Carissimi, sgomberiamo subito il campo da eventuali illazioni e quant’altro e mettiamo subito le mani avanti: Maico Morellini è mio amico. Ci conosciamo e ci stimiamo, ho quasi tutte le sue pubblicazioni ed è uno degli autori che più amo leggere. Nel senso che lui, per me, ha questa capacità innata di saper intrattenere il lettore, narrando bellissime storie.
Quindi, il punto è: sarà questa una recensione imparziale al 100%? Probabilmente no, ma ciò non toglie che, soprattutto per il grande rispetto che ho nei confronti di chi decide ancora di spendere una parte dei propri sudati quattrini in libri (e per di più di autori italiani), anche in questo caso cercherò di essere il più onesto possibile.
Dopo i buonissimi riscontri di pubblico e critica ottenuti in ambiti prettamente fantascientifici (un titolo su tutti il suo romanzo d’esordio, quel Il Re Nero, che vinse il Premio Urania nel 2010 e che gli diede una certa popolarità) e alcune svisate ai confine col fantasy/horror – La terza memoria, seconda uscita su Urania – l’autore emiliano confeziona un romanzo che, presentato a Stranimondi, ha incuriosito moltissimo il pubblico, tanto che tutte le copie disponibili sono state letteralmente “bruciate” nel corso dei due giorni della kermesse milanese. Risultato niente affatto scontato, soprattutto perché questo è un libro che si fa davvero fatica a etichettare; infatti Il diario dell’estinzione ha tutti i connotati per poter essere definita una scommessa.
E di rischi se ne prende un bel po’, il buon Maico, a partire da un’ambientazione totalmente diversa rispetto ai suoi canoni. Così, se finora eravamo abituati, nei suoi lavori, ad assistere a vicende che si svolgevano in un Italia solitamente futuristica (Il Re Nero), post apocalittica (La terza memoria) o in quella contemporanea (la splendida miniantologia horror/weird 7 Note Nere, uscita anni fa per la Imperium), qui dobbiamo dire subito che ci spostiamo indietro nel tempo, ma anche nello spazio. Per la precisione siamo nell’Inghilterra vittoriana, alla fine del XIX secolo, in un’epoca fatta di grandi cambiamenti sociali ma anche di grande fermento scientifico. Ed è proprio da qui che viene generato l’embrione del libro.
Provo a riassumere in breve la trama, cercando di non rivelare troppo di questo gioiellino dato alle stampe dalla brillante e dinamica Watson Edizioni che realizza l’ennesimo centro e che può contare ancora una volta su una meravigliosa cover, realizzata dal giovane e talentoso Vincenzo Pratticò.
Nel 1885 una coppia di detective alquanto singolare e specializzata in casi legati all’occultismo e alla massoneria esoterica, vengono incaricati di incontrare l’ammiraglio a riposo Bartholomew Sulivan. Questi mostra loro alcune strane lettere venute casualmente in suo possesso e indirizzate circa venti anni prima al suo vecchio amico Robert Fitzroy, celebre per aver accompagnato Charles Darwin sul brigantino “Beagle” nel viaggio intorno al mondo che pose le basi per la formulazione della sua teoria sull’evoluzione della specie. Il testo di queste missive, firmate da un misterioso “C.C.”, si rivolgono in maniera prima deferente e poi inquietante a Fitzroy che, qualche giorno aver ricevuto l’ultima lettera, si uccide tagliandosi la gola. Sulivan non crede al suicidio e chiede ai due “sbirri dell’esoterico”, Malcom Lefebrve e Ernest Buckingham, di far luce sulla vicenda.
Luce che non arriverà affatto, in quanto i due poliziotti – piuttosto lontani dall’abusato stereotipo “Holmes e Watson” – andranno pian piano a spalancare un terrificante Vaso di Pandora dal quale tracimeranno sette esoteriche, strane botteghe d’antiquariato, individui poco raccomandabili, testi misteriosi, complotti per attentare alla vita della Regina Vittoria, orrori sovrannaturali e molto altro.
I due, per venire a capo del mistero non esiteranno a ricorrere a pratiche come l’ipnotismo e il mesmerismo e a lanciarsi in spedizioni terrificanti in carceri di massima sicurezza e manicomi criminali da incubo.
Tutta la vicenda, che si snoda principalmente tra i vicoli più bui di Londra, la graziosa Bournemouth e la mistica Glastonbury, assumerà – da un certo frangente in avanti – tutte le caratteristiche di un vero e proprio “punto di non ritorno” e il lettore si troverà letteralmente investito e trascinato in un gorgo infernale che renderà molto difficile staccarsi da questo romanzo fino alla sua conclusione.
Concludendo, Morellini dimostra ancora una volta di essere uno degli autori “di genere” più in gamba che abbiamo attualmente in Italia; nello specifico impressiona la sua capacità di padroneggiare senza paura diversi registri narrativi e la sua abilità nel contaminare eventi storici realmente accaduti con situazioni fantastiche senza far capire dove stia il confine tra finzione e realtà. Un autore che, passatemi il raffronto che forse apparirà spropositato, a livello di potenzialità ha tutte le carte in regola per poter seguire il percorso di un grandissimo come Valerio Evangelisti.
Ci riuscirà? Non ci riuscirà? Ai posteri l’ardua sentenza ma, sebbene qualcuno possa pensare – comprensibilmente – che il mio discorso sia esagerato, c’è un solo modo per scoprirlo: leggete Il diario dell’estinzione e poi sarò più che lieto di discuterne e confrontarmi con chi lo vorrà.
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