Brucia, fuoco, brucia!
Consuma la dimora dell’indegno, ardi la vita che si è consumata in un luogo così dannato ed empio, in quest’epoca di perdizione, nutriti del passato, vivi del presente e cancella il futuro.
Perché nessun domani può esserci in una terra dimenticata dal suo stesso creatore.
Brucia la casa, legno che torna cenere in un deserto che si fa ogni giorno più sconfinato, ardi i corpi delle vittime innocenti, ancora abbracciati per conservare fino all’ultimo istante l’empia illusione della felicità perduta. Solo le pire e i roghi ardenti ormai illuminano l’eterna notte scaturita dalle profondità del tempo celate nel profondo pozzo al centro della città in rovina.
Tenebra senza tempo che, non appena vista la luce dopo eoni immemori, di questa si è nutrita mutandola in incubo. Disperati ti osservano coloro i quali sono ancora desti; pazzi, ti temono quelli da te risvegliati; giacciono in fiamme i sognatori che mai si sarebbero destati da un illusorio sogno di felicità che avrebbe nutrito la tenebra affamata.
Strisciano attorno a te forme scaturite dalla tenebra, ombre di paura, sagome d’odio. Le schiacci sotto i tuoi stivali perché la loro sostanza è debole e il tuo corpo non ha tema alcuna dei loro attacchi. Ma così come è semplice schiacciarle, altrettanto semplice è il modo in cui esse possono annientare la tua debole mente.
Paura è il loro potere, incubo la loro arma, pazzia la tua fine: agenti di una tenebra scaturita dagli abissi del tempo, loro compito è nutrire l’aborrita madre con i propri corpi rigonfi all’inverosimile della ragione sottratta alle loro vittime.
I più forti devono perire per lasciare il mondo in mano ai deboli. Chi possiede un’energia tale da resistere agli assalti della tenebra deve essere bruciato affinché tale vigore non venga assimilato dall’oscurità stessa.
Chi combatte, deve essere sconfitto: il regno sul nuovo mondo è dei vinti; di chi, non avendo sogni, non avrà la forza di coltivarne là dove essi vengono soppressi, e si adegua quindi a vivere in un incubo perenne, si accontenta di sopravvivere là dove i sognatori vengono arsi nelle loro umili regge.
Ma tu, sacerdote eletto al servizio delle blasfeme entità che rigurgitano tenebra; tu che ti atteggi a salvatore dei supersiti dall’umano incubo della guerra prima, e a quello inumano e senza fine poi; conosci forse la tua vera natura?
Tu che hai rinunciato ai sogni e alla luce ma che ancora ti ergi ritto e fiero in mezzo al regno del terrore, tu non sei umano.
Nessun uomo infatti appare ancora come tale pur avendo rinunciato alla propria umanità. Nessun uomo brucia i propri simili, gli unici ancora a sognare, anche se tali sogni sono forza e nutrimento per il loro terribile padrone.
Perché gli esseri privi di sogni a cui stai affidando il mondo sono sempre più simili alle forme d’ombra che schiacci sotto il tacco dei tuoi stivali, sempre più vicini alla tenebra che servi ma che odi e combatti, pur essendone ormai parte.
Tu sei qualcosa di diverso. Qualcosa di ambiguo, incapace di schierarsi né con l’una né con l’altra parte: non per debolezza, ma per tua stessa natura.
Abbracci la possente oscurità che annienta i corpi e le menti dei tuoi simili assimilandoli a sé tra atroci sofferenze; affascinato la contempli, cerchi di comprenderla ma non puoi, in quanto essa è inconoscibile, inconcepibile per la tua semplice mente così legata a illusioni quali lo spazio e il tempo.
La abbracci, eppure la combatti innalzando fiamme luminose al cielo con i corpi di chi, come te, cerca di affrontarla ma che, diversamente da te, ha ancora la forza di sognare e con tale energia nutre l’oscurità tua signora e nemica.
Tu che sei privo di sogni come gli esseri che strisciano ai tuoi piedi, ma che ti ergi come i visionari che bruci sul rogo, tu non puoi essere un uomo. Non un uomo come tutti gli altri che hanno dimenticato di esserlo abbandonando i loro desideri per languire nella tenebra o rifugiandosi in essi per sfuggirle. Tu, tu sei uno dei pochi veri sopravvissuti in quest’era dominata da impalpabili ma terribili entità che trascendono la nostra comprensione.
Tu sei un demone.
Le fiamme si alzano verso la tenebra informe che si è sostituita al cielo, esseri striscianti si tuffano in esse, attratti dalla luce e dal colore, sedotti forse dai sogni che non hanno mai sperimentato e che vedono guizzare rapidi ed evanescenti nel fuoco.
16 commenti
Aggiungi un commentoPersonalmente ho gradito l'uso della seconda persona, non ce ne sono tanti di racconti che la usano. Ho colto anche l'intenzione poetica, che secondo me ci sta dentro. Però il racconto alla fine non mi ha soddisfatto perchè lascia davvero troppi punti oscuri: io non ho neanche ben capito se si tratta di una storia che mischia scenarii postatomici e soprannaturale cosmico, o un racconto di mondo post bellico riletto con lo sguardo del visionario e dell'uomo traumatizzato dalla catastrofe.
buona la seconda!... sinceramente non ci avevo pensato...
mi è piaciuto molto.
Anche se non riesco a confrontarlo con gli altri perchè devo ancora finirli di leggere.
Secondo me, comunque, si tratta di delirio biblico. Quindi anche secondo me è buona la seconda
Salve a tutti,
allora, dico la mia sul racconto del buon Omar: l'idea è buona e accattivante, ma viene guastata da una forma pesante, poco scorrevole...come dire, troppo "poetica". E non è che in sé per sé sia male, anzi, ma personalmente la trovo inadatta per un racconto di questo genere.
Questo è il mio umile parere, e aggiungo che l'autore le capacità ce l'ha
A distanza di secoli, dico che questo racconto secondo me è suggestivo.
Ci sono delle belle immagini sfuocate, sembra un affresco appena abbozzato.
Personalmente amo di più racconti con una trama, mentre qui si tratta più che altro di atmosfera, ma è intrigante, una volta che si è accettata la forma non proprio scorrevole. Peccato che rimanga tutto vago.
Con una forma e una cornice del genere (un po' snellita) si sarebbe potuto raccontare un'ottima storia.
O magari è già successo, visto che il racconto ha il suo tempo e ne sono spuntate di lapidi nei cimiteri.
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