Per i lettori di HorrorMagazine ecco un'interessante novità: pubblichiamo in esclusiva, nella sezione racconti, la novella Quel giorno sul Vesuvio, di Simonetta Santamaria, che si è aggiudicata l’ultima edizione del prestigioso Premio Lovecraft, ottenendo lusinghieri commenti da parte dei giurati.
Diversamente dalle altre edizioni del Lovecraft, quest’anno una super giuria finale, composta da alcuni dei vincitori delle passate edizioni del premio, ha valutato i racconti finalisti, stabilendo il vincitore assoluto. Oltre a Franco Clun e a Franco Forte, organizzatori storici del premio, gli altri super giurati erano Dario Tonani, Nicola Verde, Giovani Burgio, Ivo Torello, Antonio Piras e Sergio Cicconi. Ecco alcuni commenti espressi sul racconto Quel giorno sul Vesuvio:
“E' un delirio che monta. Esempio mirabile di come fantastico e richiami mitologici si fondano con l'horror, con quel pizzico di regionalismo che lo impreziosisce”. – Nicola Verde
“Una storia intensa, coinvolgente, con i ritmi lenti di un dramma che si consuma in profondità e si specchia nel paesaggio che circonda la protagonista. Orrore e malessere, sofferenza e vendetta: una consunzione psicologica e fisica che toglie il respiro al lettore. Racconto ben scritto, che avvitandosi su se stesso finisce per strangolare anche chi legge... Indovinata l’idea di “regionalizzare” il linguaggio radicandolo a un profondo disagio familiare, alla condizione della donna in certe fasce sociali del nostro sud. Una vena di neorealismo che, riga dopo riga, dilania di più dello stesso crescendo orrorifico…” – Dario Tonani
“Il racconto è globalmente ben scritto, e solo nella prima parte ha il difetto di essere un po’ ridondante di descrizioni non necessarie e di particolari poco utili per la storia, che rischiano di fare perdere il ritmo alla narrazione. Poi il racconto decolla, entrando in una dimensione di crescente atrocità che sfocia progressivamente in un epilogo sovrannaturale, non originalissimo ma comunque di un certo effetto. La storia di Simonetta è molto attuale e il contesto è quello dei drammi e delle atrocità che si consumano fra le mura domestiche. Lo scenario è surreale e il Vesuvio descritto acquista i connotati di una sorta di pianeta alieno. La componente sovrannaturale, anche se non totalmente originale, è comunque funzionale per amplificare il dramma e per colorare la storia di una forte angoscia, che non può non contagiare chi legge il racconto. La scrittura è in generale efficace e abbastanza matura. Belli i flash-back e i dialoghi sottintesi e immaginati. La narrazione alterna sapientemente parti spietatamente realistiche con altre visionarie. La scrittura “colpisce”e anche se il nucleo del dramma non è troppo originale, il modo in cui la storia è narrata risulta molto efficace e in grado di trasmettere sensazioni forti.” – Giovanni Burgio
154 commenti
Aggiungi un commentoSottoscrivo in parte le considerazioni di Vajmax, premettendo per onestà che sono la prima a ritenere il parere che segue "poco autorevole" perchè davvero inesperto.
****SPOILER****
Il punto debole del racconto, per il poco che ne capisco, potrebbe essere nelle sue buone intenzioni.
Nella volontà, in primo luogo, di identificare nel degrado la culla della mostruosità.
Gli accadimenti orribili che si accumulano nella vita della protagonista e nell'antefatto del crimine, sono troppo forti e troppo numerosi.
Voglio dire: il marito violento, la figlia paralizzata, lo stupro incestuoso. Ognuna di queste cose, sola, è ripugnante abbastanza per strutturare il tracollo psicologico della protagonista e per delineare la sua anestesia morale da prostrazione.
Usarle tutte e tre è una scelta ingenua; attenua la responsabilità di un'assassina il cui dramma - stante un background che altrove avrebbe quietamente prodotto un assassino seriale da slasher, un vendicatore o un supereroe - impallidisce tra le sfumaturi truci dell'approccio giudicante e quelle politicamente corrette che tirano in ballo la società correa. Se qualcosa non mi sfugge, non era a questi orientamenti qualunquisti che la proposta dell'autrice voleva condursi.
Apprezzo alcune cose della storia, prima di tutto la volontà di collocarla in un ambiente preciso, localizzato anche dal ricorso al dialetto.Mi spiace però che questo sforzo di legarsi all'esistente, al concreto, si disperda parzialmente nell'accumulo di orrori di cronaca di cui sopra.
E' proprio questo ricorso all'eccesso a testimoniare un'effettiva lontananza dagli ambienti socioeconomici scelti come sfondo. Tratteggiati come un inferno amorale o come un paradiso della sopraffazione, questi bassifondi sembrano immaginati, come una favola del terrore, in stanze infinitamente lontane da quel panorama. Sembrano una fantasia terrificante, non un luogo che potremmo attraversare in macchina o forse guardare da una finestra. Non so se mi sono spiegata, ma l'effetto è quello di trovarsi davanti una scrittrice che descrive qualcosa che non conosce veramente (poi magari non è così, ma io parlo della pura impressione derivata dal racconto).
Questo non toglie che l'intuizione di base sia bella (il bambino deforme - ciclope e la bocca sacrificale del vulcano non sono per nulla immagini banali) e che le intenzioni che mi pare di aver intravisto siano rispettabilissime.
Forse è solo un racconto un po' "giovane", che opportunamente limato avrebbe reso più giustizia alle sue potenzialità.
Agony, le disgrazie non arrivano sempre una alla volta; se una ha la figlia paralizzata non è impossibile che abbia anche il marito violento, soprattutto in determinate realtà. Non sono certo parametri su cui giudicare una valutazione letteraria, in ogni modo. Non sono inverosimiglianze. Può succedere. Simonetta ha una capacità affabulatoria riconoscibilissima, anche grazie al fatto che conosce bene le zone di cui parla. Per il resto de gustibus...
Naturalmente ne sono consapevole. Ho sentito e visto accumuli di disgrazie anche più atroci, come chiunque. La mia obiezione infatti non era sul fatto che quel numero di tragedie non potesse verificarsi in una sola vità. Era sul modo in cui l'accumulo mi pareva incidesse sullo sviluppo del dramma, sulla situazione morale e psicologica della protagonista.
Sicuramente mi sono espressa male io.
Trovo questa affermazione è un po' lapidaria, Irene.
Ho premesso un certo livello di incompetenza e sottolineato a più riprese che si tratta dell'opinione di un lettore, non di una valutazione con chissà che pretesa critica. Tuttavia, perdonami, ma continuo a ritenere che rilevare le ripercussioni che una certa scelta a livello di trama potrebbe avere su un carattere, su un momento drammatico, non sia illegittimo.
Cioè, accetto e auspico che mi si contesti con un: "non concordo: l'avvenimento X non produce questo effetto sul momento Y, infatti...", ma mi riesce più difficile confrontarmi con un'obiezione che confuti il mio diritto a individuare relazioni tra elementi della trama ed esiti drammatici.
E' solo l'impressione che ho avuto, come ho scritto anche prima.
Ma il tuo appunto sicuramente è uno stimolo a rileggere il racconto tra qualche tempo, e magari a rivedere il mio giudizio, se necessario: accorgersi di avere sbagliato non è sempre così male
Comunque, solo per chiarire: non volevo essere sgradevole nè disconoscere le indubbie capacità dell'autrice, che del resto penso possa trovare molte e migliori conferme nell' aver vinto il premio e nell'aver pubblicato: sono soddisfazioni non da poco, di questi tempi, e non le si raggiunge facilmente senza meriti. Però credo anche che quando un autore e un editore accettano di mettere a disposizione uno spazio per i feedback un buon modo per ringraziarli dell'intrattenimento che ci ha offerto (pure gratuito in questo caso) sia usarlo con sincerità.
Ci mancherebbe! Anch'io facevo per discutere sull'argomento, mica per litigare
Ok! Mi premeva essere sicura di non aver passato un messaggio fraintendibile
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