L’opera cinematografica del cineasta canadese più eversivo e visionario in un libro che ne racconta i motivi e l’estetica, sin dai primi lavori che tra gli anni Sessanta e Settanta sono già espressione delle sue caratteristiche formali e tematiche. Con Il demone sotto la pelle (1975), David Cronenberg sorprende il mondo del cinema e inverte i quadri di riferimento, ricordando che i mostri nascono dall’interno, sono un’espressione della nostra identità contaminata. Presto il suo cinema si fa notare e si confronta con la perdita della percezione del corpo, in un labirinto di visioni che dissolve l’identità e intercetta le riflessioni di McLuhan, inscenando nuovi scambi tra l’uomo e la macchina.
Emergono inquietanti ed eversive pagine di cinema che portano i titoli di Scanners (1981) e Videodrome (1983). La prospettiva tradizionale del cinema horror viene rivoluzionata da Cronenberg, che anzi si eleva dal genere e continua ad esplorare la dimensione della visione in opere che ne affinano lo stile e fanno del cineasta uno degli autori più moderni e originali.
In anticipo rispetto alla letteratura cyberpunk, Cronenberg porta al cinema quella dimensione virtuale che prende il sopravvento sul reale, dettando scenari di dominazione sulla dimensione corporea.
Film come La zona morta (1983), La mosca (1986), Inseparabili (1988), Il pasto nudo (1991), M. Butterfly (1993), Crash (1996), eXistenZ (1999), Spider (2002), aboliscono il confine tra l’interno e l’esterno, creano un laboratorio mentale dove il fascino ambiguo delle relazioni si confronta con scenari e identità abitati dai temi del doppio, delle dipendenze per la tecnologia, dell’attrazione che unisce la carne e la materia inorganica. In una riflessione sulle gabbie della mente, sulla violenza repressa e le mutazioni dell’identità al cospetto delle tecnologie e dei poteri che abitano il nostro presente, Cronenberg è un indagatore delle pulsioni, un artista della body art attraverso il cinema, un antropologo e un fine psicologo, ma anche un cineasta politico, come conferma anche l’ultima parte della sua ricca filmografia. Titoli come A History of Violence (2005), La promessa dell’assassino (2007), A Dangerous Method (2011), Cosmopolis (2012), Maps to the Stars (2014) e il recentissimo Crimes of the Future (2022), confermano infatti la straordinaria coerenza e le ispirazioni di un cineasta che ha spesso anticipato temi e inquietudini, incarnando, attraverso il suo cinema delle mutazioni, la figura preziosa di cineasta profetico in grado di accompagnarci lucidamente nella contemporaneità abitata dai mostri che l’uomo ha creato.
Un saggio scritto da Roberto Lasagna, Rudy Salvagnini, Massimo Benvegnù e Benedetta Pallavidino. Prefazione di Danilo Arona.
Cover di Giorgio Finamore.
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