Lionel e Joyce Dahmer sono una coppia di sposi. Gente comune, senza nessuna particolare vocazione o attitudine. Vivono una vita monotona e poco interessante. Lui è un chimico. Ma non è un uomo particolarmente intelligente. Anzi, a scuola ha sempre fatto fatica a capire le cose. Lei è una donna irrequieta e ipocondriaca. Conducono una vita ordinaria e sono un esempio classico della medio borghesia di Milwaukee. Quando scopre di essere incinta Joyce diviene nevrotica e, in pieno esaurimento nervoso, comincia a prendere un incredibile numero di pastiglie, per curare chissà quale malattia immaginaria. Questo bambino proprio non lo vorrebbe, anche perché nel frattempo il marito ha cominciato a starle alla larga, passa il tempo a bere e a casa non c'è mai.
In questo contesto disperato, a Westallis, il 21 maggio del 1960, nasce Jeffrey Dahmer, il cannibale di Milwaukee.
Il 22 luglio 1991, la polizia irromperà nell'appartamento di Dahmer trovandovi un campionario d'orrori senza fine. Mentre lui non opporrà alcuna resistenza e si farà arrestare in silenzio, agli agenti toccherà l'ingrato compito di raccogliere e catalogare i macabri resti della follia di uno degli uomini più violenti e malati che la storia degli Stati Uniti ricordi.
Ma persino i mostri, quando nascono, sono solo bambini innocenti.
Nei primi anni della sua vita Jeffrey si dimostra un bambino vivace, attivo e intelligente. Il suo entusiasmo vitale non è in alcun modo compreso dai genitori, ancora alle prese con medicine, alcolici e liti costanti. Controllare un bambino così energico costa fatica e i coniugi scelgono per lo più di lasciarlo solo, mettendolo a tacere. In pochi anni il carattere di Jeff muta. Diventa sempre più schivo. Parla poco e non cerca più compagnia e la situazione andrà peggiorando. Sostanzialmente solo, ignorato o rimproverato, il giovane Dahmer passerà la sua infanzia in solitudine, cominciando a sviluppare comportamenti ambigui e deviati, chiari campanelli d'allarme mai ascoltati: raccoglieva e seziona cadaveri di animali, ne teneva i pezzi, alcuni li usava per per fare macabri scherzi a scuola. I genitori furono avvisati dagli insegnanti più e più volte, senza alcun risultato.
La mente di Dahmer viaggia veloce, quella dei suoi genitori no. Senza una guida, senza un dialogo o confronto con un adulto, questo ragazzo si sta creando un mondo irreale senza regole e senza morale. Solo che ancora nessuno lo sa.
Ai già gravissimi problemi già elencati, si aggiunsero una malattia ai genitali, la paura del conseguente intervento chirurgico e gli abusi sessuali che subì, da parte di un vicino di casa, senza nessuno a cui dirlo e che potesse aiutarlo.
Agli psichiatri racconterà che attorno ai 13 anni scoprì di essere gay e che già allora le sue fantasie si scaldavano pensando ad amanti impotenti su cui esercitare pieno controllo.
Fu in questa giovanissima età che cominciò a bere e divenne alcolizzato. A scuola non ottenne più alcun risultato. La sua dipendenza fu chiara a tutti. Gli insegnanti convocarono nuovamente Lionel che continuò a non fare niente.
Ma ancora non bastava, all'arrivo del secondogenito Dave, le cose tra marito e moglie precipitano e i due si separano. Joyce chiederà l'affido solo del figlio più piccolo, abbandonando Jeff che resterà solo per giorni e giorni, finché Il padre lo ritroverà intento a fare una seduta spiritica per parlare, almeno, coi morti.
Ė finita, la follia sta per dilagare. L'uomo è definitivamente scomparso lasciando posto al mostro. La mente di Jeffrey Dahmer astrae completamente la realtà, non è più in grado da tempo di capire la differenza tra il bene e il male.
Nel 1978, a soli 18 anni, uccide la prima volta. La vittima fu Steven Hicks, diciannovenne autostoppista che si fa convincere a seguirlo a casa. I due stanno assieme, ma quando Steven dirà di volersene andarsene, la mente di Dahmer, a causa di una forte sensazione di abbandono, impazzisce completamente. Lo colpisce in testa con un oggetto di metallo, poi lo strangola. Ne fa a pezzi il corpo, seppellendolo in giardino, diviso in buste di plastica.
Non sapendo che altro fare Dahmer si arruola volontario nell'esercito e viene mandato in una base U.S.A. in Germania, dove resiste due anni prima di venire espulso con disonore a causa di ripetuti episodi di alcolismo molesto. Decide di tornare dal padre che però, trovandolo intrattabile e maleducato, nel 1982 pensa bene di mandarlo a vivere con la nonna, a West Allis, nel Wisconsin. Il risultato fu che venne arrestato per atti osceni in luogo pubblico durante una fiera di paese.
Un giorno, Jeffrey ruba un manichino in un centro commerciale. Lo porta nella sua stanza e lo conserva con cura. L'atto appare particolarmente bizzarro persino alla nonna. Ovviamente avviserà il padre che liquiderà la questione sostenendo che per lui fosse normale che suo figlio dormisse con un manichino nel letto. Chi avrebbe dovuto crescerlo e parlare con lui non si accorse che era disturbato, non realizzò che era alcolizzato a 14 anni, non si rese conto che fosse gay e non vide nulla nemmeno ora che cominciò a mangiare le persone.
Nel 1987 la seconda vittima, Steven Tuomi, 24 anni. Dahmer racconterà di essersi svegliato a fianco del ragazzo morto, in una camera d’albergo. Non ricorda come. Ma poi trasporta il cadavere fino alla cantina della nonna, lo violenta ripetutamente, lo fa a pezzi e lo getta tra i rifiuti. Ha messo in pratica un sogno che fece in gioventù, nel quale vedeva se stesso uccidere una persona per poi violentarla e farla a pezzi.
Il 17 gennaio 1988 scompare James Doxator, 14 anni, seviziato e ucciso a casa della nonna. Il 27 marzo, stessa sorte per il ventitreenne Richard Guerrero.
Lo stile di vita senza regole di Dahmer e i suoi atteggiamenti strambi, convincono la nonna a cacciarlo di casa. Nel settembre '88 torna a Milwaukee. Prende casa nella parte nord della città, sulla 25esima strada, in quell'appartamento 213, divenuto poi, tristemente famoso.
Pochi giorni dopo il trasferimento viene arrestato nuovamente per molestie sessuali. Questa volta ai danni di un ragazzino di 14 anni, portato nel suo appartamento con la scusa di fare qualche foto. I due litigano e i vicini chiamano la polizia.
Condannato a un anno di reclusione nel gennaio del 1989, viene rilasciato fino alla sentenza esecutiva in maggio. Mentre è in attesa, il 25 marzo, il mostro uccide Anthony Sears, 26 anni, conosciuto in un bar gay. Di lui conserva il teschio, lo scalpo e i genitali.
Dalla prigione verrà rilasciato dopo dieci mesi, per buona condotta.
Dal giugno 1990 inizia un'escalation di omicidi pazzesca. Tra un assassinio e l’altro passa sempre meno tempo. A giugno muore Edward Smith di 27 anni, a luglio Raymond Smith, 33 anni. A settembre uccide David Thomas, 23 e Ernest Miller , 22.
All'inizio del 1991 massacra i diciannovenni Curtis Straughter e Errol Lindsey ed anche Anthony Hughes, 31.
A maggio un gigantesco errore costerà la vita al quattordicenne Konerak Sinthasomphone, originario del Laos. Il ragazzo riesce a scappare alla follia di Dahmer e corre alla polizia. Ma non gli credono: Konerak è sotto l'effetto di stupefacenti, racconta con un inglese pessimo di un uomo che lo vorrebbe mangiare. Basterà poco perché Jeffrey convinca gli agenti del fatto che il ragazzo sia il suo amante che ha inventato ogni cosa per fargli un dispetto dopo un litigio. Dahmer ė un uomo bianco di bell'aspetto, curato, e all'apparenza tranquillo. Non volendosi immischiare nelle vicende di due omosessuali, le forze dell'ordine riconsegnano Konerak a Dahmer, che lo riporta nel suo appartamento e finisce il lavoro. Quando si verrà a sapere di questo fatto, i poliziotti responsabili verranno espulsi. Dahmer non si ferma.
A giugno uccide Matt Turner e Jeremiah Weinberg, a luglio Oliver Lacy.
Il 19 luglio del 1991 il cannibale di Milwaukee uccide la sua ultima vittima, Joseph Brandehoft.
Tre giorni dopo, Tracy Edward di 32 anni, approfitta di un momento di disattenzione del mostro che lo tiene prigioniero e riesce a scappare.
Gli agenti, arrivati a casa Dahmer ed insospettì dal fetore che proviene dall'interno, fa finalmente irruzione. Questa volta verrà fermato per sempre.
Arriva adesso la parte sconvolgente. Perché ci troviamo di fronte a qualcosa di assurdo e mai accaduto. Nella casa del cannibale vengono ritrovati: tre teste umane nel congelatore, quattro teschi dipinti su uno scaffale e altri sparsi per la casa, organi umani all'interno di un grosso congelatore, insieme a delle mani e uno scheletro. Tre torsi umani in un barile. E molto altro nei successivi sopralluoghi.
Il mostro cercava di creare il suo schiavo sessuale, qualcuno da poter trattenere per sempre, che non lo abbandonasse mai. Le vittime venivano stordite e imbottire con alcol e varie droghe. Le morti erano lente e terribili. Ricordate che il padre era un chimico? Ecco perché fece anche esperimenti chimici sulle sue vittime ancora vive. Iniettava loro nei lobi temporali dell'acido, lasciando vivi i corpi e assenti le menti. Poi li violentava ripetutamente e infine li mangiava. Doveva, voleva, tenerle con se. Per cui le parti avanzate diventavano souvenir dei corpi. Teneva mani, genitali, teste. Alcuni crani venivano fatti bollire per un giorno intero fino a che la carne non si staccava dal teschio, che veniva cerato e dipinto per diventare un soprammobile. Come se tutto questo orrore non bastasse, era solito fotografare i cadaveri e le loro parti. Tutti i resti di tanta pazzia verranno comprati e fatti distruggere dalla collettività di Milwaukee, subito dopo il processo, casa inclusa.
I medici che lo ebbero in cura spiegarono come Dahmer non fosse un serial killer ordinario. Soffriva di diversi disturbi, tutti di carattere sessuale e non era né metodico né riservato ma addirittura molesto. Adescava le vittime in luoghi pubblici. Era stato più volte arrestato per atti osceni e le vittime erano quasi tutte di colore e non della sua stessa etnia.
Il processo fu lungo e faticoso. Furono adottate severe misure di sicurezza per proteggere l'imputato da possibili aggressioni.
La sentenza del 13 luglio 1992 condanna di Dahmer, riconosciuto colpevole di 15 omicidi, a 957 anni di prigione.
La sua assurda vita avrà fine il 28 novembre 1994, quando venne ucciso in prigione da Christopher Scarver, uno psicotico in carcere per aver ucciso la moglie, che gli fracassò il cranio perché convinto che Dio gli avesse dato il compito di punirlo.
In aula parlò una sola volta, disse:
«Vostro Onore, è finita. Non ho mai cercato di essere liberato. Francamente volevo la morte per me stesso. Voglio dire al mondo che non l'ho fatto per odio. Non ho mai odiato nessuno. Sapevo di essere malato, cattivo o entrambe le cose. Adesso credo d'essere veramente malato. Il dottore mi ha parlato della mia malattia e di quanto male ho causato. Ho fatto del mio meglio per fare ammenda dopo il mio arresto, ma non importa, non posso eliminare così il terribile male che ho causato. Vi ringrazio Vostro Onore, sono pronto per la vostra sentenza, che sono sicuro sarà il massimo. Non chiedo attenuanti, ma per piacere dite al mondo che mi dispiace per quello che ho fatto»
Il prossimo appuntamento con Indovina chi viene a cena? è tra due settimane!
Vi parleremo di un uomo che ha ispirato un sorprendente numero di film horror, con i suoi macabri vestiti, non proprio d'alta moda… avete già capito di chi si tratta?
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