Nathan Ballingrud è una delle voci più originali del panorama weird contemporaneo.
Lo scrittore americano, nato nel 1970 in Massachusetts, ha vissuto per la maggior parte della propria vita nel sud degli Stati Uniti, cosa che traspare leggendo questa sua raccolta, North American Lake Monsters, pubblicata dai tipi di Edizioni Hypnos e tradotta da Lucio Besana.
Un racconto di Ballingrud era già stato presentato nel numero 5 della Rivista Hypnos: I mostri del cielo, tradotto da Andrea Bonazzi, in cui emergevano le indubbie qualità di questo autore. Sempre Hypnos aveva pubblicato la novella Il nero visibile da cui era stato tratto il film Wounds di Babak Anvari.
Ballingrud fa derivare il suo orrore direttamente dalle persone, mentre il soprannaturale è ridotto quasi a un pretesto; anche quando presente, il soprannaturale è una metafora del marcio interiore dell’umanità.
La sua è quindi una visione intrisa di pessimismo nei confronti dell’umanità, del suo ego e delle sue debolezze e, non a caso, i protagonisti delle sue storie sono quasi sempre dei losers, perdenti e disagiati che vivono ai margini di una realtà spesso degradata e popolata da mostri.
Lo stile di Ballingrud è poetico, indubbiamente più elevato rispetto a molti suoi colleghi.
Nel primo racconto, Va’ dove la strada di porta, assistiamo all’incontro tra Toni, una madre single, e Alex, un personaggio maschile discutibile che cela un segreto raccapricciante degno di un racconto di Clive Barker.
In Wild Acre ci viene raccontato un inquietante incontro notturno: tre persone addette alla sorveglianza di alcuni edifici in costruzione si ritrovano di fronte a una misteriosa creatura. Il vero protagonista di questo racconto è però Jeremy, che vedrà a poco a poco deteriorarsi la sua vita e quella delle persone che lo circondano.
In North American Lake Monsters, una creatura mostruosa compare sulla spiaggia di un lago, ma ancora una volta, l’approccio alla narrazione è di tipo psicologico; viene infatti approfondita la figura di Grady, l'ennesimo perdente, un altro grande ritratto di marginalità che ci regala Ballingrud.
S.S. racconta invece del tentativo di affiliazione di Nick, un ragazzo che vive in una casa senza luce con la madre invalida, con una formazione di estrema destra.
Il crepaccio, scritto insieme a Dave Bailey, narra di una spedizione in Antartide e dell'orrore che si può celare nei luoghi più nascosti della terra. Forse è il racconto più “lovecraftiano” di questo volume.
In definitiva quello di cui ci parla Ballingrud è l’orrore della realtà, e la copertina di Bruno Letizia riesce a evocare perfettamente la mostruosità del quotidiano.
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