Jean Ray, considerato dal grande e compianto critico inglese (morto in circostanze misteriose a Torino nel 1998) Malcolm Skey il Lovecraft europeo, è indubbiamente uno degli scrittori fantastici più importanti del secolo scorso.
La sua figura rappresenta una sorta di gargoyle che scruta, dall’alto di una cattedrale gotica, gli orrori che si celano all’interno dell’animo umano.
La biografia dello scrittore fiammingo non manca di episodi “immaginari” e fantasiosi in linea con il personaggio: quel che conta in ogni caso è l’eredità letteraria che ci ha lasciato, fra cui alcuni memorabili racconti e il romanzo capolavoro Malpertuis da cui verrà tratto anche un film di Harry Kümel.
Malpertuis, dopo una lunga assenza dal mercato italiano (la prima edizione è quella della SugarCo del 1966 con la celebre copertina di Guido Crepax seguita, nel 1990, da quella uscita presso Oscar Horror Mondadori) venne finalmente ristampato nella collana Urania Horror nel 2016 in una pregevole versione con un ricco apparato critico. Purtroppo il fallimento della stessa Urania Horror lo ha reso nuovamente di difficile reperibilità.
Questa nuova edizione, pubblicata da Agenzia Alcatraz nella collana Bizarre, mantiene la grafica delle edizioni Marabout con le splendide copertine di Henri Lievens.
L’introduzione è di Valerio Evangelisti, un cultore di questo libro come testimoniato anche dal suo romanzo Nicolas Eymerich, Inquisitore, omaggio al capolavoro di Jean Ray in cui c'è un’astronave che si chiamava proprio Malpertuis. La nuova traduzione è invece affidata a Luca Fassina.
Malpertuis è un incubo delirante ambientato in un’oscura magione fiamminga dove le Eumenidi e altri personaggi mitici vengono imprigionati e costretti ad assumere misere spoglie umane, si può quindi parlare a ragione di “Morte degli Dei” come una delle chiavi interpretative dell’opera.
La mitologia viene stravolta dall’autore fiammingo in modo volutamente eretico. Si tratta di una mitologia capovolta dove gli dei dell’antica Grecia si trasformano in meschini burattini umani.
Jean Ray, pur utilizzando dei topos tradizionali per chi è abituato a frequentare la narrativa horror (l’immancabile casa infestata, la setta esoterica e i lupi mannari) riesce a donare nuova vita a un genere che, più di una volta, ha strappato il sorriso a qualche critico per la continua presenza di stereotipi.
L’inizio della vicenda ci mostra un gruppo di bizzarri personaggi costretto a risiedere nella dimora di Malpertuis a causa del testamento del prozio Cassave (nel film interpretato da uno straordinario Orson Welles). Ritroviamo qui tutta l’abilità della penna dello scrittore fiammingo nel descrivere con minuzia i difetti e le miserie dell’animo umano.
Ecco quindi che nella casa troviamo i due annoiati fratelli Jean Jacques e Nancy; il dottor Sambucque, intento a pensare solo al cibo; e suo cugino Philarete, appassionato di tassidermia. Ci sono poi Rosalie, Eleonore e Alice, tre signorine abbastanza ordinarie che non fanno altro se non ricamare e impartire principi morali bigotti. C’è anche la famiglia Dideloo con la loro inquietante figlia Euryale. Ma come dimenticare la figura di Lampernisse, un ex venditore di vernici che si lamenta di restare sempre al buio e i Griboin, una coppia di anziani avidi che non fanno altro che contare il denaro? Ecco poi un gigantesco servo capace solo di emettere un verso senza senso. Eisengott, un altro personaggio importante, non vive invece a Malpertuis nonostante venga fatto capire che non vi è estraneo a causa di un’antica maledizione. Invece il personaggio di Euryale, con la sua chioma rossa e i suoi occhi verdi e immobili, è indubbiamente quello più iconico, quello che lascia presagire il soprannaturale in agguato.
Apparentemente regna la calma ma l'orrore non tarda ad arrivare nell’oscura magione. Fatta la conoscenza dei personaggi, scopriamo ben presto che proprio nulla di quel che riguarda loro è come sembra.
Un senso di disorientamento accompagna tutta la lettura, durante la quale si ha sempre l’impressione che sotto il perbenismo della provincia fiamminga covi qualcosa, qualcosa in grado di esplodere con una forza devastante.
E la forza del romanzo è proprio quella di far emergere l’irrazionalità, rappresentata dalla potenza divina che ancora sopravvive (seppur ormai dimenticata), all’interno della tranquilla quotidianità dell’uomo moderno.
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