Dal mozzicone ancora ardente la donna accende un’altra sigaretta.
Uno degli sfoghi sessuali del bastardo ha generato una figlia. Forse sarebbe andato tutto bene, la bambina sarebbe nata sana e forte, se non fosse stato per le botte di quella sera. E solo perché non c’era birra in frigorifero. I calci e i pugni le ruppero le acque e la donna fu costretta a correre ai Pellegrini.
‘Na parola e t’ ‘o faccio ascì pe’ ll’uocchie, ‘o criaturo.
No, lei non disse nulla. Ma Angela nacque, di soli sette mesi.
La bambina è cresciuta, sì, è diventata una ragazza e poi una donna, ma non se n’è mai accorta. Non ha mai detto una parola, spento una candelina, frequentato la scuola, palpitato per un compagno. Angela vive inerte in un letto, eternamente odorosa di marcio, consumata dalle piaghe da decubito e da una vita che la trascina dove vuole.
Quando le forme di donna hanno cominciato a fare capolino, il padre-bastardo si è incuriosito. Ha scostato il lenzuolo, le ha sollevato la camicia da notte, l’ha tastata, esplorata, violata con quelle stesse mani che l’avevano costretta a nascere anzitempo. E ci ha preso gusto. Da allora ha quasi smesso di picchiare sua moglie, non la tocca più nemmeno a letto. Meglio trastullarsi con la carne giovane, anche se puzza di morto.
Lei, la moglie, sa tutto, nascosta dietro la maschera di chi non sa nulla. Ascolta tutto. Le oscenità sussurrate, i grugniti animaleschi del marito, il silenzio immoto della figlia. Ma va bene così. Tanto Angela non sente niente.
Poi, l’ennesimo arresto. Poggioreale. Pace. Ma intanto il ventre di Angela si gonfia, lievita come una pagnotta, qualcosa dentro di lei inizia a muoversi ed è già troppo tardi per agire.
Vergogna? No, non c’è tempo. Ci vuole invece una mammana, una fidata, di quelle che non parlano. Po’ Dio ce penza.
Come in un racconto dell’orrore, il figlio dell’incesto nasce in una notte d’inverno. La mammana gliel’ha tirato da dentro con mani esperte ma quando lo vede inizia a gridare come un maiale sgozzato, poi lo getta sul letto e si fa il segno della croce due, quattro, dieci volte.
Maronna! San Gennaro! Anime sante! Chesta criatura è nu Satanasso!
Anche la madre di Angela lo vede e grida. Grida il suo benvenuto all’orrido figlio della colpa e dell’omertà.
E lui, riverso sul letto ancora lordo del sangue di sua madre, già guarda il mondo che lo ha accolto attraverso quel suo enorme, unico occhio sbilenco. Il naso è solo un foro nella carne azzurrognola che, ad ogni respiro, produce delle bolle viscose. La bocca è pure sbilenca, spalancata sulla guancia destra; le labbra inesistenti lasciano scoperte gengive violacee e bozzolute già provviste di dentini disposti in maniera confusa e casuale. Un braccino è rattrappito, con un abbozzo di mano con due sole dita attaccata a quello che sembrerebbe un gomito. I piedi non ci sono, le gambette terminano con due orridi moncherini disuguali.
Maschio o femmina? Non si può dire, perché del sesso non c’è traccia.
Un angelo. O forse un demonio.
Sistemano Angela, poi la donna liquida la mammana atterrita intimandole di non aprire bocca con anima viva. ‘Na parola, e t’ ‘o faccio ascì pe’ ll’uocchie. Sa che non lo farà. Non saprà niente nessuno, neanche quel bastardo che ora starà ridendo con qualche altro balordo carcerato come lui.
Pensa. La mammana gliel’ha detto.
Sient’ a mme: ‘sta criatura adda turnà int’ ‘o sprofunno! D’’o ffuoco vene, e dint’ ‘o ffuoco adda turnà!
Pensa. Intanto la creatura a tratti si contorce sul letto dov’è stato abbandonato. Non piange, non emette alcun suono. Muto come sua madre, mostro come suo padre.
Tutto quel silenzio è greve come una pietra sepolcrale. La donna accende il vecchio televisore: rassegna stampa.
L’unica cosa che lo assimila agli esseri umani è quell’unico occhio, sbilenco ma straordinariamente vigile, guardingo in modo inquietante. Di che colore è? Di un colore inesistente, come tutta la sua persona.
VARATO IL NUOVO PIANO D’EVACUAZIONE PER LE ZONE VESUVIANE, titola Il Mattino. Un occhio alla tv, un occhio all’occhio.
Un vortice di grigio, nero, sanguigno, viola... No, non è l’occhio di un neonato, sembra piuttosto una finestra sugli orrori del mondo; meglio non avvicinarsi troppo, ci si potrebbe precipitare dentro.
Precipitare dentro…
154 commenti
Aggiungi un commentoSottoscrivo in parte le considerazioni di Vajmax, premettendo per onestà che sono la prima a ritenere il parere che segue "poco autorevole" perchè davvero inesperto.
****SPOILER****
Il punto debole del racconto, per il poco che ne capisco, potrebbe essere nelle sue buone intenzioni.
Nella volontà, in primo luogo, di identificare nel degrado la culla della mostruosità.
Gli accadimenti orribili che si accumulano nella vita della protagonista e nell'antefatto del crimine, sono troppo forti e troppo numerosi.
Voglio dire: il marito violento, la figlia paralizzata, lo stupro incestuoso. Ognuna di queste cose, sola, è ripugnante abbastanza per strutturare il tracollo psicologico della protagonista e per delineare la sua anestesia morale da prostrazione.
Usarle tutte e tre è una scelta ingenua; attenua la responsabilità di un'assassina il cui dramma - stante un background che altrove avrebbe quietamente prodotto un assassino seriale da slasher, un vendicatore o un supereroe - impallidisce tra le sfumaturi truci dell'approccio giudicante e quelle politicamente corrette che tirano in ballo la società correa. Se qualcosa non mi sfugge, non era a questi orientamenti qualunquisti che la proposta dell'autrice voleva condursi.
Apprezzo alcune cose della storia, prima di tutto la volontà di collocarla in un ambiente preciso, localizzato anche dal ricorso al dialetto.Mi spiace però che questo sforzo di legarsi all'esistente, al concreto, si disperda parzialmente nell'accumulo di orrori di cronaca di cui sopra.
E' proprio questo ricorso all'eccesso a testimoniare un'effettiva lontananza dagli ambienti socioeconomici scelti come sfondo. Tratteggiati come un inferno amorale o come un paradiso della sopraffazione, questi bassifondi sembrano immaginati, come una favola del terrore, in stanze infinitamente lontane da quel panorama. Sembrano una fantasia terrificante, non un luogo che potremmo attraversare in macchina o forse guardare da una finestra. Non so se mi sono spiegata, ma l'effetto è quello di trovarsi davanti una scrittrice che descrive qualcosa che non conosce veramente (poi magari non è così, ma io parlo della pura impressione derivata dal racconto).
Questo non toglie che l'intuizione di base sia bella (il bambino deforme - ciclope e la bocca sacrificale del vulcano non sono per nulla immagini banali) e che le intenzioni che mi pare di aver intravisto siano rispettabilissime.
Forse è solo un racconto un po' "giovane", che opportunamente limato avrebbe reso più giustizia alle sue potenzialità.
Agony, le disgrazie non arrivano sempre una alla volta; se una ha la figlia paralizzata non è impossibile che abbia anche il marito violento, soprattutto in determinate realtà. Non sono certo parametri su cui giudicare una valutazione letteraria, in ogni modo. Non sono inverosimiglianze. Può succedere. Simonetta ha una capacità affabulatoria riconoscibilissima, anche grazie al fatto che conosce bene le zone di cui parla. Per il resto de gustibus...
Naturalmente ne sono consapevole. Ho sentito e visto accumuli di disgrazie anche più atroci, come chiunque. La mia obiezione infatti non era sul fatto che quel numero di tragedie non potesse verificarsi in una sola vità. Era sul modo in cui l'accumulo mi pareva incidesse sullo sviluppo del dramma, sulla situazione morale e psicologica della protagonista.
Sicuramente mi sono espressa male io.
Trovo questa affermazione è un po' lapidaria, Irene.
Ho premesso un certo livello di incompetenza e sottolineato a più riprese che si tratta dell'opinione di un lettore, non di una valutazione con chissà che pretesa critica. Tuttavia, perdonami, ma continuo a ritenere che rilevare le ripercussioni che una certa scelta a livello di trama potrebbe avere su un carattere, su un momento drammatico, non sia illegittimo.
Cioè, accetto e auspico che mi si contesti con un: "non concordo: l'avvenimento X non produce questo effetto sul momento Y, infatti...", ma mi riesce più difficile confrontarmi con un'obiezione che confuti il mio diritto a individuare relazioni tra elementi della trama ed esiti drammatici.
E' solo l'impressione che ho avuto, come ho scritto anche prima.
Ma il tuo appunto sicuramente è uno stimolo a rileggere il racconto tra qualche tempo, e magari a rivedere il mio giudizio, se necessario: accorgersi di avere sbagliato non è sempre così male
Comunque, solo per chiarire: non volevo essere sgradevole nè disconoscere le indubbie capacità dell'autrice, che del resto penso possa trovare molte e migliori conferme nell' aver vinto il premio e nell'aver pubblicato: sono soddisfazioni non da poco, di questi tempi, e non le si raggiunge facilmente senza meriti. Però credo anche che quando un autore e un editore accettano di mettere a disposizione uno spazio per i feedback un buon modo per ringraziarli dell'intrattenimento che ci ha offerto (pure gratuito in questo caso) sia usarlo con sincerità.
Ci mancherebbe! Anch'io facevo per discutere sull'argomento, mica per litigare
Ok! Mi premeva essere sicura di non aver passato un messaggio fraintendibile
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