Luigi Boccia, scrittore, sceneggiatore e regista (ricordiamo che è in fase di post produzione il suo film Scarlett) ha da poco pubblicato sotto il marchio Delos Digital, l'antologia Scarecrow – Tutte le forme del buio, un'antologia di 11 racconti impreziosita dalla prefazione del grande e compianto Alan D. Altieri, di cui possiamo leggerne un breve estratto:
“L’opera di Luigi Boccia è una escursione, per molti versi incursione, all’interno di tutti gli armadi tenebrosi che non vorremmo aprire, oltre tutte le soglie che non vorremmo varcare, lungo tutti i sotterranei che non vorremmo affrontare…”
E si potrebbe aggiungere che leggere questi undici racconti è come scendere, passo dopo passo, gli undici gradini di una scala che porta proprio in uno di questi sotterranei della mente umana, sempre più in basso, sempre più investiti da gelidi spifferi, verso un luogo dove sussurrano orribili meraviglie.
Il primo gradino si intitola Ossa (La casa sulle colline), dove il resoconto di un terribile massacro lascia il lettore con l'amaro in bocca nell'epilogo finale.
Ne Gli adoratori del vento veniamo trascinati negli oscuri meandri di una follia, dove in realtà sembrano strisciare oscure presenze che si alimentano delle nostre stesse paure, crescendo sempre più, diventando sempre più potenti e forse arrivando addirittura a… contaminarci.
Quando arriva la notte, è il titolo del terzo gradino, un titolo che di per sé può essere già considerato l'epilogo di un racconto brevissimo, una scintilla di puro sgomento e orrore.
La malacarne, il quarto racconto, è una maledizione. Una storia, quindi, intrisa di credenze popolari, dove non possiamo credere che la soluzione di un efferato duplice omicidio possa essere così semplice come potremmo pensare dalle prime righe, eppure… eppure il male può assumere le più diverse forme.
Macabro show (I topolini e la casetta murata), ci propone un Grande Fratello in versione sanguinolenta… anche se Boccia ci sa stupire con un finale del tutto diverso da quello che ci saremmo aspettati fin dall'inizio del racconto.
Il sesto racconto si intitola Il gioco della mosca, dove la cattiveria di due ragazzini annoiati arriva a dei limiti inimmaginabili.
Scendiamo ancora più in profondità, e al settimo gradino troviamo Compleanno, dove la malvagità si veste dell'innocenza di un bambino e verremo condotti tra le spire fameliche di un sacrificio mai estinto.
Il canto del cannibale mescola leggende a fatti di cronaca. La scomparsa di un amico, la ricerca della verità, i sospetti… tutto questo portato all'esasperazione può condurci talvolta in un vicolo cieco, in una botola oscura… da cui uscirne può essere l'unica e vera ragione per… sopravvivere.
La crudeltà verso gli insetti o i piccoli animali che talvolta scopriamo o riscopriamo nei bambini, ha il sapore amaro de Il piccolo allevatore, il nono gradino di questa antologia. Che sia malvagità accresciuta dalla noia, da un'empatia non ancora sviluppata – agevolata dalla mancanza di insegnamenti da parte di genitori troppo spesso assenti –, oppure da un desiderio quasi morboso di “sapere com'è fatto” il mondo che ci circonda, fatto sta che Boccia in questo racconto ci narra delle brutte situazioni forse non troppo lontane da dei turbi fatti che realmente sono o possono essere accaduti.
I portabare ci catapulta quasi in una dimensione parallela, dove il paesino in cui la coppia di ragazzi si ritrovano loro malgrado a dover passare la notte, all'apparenza sembra del tutto normale, un paesino sperduto tra i boschi delle montagne francesi, mezzo disabitato… ma è durante la notte che tutto cambia, proiettandoci in un incubo da cui sarà difficile risvegliarsi.
L'ultimo gradino, l'undicesimo, di questa nostra discesa è L'autunno dei sospiri. Neve, freddo, una tormenta autunnale che anticipa l'inverno in un paesino di montagna, Monteverde, dove le abitazioni sono separate le une dalle altre da una fitta boscaglia. Un bosco che racchiude dentro di sé un terribile segreto, un'orribile e sanguinaria leggenda che, proprio con quel gelido vento autunnale, sembra essersi appena risvegliata. Una bambina scomparsa sarà solo un piccolo anello di una lunga catena di bambini “inghiottiti” dai “sospiri” del bosco. E forse a nulla servirà l'intervento degli adulti per soccorrerli, perché quando una leggenda ha fame, sa bene come ammaliarti per condurti tra i suoi denti affilati.
Arrivati in fondo alla lettura di Scarecrow, una delle cose che balza agli occhi del lettore in queste storie, è la presenza di numerosi bambini, sia come vittime che come carnefici. È nell'infanzia, infatti, che possiamo ritrovare quella meraviglia/malvagità che con l'età adulta sembriamo dimenticare/rimuovere, al fine proprio di poter intellettualmente crescere/salvarci.
Un'altra cosa è che l'approccio a questi racconti sembra quasi giornalistico. Boccia, infatti, ci mostra i fatti nudi e crudi, così come sono, senza tentare di spiegarci il perché; il male è lì, sembra esserci sempre stato, non importa da quando o perché: c'è e basta e i protagonisti dei vari racconti – loro malgrado – ci finiscono dentro, che lo vogliano o no. E forse è questo che in fin dei conti in ogni buona storia dell'orrore non dovrebbe mancare: la possibilità che anche il lettore possa scivolare dentro a questi incubi, perché se di essi non ne conosciamo la causa (come ogni malattia che si rispetti), ecco che la “cura” (la nostra guarigione e quindi la nostra salvezza) potrebbe essere parimenti del tutto impossibile.
Luigi Boccia ci ha accompagnato fino in fondo a questo sotterraneo e ora, guardandoci attorno, ci rendiamo conto che egli è scomparso, o forse non è mai stato acconto a noi (come ogni buon narratore, non ha fatto sentire la sua presenza).
Guardiamo in alto: si vede ancora la piccola porta da cui ci siamo calati… e tuttavia, arrivati in fondo alla lettura di Scarecrow, ci chiediamo – forse un po' titubanti, per non dire spaventati – per quanto tempo quello spiraglio di luce sarà ancora visibile.
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