Il numero 13 di Dimensione Cosmica si rivela particolarmente ricco di contenuti e spunti interessanti. Grande spazio viene riservato alla dipartita di un nome importante della fantascienza francese e non solo, ovvero Jean-Pierre Laigle.
Di lui ci scrive un commovente ritratto la compagna Martine Blond e ci viene anche presentato un bel racconto intitolato Sanguis Ad Aeternitatem basato sul tema dell’immortalità. Il suo traduttore italiano, Piero Giorgi, ci offre un commovente ricordo.
Si passa poi a parlare di Jean Ray, il cosiddetto Lovecraft europeo, con una retrospettiva di Davide Arecco. Pur trovando dei punti di contatto con Lovecraft (a causa probabilmente dell’interesse di entrambi per la narrativa di William Hope Hodgson) quest’etichetta, pur affascinante, rischia di essere fuorviante.
Jean Ray è più tradizionale nelle sue tematiche (pur utilizzando un linguaggio più moderno) e si sofferma sulle miserie dell’animo umano. Chi pensa di trovare Lovecraft rischia (come spesso mi è capitato di notare) di rimanere deluso.
Molto interessante l’articolo di Andrea Gualchierotti sui travisamenti nei confronti della figura di H.P. Lovecraft. Sono tempi strani per H.P. Lovecraft come fa notare l’autore: da un lato la sua popolarità ultimamente è molto cresciuta e il suo nome è diventato familiare presso una fascia di pubblico più vasta rispetto al passato, ma la sensazione è che l’interesse rimanga in qualche modo in superficie. I Miti di Cthulhu vengono infatti citati dagli appassionati di giochi di ruolo e giochi da tavolo, ma spesso i suoi racconti neanche vengono letti e il tutto si limita all’ identificare Lovecraft con un tentacolo. In questo modo l’estetica e il pensiero filosofico che stanno alla base dei Miti di Cthulhu rischiano di essere completamente dimenticati e messi in secondo piano.
Dall’altro lato, la sua figura è stata sacrificata e messa al rogo sull’altare del “politicamente corretto”. Non si può poi dimenticare lo spazio riservato alla morte di 3 grandi nomi che hanno avuto a che fare con la fantascienza ovvero il filosofo Giulio Giorello, Gianni Montanari e Vittorio Catani. Di Giulio Giorello ci parla diffusamente Andrea Scarabelli e viene riproposta anche una sua presentazione al volume Teoria dell’orrore di H.P. Lovecraft in cui sottolineava l’estrema modernità dell’orrore cosmico del Solitario di Providence, figlio delle trasformazioni della scienza e delle teorie della psicanalisi che all’epoca stavano emergendo. Su Gianni Montanari, personaggio controverso, si sofferma invece Luca Ortino. Si tratta di un altro pezzo importante della fantascienza italiana che se ne va, una figura che ha contribuito (con Galassia e Urania) a svecchiare il mercato italiano portando le nuove istanze della new wave inglese e facendo conoscere al pubblico italiano autori come Serge Brussolo e Lucius Shepard.
Viene anche ricordata la celeberrima polemica avvenuta sulla rivista Robot con Gianfranco De Turris e Sebastiano Fusco sul tema fantascienza e politica innestata da un articolo di Remo Guerrini (ma erano altri tempi anche se qualcosa di quelle scaramucce è rimasto ancora oggi come abbiamo visto a proposito del libro Guida ai narratori italiani del fantastico della Odoya). Vittorio Catani (qui ricordato da Donato Altomare) non ha bisogno di presentazioni avendo vinto anche la prima edizione del Premio Urania con il romanzo Gli universi di Moras. Il fascicolo è poi completato da racconti, rubriche di recensioni e da analisi su autori come Alexander Bogdanov e Guido Gozzano.
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