo luogo, inaugurò la storica collana “Fantastico e altri orrori” de Il Foglio, e insieme mi fece conoscere l’allora curatore Vincenzo Spasaro, con cui nacque una profonda amicizia che dura ancora adesso. E infine, grazie alla benevolenza del grande e compianto Valerio Evangelisti, che seppe apprezzarlo, mi permise di farmi conoscere a un pubblico di lettori un poco più vasto. In sé questo romanzo contiene molti degli elementi a me più cari, ed è stato un punto di partenza per altre successive esplorazioni. Per certi versi inaugurò il filone cosiddetto “Magnivernese” della mia produzione, cioè quella più weird e più legata alla mia infanzia. Non a caso è stato posto all’inizio di Magniverne, un libro che cerca di mettere un po’ di ordine in quest’area del mio immaginario.
3.Il contesto storico ed economico degli anni 2007-2008, segnati dalla prima crisi economica del secolo, sembra essere un elemento centrale nel romanzo Cambio di stagione, una delle tue opere migliori a mio avviso. Come hai integrato questa situazione di instabilità e precarietà nell'evoluzione del protagonista e nella narrazione complessiva del libro?
R: Mi ha aiutato molto il fatto di viverla in prima persona. Questo libro è figlio diretto di quella crisi economica, i cui effetti, per fortuna non catastrofici, almeno sul piano personale, potei toccare con mano. Si tratta di un libro per certi versi irripetibile, perché, appunto, spuntato fuori dall’unione tra il mio immaginario e certe situazioni di vita lavorativa che mi sono ritrovato ad affrontare. Iniziai scrivendo il racconto Lo smeraldo a porta nuova, cercando di riportare sulla pagina il senso di precarietà e di sfiducia che si respirava allora. Non avevo idea che avrei scritto successivamente altri racconti con gli stessi personaggi, ambientazione e temi. Ma quella vena risultava fervida e urgente, e così uscirono fuori tutti gli altri pezzi, uno dopo l’altro. L’idea di collegare i racconti con un filo conduttore, in modo da farlo diventare una sorta di “romanzo a episodi”, venne dalla discussione con Vincenzo Spasaro, a cui li avevo sottoposti; in quest’ottica revisionai tutti i racconti e scrissi l’atto conclusivo, L’angelo della morte, che scava nella Torino Egizia e ne porta fuori, in fondo, un segno di speranza. Il libro uscì per le edizioni Il Foglio nel 2011, e oggi lo si può leggere anche in formato ebook, essendo uscito per Delos Digital nel 2023.
4. Come curatore editoriale della collana Frattali, dedicata al fantastico di confine, hai avuto l'opportunità di scoprire e promuovere nuovi talenti nel panorama letterario italiano. Qual è il processo di selezione delle opere che scegli di includere nella collana e quali caratteristiche cerchi in un manoscritto per ritenere che meriti di essere pubblicato?
R: La collana Frattali è dedicata al fantastico puro slegato da qualunque etichetta o genere predefinito. Cerco opere che non siano classificabili, che sappiano regalare stupore, sorpresa, e che sappiano anche far pensare. Quei manoscritti che faticano a trovare una collocazione perché, appunto, non facilmente etichettabili. Le costanti: l’elemento fantastico, la capacità di appassionare e di stupire, e l’attenzione alla scrittura. Sono bene accetti sia i racconti sia i romanzi, apprezzando entrambe le modalità espressive. Finora la collana ha pubblicato tre titoli: Invasione di Massimo Gardella, un romanzo tra fantascienza e realismo magico; L’ultima estate del mondo di Simonetta Olivo, una silloge di racconti di puro e incantato realismo magico; e Asadullah di Alessandro Goffi, un romanzo breve che ci precipita in un’atmosfera da Mille e una Notte. Prossimamente verrà pubblicata una silloge di racconti surreali, bizzarri e divertenti, che strizza l’occhio a certe cose del fantastico argentino, a gruppi sperimentali come l’OULIPO di Raymond Queneau, e in generale alla metaletteratura.
5.Ritengo il tuo ultimo Le leggi dell'ordine etico un piccolo capolavoro italiano del genere distopico. L'immagine dell'Italia isolata dal resto del mondo tramite la Grande Muraglia è molto potente. Quali elementi hai cercato di enfatizzare per trasmettere al lettore il senso di claustrofobia e controllo totale?
R: L’idea era quella di utilizzare il punto di vista di un uomo qualunque, un “ordinary people” sposato, con un lavoro sicuro e, almeno inizialmente, completamente (e inconsapevolmente) assorbito dal controllo esercitato dal potere. Il processo che mi interessava portare alla luce era quello del passaggio da una situazione di inconsapevolezza a quello di consapevolezza, attraverso la scoperta del fatto che si conduce una vita manipolata e irregimentata, quindi non libera. Il grande dilemma del protagonista è: continuare a vivere la vita di tutti i giorni, tranquilla ma limitata e, in ultima analisi, falsa, oppure ribellarsi con tutti i pericoli che ne conseguono? È un dilemma etico che non riguarda soltanto la distopia ma, credo, la nostra stessa vita di tutti i giorni. Questo processo e questo conflitto credo emergano durante la lettura; il lettore dovrebbe “sentire” che i personaggi vivono una vita “sottotono” senza neppure rendersene conto, almeno nella parte iniziale del romanzo.
6.Il tema della manipolazione delle percezioni e della ricerca della verità è centrale nel romanzo soprattutto attraverso il misterioso programma Empathy e l'uso delle pillole rosse e verdi. Come hai sviluppato quest'aspetto della trama e quale ruolo svolge nel contesto della storia e dello sviluppo dei personaggi?
R: Un altro degli stimoli che mi ha spinto a scrivere il romanzo è stato quello di analizzare, in chiave romanzesca e un poco trasfigurata, quale può essere l’effetto dei social network sulla nostra percezione della realtà. Lungo il romanzo corre un parallelo tra il social network Empathy e le droghe, rappresentate dalle Pillole Verdi e Rosse; lavorando insieme creano dipendenza nei personaggi, denunciando nei fatti la loro equivalenza. I personaggi che ne abusano vivono realtà fittizie, generate da una sorta di network dei ricordi, che si sovrappongono a quella di tutti i giorni. Ovviamente nel romanzo si scoprirà che dietro la diffusione di queste possibilità si nasconde una manipolazione; è la vecchia storia del potere dei pochi che manipola la realtà per sfruttare a proprio vantaggio la debolezza del singolo nella massa. In questo processo creativo, che non è nuovo, ovviamente, ma ha tantissimi precedenti sia nella letteratura sia nel cinema, ho inserito parecchi inside-jokes, con citazioni e omaggi più o meno nascosti a vari classici del genere.
7. In Le leggi dell'ordine etico emerge a mio avviso l'influenza di uno scrittore come Philip K. Dick. L'evocazione di un universo allucinato e dell'uso delle pillole mi ha ricordato Le tre Stimmate di Palmer Eldritch. Ha avuto su di te un influsso importante questo scrittore?
R: Grazie davvero del parallelo, che mi fa un grandissimo piacere. Philip K. Dick è in effetti uno degli scrittori che mi ha influenzato di più in assoluto. Questo romanzo gli è debitore per moltissimi aspetti: la manipolazione della realtà, che non è fissa ma appare fluida, molteplice, e soprattutto instabile; la sensazione di inganno e paranoia che corre tra i personaggi; la presenza di elementi allucinatori indotti dall’uso di droghe sia fisiche sia di tipo, per così dire, digitale; e via di questo passo. Ubik, Le tre stimmate che citi tu, Noi marziani, Tempo fuor di sesto e Valis sono romanzi che ho letto tra i venti e i venticinque anni, e che mi hanno insieme “sbalestrato” e formato. Periodicamente li rileggo, nessuno come Dick ha il potere di farti provare la sana sensazione di dubitare della realtà che stai vivendo.
8. Come vedi lo stato della scena italiana del fantastico. Mi riferisco sia al weird sia alla fantascienza. Ti sembra che ci sia molto fermento? Quali sono i tuoi autori preferiti italiani attuali?
R: A mio avviso ci sono tante voci interessanti e originali in giro, sia nel weird sia nella fantascienza. Per trovarle occorre cercare tra i piccoli e medi editori, quelli che lavorano per vera passione e non solo per profitto. Difficile scovarle tra gli scaffali in libreria, per esempio, ma l’appassionato sa, secondo me, dover cercare. Pochissimi di essi, quasi nessuno, giungono alla grande editoria, dove, come si sa, quasi sempre si perde la possibilità di esprimere la propria creatività in modo libero e non condizionato da altri fattori. Fare dei nomi è sempre difficile; mi limiterò a citare alcuni libri che ho letto di recente, diversissimi fra loro, e che mi sono piaciuti molto. Nel weird le Storie della serie Cremisi di Lucio Besana, La stanza senza fine di Giovanni De Feo (che più che weird è fantastico puro), Giorni al neon di Linda De Santi; nella fantascienza, Resurrezione di Elena Di Fazio, Onda omologica di Luigi Rinaldi e L’arte di non muoversi di Giovanna Repetto. Ma ci sono moltissimi altri autori, spesso sottovalutati, che mi piacciono molto.
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