Ciao Claudio, benvenuto su Horror Magazine. Finalmente ci incontriamo. Parliamo subito di Il 36° Giusto, tua seconda opera, sequel del fortunato Il 18° Vampiro (entrambi pubblicati da Gargoyle). Com’è nato questo romanzo? Dopo il successo di Il 18° Vampiro, c’era molta attesa.  Hai sentito la pressione di una riconferma? Hai scritto un volume di più di 500 pagine in un anno. Avevi già in mente la trama?

Grazie a voi per l’ospitalità – graditissima, tra l’altro.

No, nessuna pressione. Ovviamente ero conscio che dopo un’opera prima ben accolta, è praticamente impossibile ripetersi, perché l’elemento novità – se l’opera prima è davvero azzeccata in tal senso – non può che venire meno; ma credevo nel mio stile, nelle mie atmosfere e nei miei personaggi, così come nella scelta di variare il modulo narrativo. Personalmente sono molto soddisfatto de Il 36° Giusto, che – almeno a mio parere – rappresenta la naturale evoluzione degli avvenimenti descritti ne Il 18° vampiro. Credo davvero che – al di là dei gusti personali – determinati episodi e atmosfere siano più profondi, articolati ed efficaci rispetto ad altri de Il 18° vampiro.   E in ogni caso volevo evitare l’effetto fotocopia di molti sequel, perché se da un lato è vero che la ripetizione rassicura, dall’altro di certo impigrisce. E comunque non sarebbe stato corretto nei confronti dei lettori che mi hanno accolto con tanta simpatia. In quanto alla lunghezza, scrivere mi piace, anche se è solo un hobby che purtroppo posso coltivare soltanto nei ritagli di tempo. Mi sono occorsi cinque mesi per scrivere e correggere. Non di più.

Questo secondo romanzo riprende le vicende di Claudio, Vergy e il gruppo di ammazza – vampiri, là dove lo avevamo lasciato. Io l’ho letto soprattutto come un “romanzo di mezzo”, che prepara il terreno anche a quello che verrà. È così? È vero che questo libro fa parte di una trilogia? Cosa ci puoi dire in proposito?

Sì, è vero. Il romanzo successivo riprenderà atmosfere peculiari a Il 18° vampiro, e scioglierà anche qualche nodo narrativo lasciato volutamente in sospeso.

I tuoi personaggi sono molto dimessi e sono tutto fuorché degli eroi. Spesso si trovano in situazioni letteralmente tra fango ed escrementi e non disdegni neanche riflessioni amare sulla condizione umana. Cosa cerchi di far emergere in modo particolare quando scrivi una storia?

La precarietà, la debolezza e la disperazione della condizione umana. La difficoltà e i limiti della coerenza. Le tante contraddizioni e il coraggio come possibile via di riscatto.

Ne Il 36° giusto, rispetto al 18° Vampiro, rincari la dose di splatter e pulp (il turpiloquio dei protagonisti è esemplare). Scelta voluta o naturale evoluzione del tuo stile?

Voluta. I personaggi affrontano situazioni estreme in un crescendo di orrore e disperazione. Il turpiloquio – in questo caso ironico – è una valvola di sfogo. E quando si inizia … è difficile fermarsi. Anzi, si rincara la dose in una specie di spirale isterica.

In questo episodio i protagonisti del libro fanno una trasferta a Parigi. Escono per la prima volta dall’ambientazione soprattutto modenese e comunque italiana del primo libro. Com’è nata questa idea e li vedremo ancora in giro per il mondo?

La trasferta a Parigi, oltre (spero) a essere divertente e interessante per il lettore, serviva ai nostri personaggi per prendere atto di come non basti una delle città più belle e suggestive del mondo per sfuggire alla propria desolazione interiore. Come dice Claudio, ognuno di noi porta dentro di sé le città del mondo, per cui non esiste una sola Parigi, ma milioni. La loro è una Parigi livida, faticosa e spenta. Oltrechè molto pericolosa.

Come ti sei avvicinato alla scrittura e come hai affinato il tuo stile, che è già comunque ben riconoscibile (se non vado errato prima di Il 18° Vampiro non era mai uscito nulla di tuo)? Quali sono state le tue influenze principali?

Mi considero un “lettore che scrive”. Ho scritto di tutto, sia in passato che attualmente, e ho parecchio materiale non horror nel pc, pronto alla bisogna. Le mie influenze sono sterminate, dalla letteratura, ai fumetti, al cinema, alle canzoni, alle favole. Se devo fare nomi, allora dico Wilson, Borges, Chandler, Fleming, D’Annunzio e Shakespeare (che, lo ricordo, scriveva di budella, sesso, sangue e violenza senza falsi pudori). 

Come lavori a un romanzo, come imposti il lavoro? Raccontaci il tuo modo di procedere e una tua giornata tipo.

Scrivo alla sera, dopo il lavoro. A volte davanti alla tv. Niente di particolarmente pittoresco. A volte, quando ho tempo, mi porto dietro il pc in qualcuna delle zone che descrivo e lavoro sul posto. Mai dopo il tramonto, però...  (ride). 

Nella tua biografia c’è scritto che sei sempre “in fuga da obblighi e seccature”. I tuoi libri sono pieni di aneddoti, che immagino derivino anche dalle tue esperienze di vita. Chi è Claudio Vergnani e quanto c’è di autobiografico nei tuoi personaggi?

Sono stato militare e ho cambiato molti lavori. Non amo la filosofia del lavoro che ci hanno inculcato e appena posso cambio occupazione. Sono fortunato perché ho potuto leggere molto e anche scrivere.

Di autobiografico nel personaggio Claudio c’è parecchio, come si può immaginare dalla scelta del nome e dalla scelta di  narrare in prima persona.

 

Cosa pensi della moda dei Vampiri che ha invaso le librerie? E come vedi il panorama dell’horror in Italia?

Penso che fosse inevitabile. Non è la prima volta che i vampiri cavalcano la cresta dell’onda, né sarà l’ultima. Sono duttili e longevi, pieni di sfaccettature che impediscono loro di perdersi nel mare magnum dei mostri e affini. Avranno forse un calo naturale, ma poi torneranno.

Non conosco il panorama horror italiano, o comunque non così approfonditamente da poter dare un giudizio. So che ci sono molti ottimi autori, ma non è chiaro (o almeno non lo è al sottoscritto) se davvero l’Italia non sia un paese di amanti del genere, come i più ritengono.

Cosa ti riserva il futuro? Hai in mente già altri progetti dopo aver finito la trilogia?

Il futuro è una strada buia. Continuare a scrivere mi aiuterà forse a percorrerla.

Claudio Vergnani è nato a Modena. Svogliato studente di Liceo Classico, ancor più svogliato studente di Giurisprudenza, preferisce passare il tempo leggendo, giocando a scacchi e tirando di boxe. Allontanato dai Vigili del Fuoco, dopo una breve e burrascosa parentesi militare ai tempi del primo conflitto in Libano, sbarca il lunario passando da un mestiere all'altro, portandosi dietro una radicata avversione per il lavoro. Dalle palestre di bodybuilding alle ditte di trasporti, alle agenzie di pubblicità, alle cooperative sociali, perso nei ruoli più disparati ma sempre in fuga da obblighi e seccature. Per Gargoyle ha pubblicato il 18° Vampiro e il 36° Giusto.