1) WALPURGISNACHT. Il primo album a riscuotere il maggior successo commerciale è anche il primo che raccoglie materiale prettamente inedito. Se In Death of… e Black Mass contenevano diversi brani composti anni prima, Heavy Demons si configura non a caso come un prodotto nettamente più omogeneo rispetto ai primi due (da un altro punto di vista, la sperimentazione dei dischi precedenti, soprattutto di Black Mass, lascia il posto a un metal di stampo più tradizionale). Anche se, a differenza dei tre concept successivi, il terzo studio-album dei Death SS non si presenta come un lavoro a temi unificati, emerge un filo conduttore che si discosta (al di là di quello che la celeberrima copertina potrebbe far sospettare) dalle semplici icone fumettistico-cinematografiche che avevano caratterizzato i primi due lavori. Ci troviamo di fronte, infatti, a quello che potrebbe essere definito “il lato oscuro della religione” e della spiritualità in genere: Valpurga, monaca inglese sepolta il primo maggio dell’871 d.C., è una delle tante figure religiose femminili che, nel Medioevo, ereditano alcune caratteristiche della Grande Madre pagana in funzione di esorcismo. Se nella religione celtica a Beltaine si festeggiava l’inizio dell’estate con danze, banchetti e assemblee festose, la Chiesa cristiana la condannerà come una notte di stregoneria legata al culto del Diavolo e la tradizione popolare maschererà il tutto con riti di benedizione e purificazione col fuoco. Ecco dunque che, sin dall’introduzione, abbiamo tutti gli elementi generalmente associati al cinema dell’orrore: buio, nebbia, vento, ululati e strane figure in lontananza che si avvicinano, probabilmente streghe che si recano al Sabba. Due ossessive linee di una cristallina tastiera si alternano di sottofondo alla narrazione profonda e soffocata di Oliver Reed che sfocia in un coro in cui voci concitate invocano la protezione della Santa…
2) WHERE HAVE YOU GONE? …ma dov’è finita la divinità? Il suddetto “lato scuro della religione”, che verrà volta a volta rappresentato dal volto nero di Eva, i Templari, l’Inquisizione o Baphomet, è qui subito messo a confronto con gli “orrori umani” del mondo contemporaneo: morte, malattia, droga, guerra, stragi e fanatismo sono associati ai preti e a quel “Padre del Mondo” che pare essersi dimenticato di ciò che ha creato. L’ossessività della tastiera nel brano precedente prende qui corpo con un vero e proprio riff che accompagna il ritornello. L’impianto generale risulta decisamente vario, con l’inserto di campionamenti vocali e non, i frequenti cambi di ritmo e l’assolo in finale di brano.
3) HEAVY DEMONS. Se ormai fa paura pure la divinità, anche solo per il semplice fatto che non c’è più, l’innodica title-track risulta paradossalmente ‘allegra’, liscia, e parodistica nel mostrare “il lato oscuro della musica”, quasi col ridicolizzare le pericolosità del demone-rock che più che essere apportatore di distruzione come dice, pare essere i fin dei conti l’unico a poterci liberare dai veri mali del mondo.
Lo schema classico strofa-ritornello si complica con due diversi bridge e le melodie vocali si moltiplicano (grazie anche ad assoli fuori programma) fino a sfociare nel corale ed efficacissimo ritornello.
4) FAMILY VAULT. L’arpeggio in acustico che introduce il patriarca in punto di morte c’immerge improvvisamente in un’atmosfera più distesa e raccolta, ma è solo un attimo, una presa di coscienza, e i suoni lancinanti che lo hanno preceduto, tornano con una violenza e un’irruenza ancora più sconcertante, accentuata proprio dal contrasto. Il tema dell’uomo guidato in vita solo dal desiderio di successo e denaro, e che ormai deve fare i conti con l’esistenza, è magistralmente dipinto dai cambi di tempo e di sound: durezza e morbidezza sembrano descrivere l’angoscioso stato d’animo del protagonista, soprattutto nelle sezioni strumentali in cui appare quasi più significativo quello che di ‘non detto’ possiamo intuire; lungo il dipanarsi della storia vengono raggiunti in effetti ben due climax in questi contesti: nello stacco dopo il primo ritornello della fase non acustica (che richiama l’arpeggio della ballata del disco precedente) e nel passaggio fra il primo assolo di chitarra e il secondo, più aperto.
Con l’eco della pietra tombale si chiude anche uno dei brani più interessanti dell’album nonché dell’intera produzione dei Death SS.
5) LILITH. Il lato oscuro della prima donna, il volto nascosto della Luna è introdotto da un grave giro di basso. In questo brano pervaso di sensuale femminilità si innalzano lodi alla sposa delle tenebre, perché è dalle tenebre che nasce la vita. La glorificazione è rinforzata anche da un accompagnamento tastieristico ed effetti chorus che richiamano l’atmosfera delle cattedrali gotiche; maggiormente legato agli schemi delle danze medievali è invece il motivo strumentale (a opera quando della chitarra e della tastiera in unisono, quando solo dell’elettronica) che ricorre periodicamente durante il corso di tutto il brano, e lo chiude in modo sospeso e ammiccante.
6) PEACE OF MIND. Un’introduzione di chitarra e tastiere apparentemente distesa c’infonde, tramite lugubri lamenti di sottofondo, il sospetto che si tratti solo di un preliminare e che ‘qualcosa di violento’ stia per sorprenderci da un momento all’altro. La musica energica e potente, che fa da sfondo al rituale dell’uomo da sempre alla ricerca della verità assoluta, ci colpisce difatti quasi subito. Il riff è matematico, l’assolo gelido, e le battute sono scandite quasi da leggi astrali. L’armonia ha il controllo dell’intero brano, come il Magus del corpo e dell’anima, e poco spazio resta per una melodia che appare volutamente precipitosa; come l’inatteso finale: nudo e risolutivo.
7) WAY TO POWER. L’attimo di distensione che ci aveva ingannati alla quarta traccia arriva infine qui come momento di raccoglimento e studio. Molte sono le vie in cui possiamo ricercare la verità, ma abbiamo visto che questa, come ogni cosa che riguarda l’essere umano, può avere una doppia faccia. La ‘quest’ non è metaforica, ma palesemente interiore. L’intensa ballata si snoda in un percorso che racchiude anche un recitativo giocato su un cambio di valori ritmici (l’accompagnamento riprende gli intervalli della ‘Danza di Lilith’); ci si accosta dunque a drammatizzazioni affini all’opera rock. Le liriche ruotano intorno alla realtà dello spirito e alla vanità della materia: è ‘l’Uomo-Dio’ che parla adesso, un Faust disincantato dell’era contemporanea che ormai, trovatosi, si fida solo di sé stesso, un ‘ex-apprendista stregone’ che ha “raggiunto la sua luce”, e se musica e liriche restano sospese nel finale è solo perché si tratta di un invito.
8) BAPHOMET. Quale divinità può rappresentare la dualità meglio di Baphomet? Cabala e alchimia (ovvero una serie di termini delle due ‘scienze’ contrapposti fra loro) si intrecciano in questa invocazione dal sapore medievale, introdotta, non a caso, da un coro gregoriano. La batteria prorompe di sostegno al riff che cavalcherà e dominerà la maggior parte del brano (per impatto e ispirazione uno dei più efficaci e interessanti). Le strofe sono strutturate a ‘verse-anthem’, ossia alternano le parti soliste a repliche corali, quasi a raffigurare una sorta di giuramento da parte dei Templari che attendono alla Grande Opera. Il doppio volto del Dio traspare dall’ ‘assolo bipolare’: una prima parte aggressiva e virile e una più molle e distesa. Il finale protratto e poi sfumato, apparentemente ancora dominato dalle chitarre, dà invece ampio spazio ai giochi del basso e della batteria, e ci lascia addosso una sensazione d’instabilità, come se il giuramento avesse suggellato un qualcosa che già è destinato a cambiare…
9) INQUISITOR. Ecco difatti che riappare il lato oscuro della religione: il Grande Inquisitore adesso si arroga il diritto di togliere la vita a un uomo, senza preoccuparsi di sapere se è innocente o meno. Dopo una vita di studio e sacrifici, la ricerca della verità brucia tra le fiamme di un Inferno creato dall’uomo, dalla “Chiesa della paura, the reign of blessed death”.
La linea melodica disegnata da chitarra e voce all’unisono è avvincente. I frequenti cambi di tempo sottolineano le cesure fra le varie sezioni di questo dramma in musica che procede, legandosi con voce minacciosa, al brano successivo.
10) TEMPLAR’S REVENGE. Il Templare torna a vendicare la sua morte e l’atroce sterminio dei suoi compagni: il Tempio, modello di fede per tutto il mondo occidentale, è stato paradossalmente distrutto dalla “Corte di Dio”. I cori intimidatori incombono ancora su una struttura armonica che alterna momenti di violenza estrema a sezioni più rilassate.
11) ALL SOUL’S DAY. Il sonno che doveva essere eterno è nuovamente interrotto, stavolta dalle trombe del giudizio universale. Musicalmente parlando, lo schema generale continua a giocare su sezioni dall’andamento alternato, ma le soluzioni sono sempre diverse. Qui un riff zoppicante si avvicenda con arpeggi sinistri e i cori che periodicamente interrompono la voce solista sono ormai, più che ostili, rigidi e ineluttabili.
12) SORCEROUS VALLEY (back to the real). La chiusura strumentale, affidata all’elettronica, si discosta nettamente dall’introduzione per toni e colori. E' come se quello che doveva avvenire fosse ormai avvenuto. Non c’è più orrore, non c’è più tensione. La lugubre armonia e l’ossessiva linea melodica esprimono a questo punto solo malinconia e rassegnazione; e forse è proprio questo senso di compiuto e inesorabile che rende la traccia angosciosa e mortalmente triste più di ogni altra. Quello che in partenza era un atteso temporale, rimane adesso solo terriccio bagnato, infastidito solo da sporadiche e sempre più lievi gocce di pioggia... o forse è solo il ritorno alla realtà, al termine di un incubo. Ma la realtà è davvero migliore?
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